Canzone,io credo che saranno radi
color che tua ragione intendan bene,
tanto la parli faticosa e forte.
Onde,se per ventura elli addivene
che tu dinanzi da persone vade
che non ti paian d'essa bene accorte,
allor ti priego che ti riconforte,
dicendo lor,diletta mia novella:
"Ponete mente almen com'io son bella!"
Dante,Convivio.
Ho qualcosa dentro che mi dice urla e in petto un pianto trattenuto a stento in groppo tra il mediastino e lo sterno a ogni intervento esterno resistente.
Sia pur planar d'ali forse d'angelo: colui che s'aggira con cero ardente e con entusiasmo ispirato arringa rivolgendo più volte gli occhi al cielo,
richiedendone la saggezza aperta di un velo di nubi a coprir vergogna chè tutto ciò che è umano non è orrore. Ma ho qualcosa dentro che mi dice: urla! |
Ah come d'amore mi riempi gli occhi e la mente m'inebri tosta, quando t'allunghi onda languida sul mio corpo! Si che s'accende passionale il gioco al rilancio. Ed il mio cuore ribatte alle tue mani, perverse sulla pelle di carezze, col pulsare d'organo che vibrante d'armonie si spande a seguire canto che s'involi alto. |
Post n°735 pubblicato il 14 Aprile 2024 da woodenship
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Post n°734 pubblicato il 04 Aprile 2024 da woodenship
A occhi chiusi e labbra dischiuse al sole ridevo in faccia al cielo oggi: è arroganza di chi pensa di saperne di più, lo so. Ma che dir della teoria più stupida che ci sia? Paranoica teorizza la sostituzione etnica, (cioè che faccian venire da altrove disgraziati senza alcun dove e illusi per sostituir noi disgraziati e frusti) ignorando il fatto che la macchina già ci ha sostituiti noi genti tutte: dopo averci risucchiato ogni cosa, nozione o ricordo dall'intelletto. Sol carne da macello ci han concesso d'essere: prede in trincea dei droni. |
Vendi fiori con sorriso di vento, tristezza recisa rivendi appesa. Con labbra umbratili dispensi baci: carnalità d'un soffio intenso vibra d'animale stretto in spelonca d'ossa.
A masticarne lo stelo d'asprigno a mordicchiarne i petali di miele la tua bocca d'ombra è un bacio che sfiora la fronte con febbre diffusa fiamma. Carne disciolta forse sei l'inferno.
Forse il paradiso: fa che le stelle rimangano lì, c'erano già prima e volevo già comprarti fulgore fiore che tra dita scintilli azzurro con tremori e gemiti dilagando
dolore maledetto che giunge urlo fino a smorzare d'ogni altro domani i versi goduti. E sai già anima mia l'evocare che non verrà mai meno felicità per il tuo essermi esperia.
Nubi appena levigate saremo nello spazio l'aggrovigliarsi strenuo d'instabile gassosità che ottunde nebulosa dalla bellezza algida necessitante anche e solo favilla woodenship 28/05/2012 (riletta) |
Quel che m'intriga tosto Un tempo mai avrei detto terso, astratta mestizia. Seppure l'ingiustizia hai la forza di goccia, dal dolore trai forza. di beltà, a dargli forza Non è natura, donna guarda: non è natura che ti si neghi vita.
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Sono attimi di sgomento e sconforto , quelli che in versi ci consegnan stanchi all'orrore inscritto al muro del pianto:
prosciugato d' umanità è da un pezzo sebbene ancora in molti, un tanto al chilo, ci facciano lamentazioni accese.
In fondo coloni sono del nulla: son chi assilla e s'arrovella ch'è sacra l'eredità d'un fazzoletto in terra
steso tra mare e Giordano, con odio arati i campi e col sangue irrigati si da sopravviverci male bestie.
