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Ricorrendo la nascita dell'Unità d'Italia

Post n°2845 pubblicato il 23 Marzo 2020 da gazimo08

I NOVANTA GIORNI DI GARIBALDI IN SICILIA

Seconda parte

L'ARMATA ABBANDONA PALERMO

L'8 giugno le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000 uomini, lasciarono Palermo per recarsi ai Quattroventi per imbarcarsi, tra lo stupore della popolazione che non riusciva a capire come un esercito cosí numeroso si fosse potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto. La rabbia dei soldati la interpretò un soldato dell'8° di linea che, al passaggio a cavallo di Lanza, uscí dalle file e gli disse "Eccellé, o' vví quante simme. E ce n'avimma î accussí?" Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco!". Mentre l'Armata Napoletana procedeva alle operazioni d'imbarco, la Washington e l'Oregon partirono il 10 giugno da Cornigliano, imbarcando circa 2.000 uomini comandati dal Medici, ed arrivarono il 17 a Castellammare del Golfo. L'altra nave, la Franklin, imbarcò a Livorno 838 "volontari" comandati da Malencini, sbarcandoli a Favarotta qualche giorno dopo. Il 13 giugno il Garibaldi sciolse alcune squadre di volontari siciliani, i quali, resisi conto che è per l'annessione al Piemonte, e non per l'indipendenza della Sicilia, il motivo per cui combattevano, avevano incominciato a ribellarsi. In quegli stessi giorni il Nizzardo fu accettato nella Loggia massonica di Palermo ed in seguito elevato al grado di Maestro e poi di Gran Maestro.

MASSACRI E SACCHEGGI A PALERMO

Il 16 giugno fu il giorno piú atroce per Palermo, dove Garibaldi diede carta bianca alle sue orde che commisero violenze, stupri e saccheggi d'ogni genere. Moltissimi poliziotti e le loro famiglie furono assassinati in modo veramente barbaro e sotto gli occhi dell'indifferente e del tutto consenziente Garibaldi Il 19 giugno terminarono le operazioni d'imbarco delle truppe borboniche che arrivarono nel golfo di Napoli il 20. Il Lanza con il suo Stato Maggiore, per ordine del Re, fu posto agli arresti e confinato ad Ischia per essere sottoposto a giudizio da una commissione militare. Garibaldi, nel frattempo, formato un governo siciliano, ordinò l'emissione di altri buoni del tesoro per quattrocentomila ducati, portando il debito pubblico siciliano a circa sedici milioni di ducati. Furono confiscati tutti i beni ed il danaro del clero, in particolare dei Gesuiti che vennero espulsi. Nel frattempo, l'accozzaglia di gente al seguito del Garibaldi continuava a scatenarsi con delitti, saccheggi e stupri. Veramente atroci quelli commessi da un certo Mele e dal La Porta, che Garibaldi aveva addirittura nominato ministro della sicurezza pubblica.

LA LEGIONE STRANIERA GARIBALDINA

Furono arruolati numerosi avventurieri francesi, inglesi, tedeschi, ungheresi, polacchi, americani e perfino africani, insomma la feccia giunta da tutte le nazioni. Numerose, infatti, furono le presenze straniere al servizio della spedizione dei Mille, anche queste spesso volutamente dimenticate dalla storia ufficiale e dai testi scolastici. Inglese era il colonnello Giovanni Dunn, cosí come inglesi furono Peard, Forbes, Speeche (il cui nome Giuseppe Cesare Abba, non potendo sottacere, trasformò nell'italiano Specchi). Numerosi gli ufficiali ungheresi: Turr, Eber, Erbhardt, Tukory, Teloky, Magyarody, Figgelmesy, Czudafy, Frigyesy e Winklen. La legione ungherese divenne preziosa per l'occupazione della Sicilia e per tante battaglie. La "forza" dei "volontari" polacchi aveva due ufficiali superiori di spicco: Milbitz e Lauge. Fra i turchi vi era anche il famoso avventuriero Kadir Bey. Fra i bavaresi ed i tedeschi di varia provenienza si deve ricordare Wolff, al quale fu affidato il comando dei disertori tedeschi e svizzeri, già al servizio dei Borbone. Vi fu pure l'apporto di battaglioni di algerini (Zwavi) e di Indiani, messi a disposizione di Garibaldi dal Governo di Sua Maestà britannica.

