Tra le mie parole...

La parola: l'arma invisibile


Ho visto un bambino uccidersi perché accusato dai suoi compagni di essere omosessuale…ed ho pensato che non esiste arma peggiore che la parola.Viviamo in una realtà ovattata, dove sembra che il potere e la supremazia si dimostri a colpi di pistola, e non ci rendiamo conto che la vera arma oggi non è costruita in ferro…ma è invisibile…è la parola.Se usata sapientemente, la parola può diventare l’arma più potente. E si tratta di un’arma più subdola di una pistola perché tutti la possiedono e ne conoscono gli effetti dirompenti e, a volte, tragici. E’ un’arma peggiore delle altre perché non la si può evitare, non ci si può riparare…arriva addosso e colpisce, non c’è modo di spostarsi.Succede così che un bambino di quindici anni arrivi ad uccidersi, che le parole sull’Islam del Santo Padre rischiano di far scoppiare una guerra religiosa, che le intercettazioni di un gruppo di fotografi facciano partire uno scandalo di dimensioni nazionali, che le parole al telefono di un presidente metta in crisi l’intero mondo del calcio.Esempi, piccoli esempi…di quanto potere possa nascondersi dietro una parola. La parola colpisce in ogni momento e in ogni luogo, non guarda in faccia  a nessuno.E la sua potenza dipende dall’abilità di chi la pronuncia, dal suo intento e, a volte, dalla sua cattiveria. Ho sentito dire che quel ragazzino era un debole, perché non ha saputo non dare peso a quelle parole…ma chiedo a tutti quelli che lo hanno pensato: “Avete mai provato a schivare un proiettile?”. E’ impossibile, non si può evitare la parola…a volte ci culliamo nel pensiero di essere forti e di riuscire a schivarla, ma poi una piccola ferita rimane sempre…come se quel proiettile ci sfiorasse…ma sufficientemente per far scorrere un leggero rivolo di sangue…così difficile da rimarginare.Non voglio che i carnefici diventino vittime…chi usa un’arma così potente e lo fa in maniera così distruttiva non può essere perdonato. Di gente così ce n’è e, purtroppo, ce ne sarà sempre. Non credo sia una questione di luogo…c’è a scuola, come dentro una chat, come in un bar.Credo che imparare a usare le parole, a capire quando usare quell’arma e come usarla sia una grande lezione da imparare. Ma, come tutte le cose, si tratta di qualcosa che va insegnato…da chi? Non so… a volte le persone hanno la sensibilità di apprendere da sole, di capire quando hanno in mano un’arma pericolosa. Altre volte, il desiderio di usarla è troppo forte…attanaglia corpo e mente, e allora è come se si combattesse una guerra: una guerra a chi spara la bomba più grossa, tanto quelle bombe non costano nulla ma anche qui, come in qualunque altra guerra chi ci rimette sono sempre i più piccoli, i più deboli che non hanno ancora saputo munirsi di un’adeguata armatura per non farsi scalfire da quelle bombe.Ci preoccupiamo che i bambini non vedano scene di guerra, che non vedano armi, che siano educati ai valori della pace. Poi, all’improvviso, in una tranquilla giornata di aprile ci rendiamo conto che anche loro sono armati e che quando le loro armi vengono usate fanno più male di tante bombe e che quella cattiveria che pensavamo stretta prerogativa degli adulti, guida anche la mano di piccole anime.E’ importante che le persone depongano le armi, ma è anche importante che si insegni, a chi non ha sufficiente sensibilità per impararlo da solo, come utilizzare quelle armi che non possono essere deposte. Prima di guardare alle guerre in Iraq, guardiamo a quelle dentro casa nostra, dentro le nostre mura…deponiamo le nostre armi. Insegniamo ai bambini a leggere, scrivere, ma soprattutto ad usare le parole. E che i grandi imparino…che, a volte, una parola fa più male di un colpo di pistola.O parole, quanti delitti si commettono in vostro nome!Eugène Ionesco