Ma quale dio, anche esistesse maligno, potrebbe mai concedere patrigno in eredità rancorosa messe? |
Casa è parola di due sillabe e piana, lettere accusate d'essersi accasate le sillabe: fonemi che fanno linguaggio domestico, tanto in cucina ai fornelli che sul divano in tinello dinanzi alla tv. Dicasi muri portanti, tramezzi, pavimenti... e travi: vene in cui ci scorre armato il cemento, perchè dovrebbe cementarci individui sotto il tetto, come pure in camera da letto tra i guanciali; vita dalle geometrie imaginate nel disegno del progetto. L'architetto ha solidificato il sangue in calce, pensandolo forma stabile dai balconi sul mondo: condivisibile di sentimenti e apprezzabile, nelle ragionate finestre aperte e negli angoli in squadra per muratori consci della necessaria compattezza di mattoni linguistici, come per i pilastri la logica... La poesia è amore per quella parola che si fa casa di un sentimento intanto che il cuore la distilla. |
Par mare l'inverno! Lo sento così algido nella sua danza che s'avanza fosca movenza volteggiando bassa di nubi. È brezza che s'avvita e sprizza onde d'aria che esonda e frange distratta, risucchiando foglie, sterpaglie e orme stinte da zolle. Anche quando t'abbaglia freddo ch' è viscido il sole tra nebbie e i merli sgusciano via lesti, ha un senso l'inverno a esser mare: chiedi ai rapaci che, di becco, si tuffano dai rami nudi alti, sognandosi gabbiani. |
Post n°727 pubblicato il 04 Febbraio 2024 da woodenship
… se è per quello: con fetta di limone, presa di sale e di tequila un sorso, sono già partito: sto scrivendoti da Playa del Carmen, steso sull’amaca in quel che fui ombra nascosta nel tempo. Quintana Roo è lo stato sul Caribe messicano, è da qui che si va al largo. Ci son le palme fruscianti alla brezza notturna danza; c’è pallida spiaggia striscia che si allunga arco di brillanti; c’è il mare che scintilla onde di luna schiumando argenteo sul bagnasciuga. Ed ho un fuocherello febbrile che arde scoppiettando insonne tra me e la notte. Lì dove sei hai pronto il flauto alle labbra? Allora accordiamoci sulle note salpiamo su melodia di risacca: c’è un galeone ricolmo di tesori laggiù che bordeggia scuro e ci aspetta.
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Post n°726 pubblicato il 28 Gennaio 2024 da woodenship
È pieno di gente che non conosco il mondo: ci cammino tutti i giorni e me ne do di conto molto spesso che non c'è nessuno ch'io possa dire a me noto. Hanno tutti facce ignote coloro che mi incrociano per strada. Certamente lo sono anch'io per loro pur quando mi aggiro alieno per casa: oggi, volevo darci fuoco al mondo, tanto mi era sì estraneo e distante avvolto in polveri che luccicano d'un dicembre che s'intona male, come abito scuro gessato liso indossato al cenone di fine anno.
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Post n°724 pubblicato il 17 Gennaio 2024 da woodenship
Il cielo stellato è un friggere d'astri infinito: ti schizza fuori in feedback dalle pagine web, si che di pace digiti nel panico l'utopia, dando la stura al frizzar di faville lassù, nell'universo virtuale ove un tappeto si fa firmamento, sul quale appellarsi senza tempo: ti sfuggono fuori, dalle mani giunte, galassie vorticanti d'intenti, infiammando volute di scintille sui palmi. Vola celeste, unico e al tempo stesso molteplice: ti scorre fuori in vampe dai polpastrelli, intanto che strisciando s'allunga scintillando il vorticare di onde lassù, tra i fiochi echi flottanti dell'imbrunire d'astri in buchi neri.
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già gli alberi si stremano di loro tra richiami e voli di ramo in ramo che poi è col vento che si stordiscono, ed ancora è piacevole sentirli.
Il loro si fa grido quando sorda ne morde il tronco la sega o ne scheggia il legno l'accetta. Oppure ne incide corteccia mano d'amante che non ama
e ha un cuore che neanche bomba sbreccia tanto si è perso tra ruderi e ceppi che pare di granito persino ora che il solstizio ridonda di mestizia
... ne ho sentito tante grida di alberi. Come anche di uno stormire sui tetti all'aria che sapeva di neve e fumo crepitio di tronchi nel camino arsi. |
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