FRANCESCO II RIPRISTINA LA COSTITUZIONE

A Napoli, il Re Francesco II, fraudolentemente consigliato, decretò a Portici il 25 giugno il ripristino della Costituzione del 1848, con ampia amnistia. Tra i consiglieri favorevoli alla concessione vi furono il Conte d'Aquila e il Conte di Siracusa, zii del Re, che avevano avuto tali suggerimenti da Napoleone III a seguito della missione diplomatica di Giacomo De Martino a Parigi. I contrari furono i ministri Troya, Scorza e Carrascosa. Quest'ultimo anzi affermò che: "la Costituzione sarà la tomba della Monarchia". In occasione del ripristino della Costituzione queste furono le parole di Francesco II: "Desiderando dare a' Nostri amatissimi sudditi un attestato della nostra Sovrana benevolenza, ci siamo determinati di concedere gli ordini costituzionali e rappresentativi nel Regno, in armonia co' principii italiani e nazionali in modo da garentire la sicurezza e la prosperità in avvenire, e da stringere sempre piú i legami che Ci uniscono a' popoli che la Provvidenza Ci ha chiamati a governare". Ma la concessione della costituzione fu veramente inopportuna in quel frangente, perché contribuí a creare ancora piú disordine, in quanto permise a molti pericolosissimi fuoriusciti di rientrare nel Regno e di occupare molti incarichi importanti nell'amministrazione del governo. In quei frangenti l'avvocato Liborio Romano s'incontrò a Napoli nel Palazzo Salza, alla Riviera, con il conte Brenier console francese a Napoli. Il 26 giugno, ancora su consiglio del suo governo, il giovane re Francesco II stabilí, inoltre, che la nuova bandiera nazionale fosse quella tricolore, rossa, bianca e verde, conservando nel mezzo le armi della dinastia borbonica.

IL PIEMONTE INVIA ALTRE TRUPPE

Nel frattempo, ad iniziare proprio dal 26 giugno, partirono da Genova, La Spezia e Livorno per la Sicilia numerose navi, con una media di una ogni tre giorni, che fino al 21 agosto trasportarono in Sicilia altri 21.000 "volontari" piemontesi.

NASCITA DELLA CAMORRA DI STATO

Francesco II il 27 giugno nominò Capo del Governo Antonio Spinelli, che diede l'incarico di prefetto di polizia al leccese Liborio Romano, già in combutta con la camorra per preparare l'ingresso di Garibaldi in Napoli, cosí come era avvenuto a Palermo con l'aiuto della delinquenza locale. Fu, dunque, proprio con l'invasione piemontese che la delinquenza fece un salto di qualità, trovando terreno fertile nell'alleanza con la nuova classe politica che si andava affermando soprattutto attraverso le speculazioni. Il conte d'Aquila venne nominato comandante supremo dell'Armata di Mare. Il Ministero della guerra, a cui era preposto l'onesto e anziano Ritucci, venne affidato al generale Giuseppe Salvatore Pianell, che lasciò il Comando Territoriale degli Abruzzi al generale De Benedictis. Per effetto del ripristino della costituzione, il 1° luglio vennero nominati in ogni provincia nuovi intendenti, quasi tutti massoni. Il Cavour, intanto, allo scopo di intavolare defatiganti trattative con il governo borbonico, aveva inviato a Napoli il diplomatico Visconti Venosta. Subito dopo, il 3 luglio, si ebbero le prime manifestazioni contro i "galantuomini" e la guardia nazionale a Salerno e ad Avellino, dove significativamente il popolo manifestava al grido di "Viva 'o Rre Francesco" contro la costituzione. Per lo stesso motivo anche a Vasto si ebbero violente sommosse da parte di alcune centinaia di contadini armati di sole falci.

IL TRADIMENTO DELL'ARMATA DI MARE

Il giorno 5 luglio il capitano di fregata Amilcare Anguissola, al ritorno da una missione per il trasporto di 800 uomini del 1° reggimento da Messina a Milazzo, invece di rientrare a Messina, proseguí per Palermo, dove consegnò la pirofregata Veloce al contrammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano. Questi la cedette a Garibaldi, che la fece ribattezzare Tuckery, ma su 144 uomini di equipaggio i traditori che aderirono ai garibaldini furono solo 41. Il Re Francesco, allora, ordinò al capitano di vascello Rodriguez al comando della pirofregata Tancredi di catturare la nave, dandogli di rinforzo altre tre pirofregate, ma il conte d'Aquila fece fallire tale decisione con defatiganti disposizioni. Nacque da questi episodi di tradimento l'esclamazione tipica dei napoletani: "mannaggia 'a Marina" che ancora oggi è diffusissima.

COSTITUZIONE DELLA GUARDIA NAZIONALE

In Messina, intanto, si concentravano oltre 24.000 soldati inviati dagli Abruzzi e da Gaeta. Nella parte continentale del Regno, invece, per effetto del ripristino della Costituzione, fu organizzata la Guardia Nazionale in tutti i comuni, formandola con gli elementi liberali piú facinorosi. A causa dell'atmosfera politicamente malsana e dei disordini verificatisi in Napoli, la Regina madre decise di rifugiarsi a Gaeta. Fino a questo periodo, nel Regno delle Due Sicilie non vi erano stati che trascurabili episodi di delinquenza comune. La marea della delinquenza piú pesante incominciò a montare con l'avvento dei garibaldini. La stessa Sila, che divenne in seguito il perenne ricettacolo del banditismo, fino al 1860 si poteva liberamente percorrere senza tema d'incontrarne.

(continua)

 

Da < http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Altre/Prima.htm>

 

 


 

 

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