Rifluttuando...

90° Latitudine nord


"Il Polo finalmente! La ricompensa di tre secoli, il mio sogno e la mia ambizione per 23 anni. Finalmente mio. Non riesco a crederci. Adesso tutto mi sembra così semplice!".[da National Geographic]Con queste parole Robert Edwin Peary descrisse le sensazioni che lo assalirono quando, finalmente, raggiunse i 90° di latitudine nord. Era il 6 aprile 1909. Mancava esattamente un mese al giorno in cui questo navigato esploratore avrebbe compiuto 53 anni. Aveva sfruttato la sua ultima occasione per realizzare il sogno di tutta una vita: essere il primo a raggiungere quel punto immateriale al centro della bianca, vasta e desolata banchisa artica.Ho guardato gli occhi di quest'uomo a lungo, nell'immagine che trovate qui, in alto.Chissà se, in fondo, l'inseguimento di un'impresa talmente grande da sopravvivere a chi l'ha compiuta, è un modo diverso, intimo, personale, di cercare la propria strada? Estendere i confini della propria vita, avvicinarsi, e poi varcare, il perimetro della propria quotidianità 'normale'; rompere le catene, far parlare il cuore. Esternare, prima di tutto a se stessi, quella sensazione di disagio, quella voglia di volare via, lontano, ma verso qualcosa. Verso un luogo da raggiungere, dove - magari - la solitudine del viaggio e della meta abbia un senso maggiore di quella - strozzata ed incompiuta - che si ingoia malvolentieri in mezzo ad una folla. Un viaggio è un percorso intimo, di allontanamento da qualcosa, di avvicinamento a qualcosa. E' quella sensazione che, silenziosamente, sussurra alla tua coscienza che il tuo posto è dove il tuo cuore ti sospinge. Non è un porto, non è un approdo, non è niente di sicuro. E' umido, è freddo e scomodo. Ma è seducente quanto la più desiderata e calda delle alcove.C'è solo un posto dove puoi percepire che anche il nulla ha un senso. Ed è il posto dove, in quel momento, vorresti essere. La sicurezza, le comodità, le certezze hanno un perimetro, stanno nei confini. Le emozioni, invece, risiedono nella zona franca nel nostro cuore. Per viverle, bisogna fare un passo più in là, dove a volte fa freddo.Peary morì nella notte tra il 19 ed il 20 febbraio del 1920. Sessant'anni dopo, una spedizione commissionata dalla NG Society stabilì che l'esploratore della Pennsylvania non arrivò al polo nord, ma nelle immediate vicinanze.Io credo che Robert Peary non abbia fallito la sua impresa. E' arrivato dove realmente voleva. E c'è riuscito senza fare nemmeno un passo. A presto.