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UN LONGESE."UNO TRA I MIGLIORI"

Post n°2814 pubblicato il 10 Settembre 2016 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

Il Partigiano socialista e Patriota, Leone Gemma

L'ins. Leone Gemma, nato a Longi nel 1915, durante la II guerra mondiale venne arruolato come ufficiale di fanteria dell'Esercito Italiano e destinato alle operazioni militari in Francia. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, portò in salvo il suo battaglione rientrando in Italia. Ma, da fervente socialista, depose la divisa per darsi alla macchia unendosi alla Resistenza. Come  partigiano, combattè in  Piemonte e in Lombardia al comando di un plotone della sesta brigata "Giustizia e Libertà". Tra le numerose azioni in combattimento, cui prese parte, gli venne assegnata, come comandante, la difesa del presidio, in posizione avanzata, di Montecalvo Vessiggia, che tenne sino al grande rastrellamento invernale, da parte dei tedeschi, iniziato il 22 novembre 1944. Prese parte anche ad una spedizione contro elementi della Zicherait repubblicana  e ad altri numerosi combattimenti contro i nazi-fascisti.

Il 27 aprile del 1945, con la sua famosa brigata, Leone partecipò e fu protagonista dell'arresto di Benito Mussolini, camuffato da caporale della Wehrmacht, in fuga verso la Svizzera, assieme ad altri gerarchi fascisti. Il Duce fu scoperto ed il partigiano "Bill" lo dichiarò in arresto in nome del popolo italiano.

 Il Comandante delle forze alleate in Italia, Generale Alexander, firmò un attestato, a nome del Governo e dei popoli delle Nazioni Unite,  dove acclamava il  Partigiano longese , Leone Gemma, "come Patriota che ha combattuto per l'onore e la libertà".

Dismesse le vesti del combattente, Leone rientrò al paese natio e, nel 1947, venne nominato insegnate di ruolo nelle scuole elementari di Caronia.

A S.Agata di Militello, il 19 marzo si festeggiava San Giuseppe. Con un suo amico volle assistere ai solenni festeggiamenti per riprendere, nella stessa nottata, la strada per ritornare a Caronia. Prima di arrivarvi, nel tragitto lungo la trazzera che dalla marina portava alla montagna, una lupara chiuse la spensierata giornata facendo stramazzare a terra, senza vita, l'invitto partigiano Leone Gemma. Venne esclusa la strada di un delitto per vicende amorose in quanto probabilmente inesistenti.

L'unico indagato fu un vigile urbano,  peraltro grande amico di Leone, per cui non si comprende l'imputazione quale presunto colpevole dell'efferato omicidio. Tant'è che dopo cinque anni di vicende giudiziarie, la Corte d'Appello di Messina, nel 1952, assolse con formula piena l'imputato, che precedentemente era stato condannato nel primo grado di giudizio.

Ci  si chiede il perché venne scartata l'ipotesi di una vendetta da parte di elementi fascisti che vollero, in tal modo, vendicarsi uccidendo il partigiano che prese parte attiva all'arresto di Mussolini. Probabilmente, se fosse stata appellata la sentenza della Corte d'Appello, fatti nuovi sarebbero potuti  emergere nel corso del giudizio da parte della Corte di Cassazione. Ma, a quei tempi, considerato lo scacchiere politico esistente in Parlamento, per non fare venire a galla un ipotetico scandalo, si decise di interrompere la ricerca della verità.

Manon Roland, nel 1793, prima di essere ghigliottinata, passando dinnanzi alla statua della Libertà, disse: « O Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome! ».

Il paese natio non può non rendere gli onori postumi al valoroso Patriota ed invitto Partigiano, illustre figlio di questa  nostra terra, additandolo alle giovani generazioni quale "Eroe".

 

 

Fonti: "Longi, nel 900 e...oltre" di Francesco Lazzara

Gazzetta del Sud del 25 aprile 2016,con un articolo a firma di Salvatore Mangione

 

 

 
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"Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alla proprie faccende private. Ma in nessuno caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così, ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e c'è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta a tutti ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così" PERICLE ( 495-429 a.C.)
 

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