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La divinazione nell'antica Grecia: Delphi, l' Oracolo più famoso!


 
 
 Nella Grecia Classica l'arte della predizione del futuro si configura come un intricato sistema di segni al cui centro è Apollo. Il messaggio è cifrato ed è trasmesso in molteplici forme: nel volo degli uccelli, nelle viscere di un animale, espresso visivamente in un sogno o verbalmente dall'oracolo. Di qui una complessa tecnica di interpretazione, che richiede grande perizia e intelligenza. Un'errata decodifica conduce fatalmente alla catastrofe. Nell'antica Grecia la conoscenza del futuro era considerata parte integrante ed irrudicibile del sapere.L'oracolo più famoso e celebrato dell'età classica era quello di Delfi, che si propone come il principale tramite tra l'onnisciente Zeus e gli uomini.
I mitografi sono divisi in due gruppi: per il primo il dio ricevette l'oracolo in dono da altre divinità, l'altro, forse più antico, parla di una lotta col drago Pitone che era il guardiano dell'oracolo, allora posseduto da Gea ( la principale divinità ctonia) per ottenerne il controllo. Pito era in effetti l'antico nome dell'oracolo. Per scontare l'uccisione del serpente, Apollo dovette adattarsi a servire come pastore per sette anni sotto il re Admeto, che peraltro lo trattò sempre con rispetto e considerazione. Alla fine del periodo di pena, Apollo rientrò trionfalmente a Delfi sotto forma di delfino, il che va interpretato come una spiegazione paraetimologica per il nuovo nome dell'Oracolo.
Bisogna anche ricordare il mito, più tardo, della lotta per il tripode sostenuta contro Eracle che ambiva anch’egli al possesso dell’oracolo.
Delfi o Delphi ( Delphoi in greco) è un importante sito archeologico ed una moderna città della Grecia che si estende sulle pendici del monte Parnaso.
Nei tempi antichi Delfi era detto "ombelico del mondo", la sede del più importante e venerato oracolo (assieme a Dydyma) del dio Apollo: l'oracolo di Delfi:  lì attorno al tempio ed alla roccia sacra era sorto l'importantissimo insieme di edifici collegati al sacrario e snodati lungo la Via Sacra; c'erano i "Tesori" dei vari popoli della Grecia, c'erano i loro monumenti e, salendo più in alto, il tempio di Apollo Pizio, il Teatro e infine, inerpicato sull'ultimo costone, lo Stadio.
Gli oracoli erano pubblicati quasi sempre in esametri, un verso che sarebbe anzi stato inventato da Phemonoe, la prima pizia. La lingua era generalmente dialetto ionico ma sono noti oracoli in dorico. All'entrata del tempio c'era la scritta: "ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ", "Conosci te stesso"."Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei".
Sacerdotessa e profetessa del luogo era la Pizia, una giovane donna scelta tra le contadine del posto, una vergine che per tutta la durata della sua carica doveva mantenere la più stretta castità. Alcuni hanno pensato che per rispondere alle domande essa si limitasse a tirare a sorte delle fave e secondo il loro segno rispondesse alle domande. Queste dovevano venirle poste in modo semplice ed alternativo: cioè le si doveva chiedere se un dato fatto sarebbe o no accaduto, se era meglio fare o non fare una certa cosa e via dicendo. Secondo la fava tirata dal mucchio la risposta sarebe stata o si o no Questa era una forma di previsione del futuro molto semplice e molto usata in Grecia e corrispondeva un po' al lancio di una moneta per aria quando si vuol prendere una decisione, operazione per la quale non si dovrebbe andare a scomodare un dio. Può anche darsi che, come forma minore essa venisse praticata anche a Delfi, ma i grandi personaggi che ivi si recavano e pagavano fior di quattrini per avere risposte a complessi quesiti non si accontentavano certo di questa specie di gioco di società. Essi volevano la predizione completa, detta in versi e ispirata secondo tutte le regole, insomma la vera profezia con la Pizia seduta a vaticinare sul tripode posto nell'adyton dove nessuno salvo lei poteva entrare. È stato spesso supposto che la Pizia emettesse i suoi vaticini in uno stato di alterazione mentale, allucinazione o trance, indotta aspirando i vapori che fuoriuscivano da una fessura nel suolo o masticando vegetali allucinogeni come l'alloro, e poi riferisse i vaticini in forma confusa al sacerdote che li interpretava per il supplice.Quando, sentendosi ispirata direttamente dal dio, essa si trovava in questo stato, inviava ai re e condottieri che ne avevano fatto richiesta i suoi oracoli e a questi gli antichi usavano attenersi strettamente.C'era naturalmente tutto un cerimoniale a cui sottomettersi avanti di poter accedere alla Pizia e, come sempre, la prima cosa da fare era pagare una discreta somma di denaro al tempio ed ai sacerdoti. Si trattava di versare una specie di tassa chiamata pelanos, poi si doveva offrire il sacrificio di una capra sulla