Rifluttuando...

Il sogno nel cassetto


Ondivago, in questi giorni il mio umore va su e giù, sospinto dalle sensazioni di chi vive un periodo di transizione, tra le percezioni di qualcosa che manca, e l'amara leggerezza di chi prova a lasciarsi alle spalle qualcosa di ingombrante ma, ancora, terribilmente presente. Il presente storico diventa passato recente, qualcosa che se lo chiudi in un cassetto sai che è lì, certo, ma almeno non ce l'hai davanti agli occhi ogni minuto.Ieri Lucio se n'è andato. Scusate, ma non me la sento di elaborare retorici ricordi, evocando e rievocando metafore su sipari che calano e cose simili. Forse, non ne sarei nemmeno all'altezza.Lucio era un attore, un caratterista, anzi, passamela dai, un caratteristico. E un sognatore, forse un pò solo, forse, semplicemente, un solitario compagnone.L'ultima volta che abbiamo chiacchierato, davanti a due cappuccini cremosi su un tavolino del Bar Jolly a Gubbio (ultimamente il suo secondo 'ufficio'), gli ho parlato di un progetto che stava per partire, e che mi stava molto a cuore. Dieci ragazzi di Costacciaro, tanta buona volontà, ed un laboratorio teatrale come percorso di espressione e socializzazione. Uno spettacolo, come secondo fine, a luglio, che Lucio sarebbe venuto a vedere.I tuoi consigli di quella mattina, scusa, non ho fatto in tempo a rivederti per dirtelo, mi sono serviti. Il mestiere dell'attore, un pò come quello dello scrittore, vive della necessità di rovistarsi dentro alla ricerca di qualcosa da comunicare, dal cassetto dei ricordi, al ripostiglio delle esperienze, fino al vuotatasche dei dolori recenti, che di solito è subito dietro la porta. Se ti colpisce, se ti scava dentro, il solco compila un alfabeto che solo tu sai leggere, per poi trasmetterlo, in un linguaggio personale ed universale, al pubblico di tutti i giorni, così come a quello che siede in platea.Quel laboratorio, caro Lucio, l'ho abbandonato col cuore in gola una settimana prima che tu te ne andassi. I miei ragazzi ancora sono lì a chiedersi perchè. E forse un giorno glielo spiegherò. Qualche amico aveva dubitato del fatto che io riuscissi a portare avanti una cosa del genere: 'non hai la preparazione', mi sono sentito dire. Invece sai, solo dopo due mesi, Lucio, la mia opera prima stava già vedendo la luce. Ho lasciato che fosse il mio cuore a parlare. E ho chiesto ai miei ragazzi di far parlare il loro. E stava funzionando, sai. Che belli che erano.Ma purtroppo, succede. Succede che quando metti in gioco te stesso, diventi a volte incredibilmente vulnerabile. E ho dovuto mollare. Non so in che mani ho lasciato il loro timido risveglio. Anzi, lo so. Per questo ho il cuore in gola.Ti ho raccontato queste cose come avrei fatto se ti avessi reincontrato in questi giorni al Bar Jolly. Credo, ed è l'unico requiem che ti concedo in questo spazio di confidenze, che mancherai a molti di noi. Ho ancora il tuo numero sul mio cellulare, e per il momento non lo cancello, perchè ho già cancellato troppe cose in questo periodo, e se c'è chi, tuttora, è davanti ai miei occhi, ma non c'è più, beh, tu, che non ci sei più, sei davanti ai miei occhi. Con il tuo sorriso, i tuoi occhi, che non so immaginare spenti, e quella cazzo di trippa enorme. Ciao Lucio, grazie.(Amici del blog, fatevi un giretto su www.luciovinciarelli.it)