Momenti di vita

Romeo


                                                                Il cancello dalle inferriate alte si apre e si accede ad un colorato e ordinato giardino completamente, recintato da un muro alto; alcune panchine sono poste all’ombra, sotto alberi d’alto fusto.S’intravede un edificio bianco con persiane verdi socchiuse dietro sbarre di ferro lavorato: Villa Serena,un nome apparentemente tranquillo ma in realtà triste e misterioso; misterioso come è il cervello umano.Villa Serena è una casa di cura per malati mentali.Un’efficiente infermiera mi accompagna in sala d’attesa e dopo un po’ di tempo (a me sembra lunghissimo) arriva lui: Romeo.Emozione, affetto, gioia tristezza: tutti sentimenti contrastanti provo quando lo vedo comparire trascinandosi con movimenti lenti e stanchi.Sin da piccola sentivo ogni tanto un debole e misterioso sussurrare tra i miei genitori, diventata più grandicella incominciai a porre domande  e mio padre mi raccontò la storia di zio Romeo.Mi portò nella sua stanza di ragazzo dove rimaneva chiuso ore e ore chino sui suoi libri di anatomia, infatti sulla scrivania faceva bella mostra di sé un teschio che mi incuteva terrore e repulsione.La famiglia vedendolo troppo chiuso nella stanza e in se stesso, lo indusse a uscire, a divertirsi, a conoscere la vita.Una cugina e una zia acquisita gli fecero da guida, portandolo a feste, divertimenti, viaggi ma Romeo non era preparato a tutto questo, era vulnerabile, non aveva mai conosciuto l’amore e infatti si innamorò della…zia  (forse u n po’ troppo allegra)Adesso sono di fronte a quest’uomo che non è più lui, i suoi occhi sono spenti , le labbra accennano un lieve e dolce sorriso, è immobile con le braccia a penzoloni e la testa un po’ reclinata, non è più pericoloso, mi sembra così indifeso, lo vorrei abbracciare ma mi sento a disagio.Un innamoramento, uno schiaffo dato dallo zio ed è precipitato nel baratro della pazzia  (fatta da lui stesso la diagnosi) e tutti, in famiglia, hanno pensato che per aiutarlo doveva essere ricoverato o meglio chiuso in una casa di cura. Mi rivolgo a lui: -Zio, ho l’automobile fuori il cancello, chiedo il permesso al dottore, andiamo a farci una passeggiata?-No, grazie- risponde con voce flebile Non insisto perché il suo atteggiamento mi fa capire che dopo trent’ anni  è quella la sua casa, ha paura di oltrepassare quel cancello e di vedere il mondo.