quale dopo averla sgozzata si versava acqua fredda: se le carni non si contraevano non si poteva consultare l'oracolo: sarebbe stato pericoloso e persino mortale per la Pizia. Se invece si contraevano voleva dire che il dio Apollo accettava di profetare. In questo caso si procedeva con la cerimonia. La Pizia, dopo essersi recata alla fonte Castalia per purificarsi, entrava nel tempio e su un altare interno compiva alcune fumigazioni di alloro e farina di orzo, poi scendeva nella parte sotterranea del tempio che era dedicata alla divinazione ed era chiamata manteion. La seguivano tutti coloro che avevano chiesto le sue profezie. Passava prima chi aveva lo speciale diritto alla promantia, poi venivano gli altri secondo l'ordine che era loro capitato tirando a sorte. Arrivati in basso, tutti, compresi i sacerdoti, si fermavano in una sala a ciò destinata, mentre la Pizia si avviava sola verso l'attiguo adyton. dove si trovavano sia la statua di Apollo che la tomba di Dioniso. I sacerdoti e i richiedenti che affollavano la sala vicina udivano la sua voce ma non potevano vederla. La Pizia dava ordinatamente ad ognuno il proprio responso e questo, ci dicono gli autori antichi, era sempre "veridico" ed "infallibile". Ma le risposte di Apollo, che perciò era chiamato anche Loxias, cioè "l'ambiguo", si prestavano sempre a due opposte interpretazioni e a non capirne il vero significato si potevano avere molte brutte sorprese.
Sebbene le fonti classiche siano concordi nel fornire l'immagine di una donna che si esprime in modo intelligibile e direttamente al supplice, in merito all'ipotesi dei gas allucinogeni, già lo storico greco Plutarco, che aveva servito come sacerdote al tempio, affermava (Moralia 437c) che la Pizia - per ottenere le visioni - si rinchiudeva in un antro dove «dolci vapori» fuoriuscivano dalle rocce. Ricerche, anche di tipo geologico, per verificare questa ipotesi sono state condotte più volte nel sito di Delfi, senza risultati significativi.
L'oracolo di Delfi raggiunse il suo apogeo nell'età delle fondazioni delle colonie greche. Era impensabile partire per una fondazione coloniale senza un responso oracolare. L'oracolo poi veniva spesso consultato per dirimere le contese fra colonie e madrepatria. Altra caratteristica dell'oracolo era una sua costante inclinazione a favorire i Dori sugli altri popoli greci. Sparta in particolare godeva in certi periodi di un vero e proprio trattamento di favore. Allo scoppio della guerra del Peloponneso questa preferenza divenne così accentuata che Atene e i suoi alleati divennero sempre meno inclini ad accettare gli oracoli (Plutarco, Demosthenes, 20), cosa che da ultimo causò il declino della sua popolarità; ai tempi di Plutarco, come nei tempi più antichi, a Delfi non vi era più di una sola pizia in servizio, e le sessioni oracolari tornarono a rarefarsi, un solo giorno al mese; inoltre, essendo venute a mancare le richieste di oracoli su importanti questioni religiose e politiche (a causa della fine dell'indipendenza greca) venne meno l'uso di redigere gli oracoli in versi, non più adatti alle ben più prosaiche questioni che ormai venivano presentate (Plutarco De Pith.Orac 28). Tutto questo ebbe ripercussioni sull'autorità dell'oracolo, dato che anche coloro che ancora lo consultavano in buona fede spesso non potevano credere che il dio si occupasse con grande cura di materie spesso triviali.Tanto che nel 360 quando Giuliano, ultimo degli imperatori romani che cercò di risollevare il paganesimo, volle avere un responso dall'oracolo gli fu data questa risposta:"Dite al re che sono crollate le corti sfarzose, Febo non abita più qui, non ha più lauro oracolare né sorgente che favella; l'acqua parlante si è ammutolita".Pochi anni dopo l'imperatore Teodosio I, a partire dall'anno 391, con una serie di editti, decretò la fine dei culti pagani e nel 394, la chiusura definitiva del santuario.
Per impedire che il tempio venisse riconvertito in chiesa cristiana (come capitò a molti edifici sacri dell'epoca), gli ultimi sacerdoti pagani distrussero volontariamente l'edificio (diroccandone il tetto ed abbattendone le possenti colonne, i cui blocchi caddero l'uno sull'altro) ed i principali edifici sacri, che ben presto vennero ricoperti dai detriti delle frane e dalla vegetazione.I muri e le colonne affioranti vennero usati nel medioevo per la costruzione della nuova città di Delfi, sita leggermente più a valle. Ma una città costruita con elementi architettonici antichi non poteva passare inosservata: così, alla metà dell'Ottocento (subito dopo la guerra d'indipendenza greca), furono compiuti i primi scavi sistematici, che portarono alla scoperta degli edifici e dei monumenti più importanti. Grandissima parte delle suppellettili sono tuttora conservate nel vicino museo, ed attirano un grandissimo numero di visitatori.
 
 
 Tratto da testi personali e dal Web.