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QUI' CEFALU'

Post n°2795 pubblicato il 17 Maggio 2016 da gazimo08

Dal mio libro

Tra storia e leggenda

 

Immagini di Longi, Kamarina, Cefalù, Taormina

 

a cura di

Gaetano Zingales

 

 

QUI’ CEFALU’

 

 

 

Dalle sponde del fiume Irminio , nella terra Iblea, Dafni, reso cieco dalla suocera Giunone per avere tradito sua moglie, dopo avere girovagato e pianto per i boschi ed i monti della Sicilia, plana su una scogliera accanto Cefalù infrangendosi sulla roccia. Gli dei, impietositi, lo trasformano in una rupe alle spalle della cittadina. La rocca, infatti, somiglia ad una testa umana, da cui prese il nome Cefalù: Kephaloidion quando vi giunsero i coloni greci facendolo derivare da kefalé,” capo”.

Qui, a Cefalù, così si racconta la leggenda del pastorello Dafni. La ninfa Echeneide, figlia di Giunone, andò in sposa a Dafni essendosi perdutamente innamorata di lui. Egli era molto corteggiato dalle donne per la bellezza del suo canto, della sua persona e delle sue poesie; pertanto, Giunone acconsentì alle nozze a condizione che se l’uomo avesse tradito la figlia lo avrebbe reso cieco. Ma, come si suol dire “il diavolo ci mise lo zampino”. Infatti, il re Zeno invitò il cantore a declamare e cantare le sue odi presso la dimora reale. La regina Climene, come ogni donna d’altronde, s’invaghi perdutamente di Dafni e cercò di sedurlo. Il quale resistette per rimanere fedele al giuramento fatto a sua moglie. Climene, in assenza del marito, una sera organizzò un fastoso banchetto in onore dell’ospite. Abbondanti libagioni con il vino siciliano, cui venne aggiunto il succo d’alloro, un forte afrodisiaco, fecero crollare quel giovane, che docilmente si fece condurre nel talamo reale dalla bramosa Climene. Immediatamente, la tremenda Giunone applicò  la legge del taglione privandolo della vista.

Altri miti e leggende animano la ridente cittadina tirrenica.

            La bellissima Diana, divinità presente anche negli eventi mitologici di Cefalù, venne rapita dai pirati mentre faceva il bagno nello specchio d’acqua ai piedi della Rocca. Atterrita dal fatto che potessero violentarla, togliendole la verginità di cui andava fiera, riuscì a fuggire e si gettò in acqua lasciandosi morire annegata. Presidiana (cioè presa di Diana) venne chiamata quella contrada, laddove è stato realizzato il Porto. Sulla Rocca, a Diana venne innalzato un tempio,  rimaneggiato nelle varie epoche, del quale oggi rimangono soltanto i resti.

 

            Quando il mare è calmo e c’è bassa marea, vicino la riva, tra Capo Plaia e Mazzaforno, emergono sette scogli in fila indiana. Sono i corpi di sette fratelli che si gettarono in mare per impedire la “fuitina” in barca della sorella Carmela col pescatore Pasquale. Si racconta, infatti, che, dopo la morte dei genitori, i fratelli avessero deciso di vivere tutti quanti insieme in una casetta lungo la riviera. La donna provvedeva ai lavori domestici mentre gli uomini andavano a lavorare, ma era trattata come una serva. Carmela si sentiva avvilita e depressa. Un giorno si presentò all’uscio di casa un certo Pasquale con un cesto di pesce fresco da lui pescato. Il grazioso gesto si ripetè frequentemente. Dai oggi, dai domani i due si innamorarono. Ma, come si suol dire “bellezza, amore e denaro” non si possono nascondere; del cambiamento di Carmela, infatti, se ne accorsero i fratelli. S’insospettirono delle assidue visite col solito cesto pieno di pesce e decisero di tenere sotto stretta sorveglianza la sorella. Non c’era altra soluzione alla realizzazione del sogno d’amore dei due  giovani se non la “fuitina”; così convennero appena si sarebbe presentata l’occasione propizia.

            Un giorno tutti e otto germani decisero di andare a fare visita ad alcuni parenti, che abitavano un pò distanti dalla loro abitazione. S’incamminarono lungo il sentiero prospiciente la riva; ad un tratto, la donna disse di doversi appartare per soddisfare un bisogno. Cosa che fece entrando in un canneto. In una baia il pescatore aveva nascosto la sua barca. Carmela, non più visibile al controllo visivo dei fratelli, di corsa, tra le canne, raggiunse Pasquale. Insieme si mossero velocemente verso la barca, vi salirono e si avviarono verso il mare aperto. I fratelli, insospettiti del ritardo, attraversarono il canneto e videro che i due stavano lasciando la riva.  Corsero, presi da cieco furore,  verso la baia, si gettarono in mare vestiti per fermare i due colombi, ma, non sapendo nuotare, appesantiti dall’abbigliamento inzuppatosi e con le forze che venivano meno, ad uno ad uno andarono sott’acqua ed annegarono.

