fenice

TURCHIA


O donne credenti,Di nero vestite, fin ai piedi riparate,Vi negate alla vista, veloci camminateSiccome falene diffidenti.O volti di vecchie,Riarsi dal sole e dall’antica sofferenza,Dai parti subìti e dalla sopravvivenzaCoatta nelle catapecchie.O campi di cotone, Distese di sicomori e di ficaie; i filariDi pioppi come confini e numi tutelariDei figli numerazione.O suono ritmato,La cantilena della canonica preghieraProno il corpo, con la faccia sinceraAl Mihrab voltata.O vestigia lussuose, Di Frigi, di Ioni, di Carii, di Lidi, d’Ittiti;Moschee, minareti, türbe e cenobiti;Solarità ed arti bellicose.O Afrodisia, Custode d’un sublime teatro e dell’odeon,Di uno stadio e d’un mirabile Tetrapylon:Oggi, grembi d’artemisia.O bianco desiderio,Appeso ai rami di giuggiolo e di sorbo,Qual pensiero alla divinità, qual garbo,Qual chicco di salterio.O casolari sparsi,Di legno i balconcini, custodi affidatiDalla tradizione, d’amori consolidatiDa rancori scomparsi.O mausoleo fastoso,In quel di Konya, del filosofo Mevlana,Scalza e pia ancor si stipa la fiumanaIn omaggio rispettoso.O mausoleo d’Ankara,Votato ad Ataturk, il padre fondatoreDella patria turca, il laico riformatoreDe la chiesa e la scrittura.O Kemal, o ardito, Il popolo pare oggi assai riconoscenteDe l’opra di riforma della costituente,Sei, oggi, un mito.O nota ossessiva, Dei pifferi di canna a segnar la danzaMistica derviscia, insino a l’esultanzaEd a l’estasi convulsiva.O Chiese rupestri,Affreschi e città sepolte e conventicoleUse ad evitar le scimitarre, le graticoleDe l’orde terrestri.O primigenia misticità, Dei monaci di Göreme, il lieve lamentoDi una prece ripetuta all’ annullamentoDella corporeità.O Saulo degli Atti, Cappadocia ti vide; ti seguirono in molti e la tua parola generò il seme in raccoltipoi, ahimé, distrutti.O pietre tombali, Lapidi sontuose, alte le grida e gemiti,Echi lontani del dolore, dei lutti, dei ritiPietosi, tribali.O camini delle fate, Vulcan Erciyesdag vi formò quel monteDa tempo quieto, laggiù, all’orizzonte,Qual maraviglia or siete!O cascate di Pamukkale, Laghi, lande assolate: tale è la bellezzaDella terra anatolica sì che mi accarezzaL’idea di tornare.O divino Sinan, Maestro, fiero creatore delle genialiCostruzioni, delle medrese, di portali,Di cupole e di han.O Istanbul, t’ostentiSplendida, come Roma, su sette colline,D’oriente la porta, il Corno tuo è confineEd incontro delle genti.O Topkapi, la corte, La Sublime Porta con il tesoro regaleDi ori, di gemme, insuperato arsenaleE splendida cassaforte!O Grande Solimano,Ombra d’Iddio, un leale fosti difensoreDei credenti, dell’Islam saggio cultoreE del mondo sovrano.O Tu che giaci, Sino a quando vorrai covar passionePer i fasti del mondo, la perfezione?Il sole è alto e pur taci.O allegra Roxellana, La tua bellezza ebbe infine la meglioSulla forte concorrenza del SerraglioFino a divenir Sultana.O Turchia, Turchia, Al tuo ricordo mi assale un turbamentoEd in cor mio, tosto, nasce un sentimentoDi dolce nostalgia.©spucciNota: Quartine su schema ABBA - spunti da un viaggio in Turchia