            Gli dei assistettero all’atto coraggioso ma disperato di quegli uomini, si commossero e decisero di trasfigurare i loro corpi in altrettanti faraglioni per rammentare ai posteri che nulla poterono sette uomini per impedire alla sorellina la “fuitina”, in auge sin dai lontani millenni. Nacque così la baia di Settefrati.

 

            Ancora altri miti vagheggiati, vogliono che:

- alcuni Giganti – Lestrigoni, Lotofagi, Ciclopi- ,discendenti da Noè,  popolassero il territorio;

- Cefalù sia stata fondata dai sicani o dai fenici, intorno al 3000 a. C, chiamandola Ras Melkart, cioè promontorio di Ercole, il quale peraltro vi innalzò un tempio dedicato a Giove;

- il Sacro Graal sia venuto in possesso di Federico II, essendo stato portato a Cefalù, in epoca relativamente più recente rispetto alle leggende dei millenni precedenti,  dagli Esseni, seguaci di Giuseppe d’Arimatea. L’Imperatore avrebbe fondato l’ordine Graalico del Grifone, a cui sarebbe appartenuto anche Cristoforo Colombo. Successivamente, l’Erimatea lo avrebbe spostato in Gran Bretagna. La notizia è stata riferita dalla principessa Yasmin von Hohenstaufen, discendente di Federico II, venuta in possesso recentemente di un archivio segreto;

- la Cattedrale, che si presenta imponente a guisa di una fortezza, sia stata iniziata a costruire, nel 1131, da Ruggero II d’Altavilla, primo re di Sicilia, il quale, essendo scampato ad una tempesta nel suo viaggio in mare da Napoli a Cefalù, volle in tal modo sciogliere un voto fatto  a Gesù Cristo mentre correva  pericolo di vita. I lavori si protrarranno per tutto il secolo, senza che Ruggero veda compiuta la sua opera;

- una ninfa punì il suo amante perché l’aveva tradita; ma, pentitasi, versò tante lacrime creando il fiume Cefalino. “U ciumi” versa le sue acque nel suggestivo lavatoio medioevale, scavato nella roccia, all’ingresso del quale si legge: “Qui scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve”. Ventidue bocche di ghisa riempiono d’acqua le vasche. Ad esse attingevano le donne per il consumo domestico e per lavare i panni; anche i cavalli venivano condotti a bere;

- intorno al 1222-25, Frate Antonio da Padova, durante il suo secondo viaggio in Sicilia, raggiunse il monastero dei santi Cosma e Damiano, nelle alte Madonie, per prelevare una campana nell’officina Martinetto, fonderia in rame e bronzo specializzata nella realizzazione di campane ed armi. Ottenuta la campana, gli fu detto che avrebbe dovuto portarsela da solo. Il frate non si scompose; infilò il bastone nel gancio della “colotta”, si caricò sulle spalle il pesante fardello e ripartì per raggiungere Cefalù, ove pose la rima pietra dell’erigendo convento, lasciando ivi la campana.

 

            Sul lato settentrionale del promontorio sono scavate due grotte di età preistorica mentre testimonianze arcaiche sono una possente cinta muraria di tipo megalitico ed un tempio coperto con lastroni di pietra disposte verticalmente sulle quali ne poggia una orizzontalmente (tipo dolmen N.d. A.); all’interno del tempio, probabilmente dedicato a Diana, c’è una cisterna alimentata da una sorgente e realizzata in epoca precedente. Numerose rovine di mura merlate, resti di abitazioni, fortificazioni, cisterne e forni testimoniano la presenza di un preistorico agglomerato urbano. Le antiche mura sono state realizzate utilizzando pietre grossissime e riquadrate, senza calce.

            Alla sommità della Rocca un Castello inespugnabile, del XII secolo, domina sulla città e sulla costa tirrenica visibile ad occhio nudo. Di recente, è stato restaurato.

 

            Nel IV secolo a. C, i coloni greci approdarono su quelle rive e chiamarono quell’insediamento, come prima detto, Kefaloidion ; i Siracusani la conquistarono nel 307 a. C. mentre nel 254 a. C., i Romani vi s’insediarono cambiandole il nome in Cephaloedium. Dopo il dominio bizantino, nell’858, a seguito di un lungo assedio, venne conquistata dagli arabi e la chiamarono Gaffudi. I Normanni cacciarono i musulmani, nel 1063, e fecero scendere gli abitanti rifugiati sulla Rocca rioccupando l’antico abitato sulla costa.

 

           

            Il Re Ruggero II, quando si recava a Cefalù stabiliva la sua residenza presso l’Osterio Magno,un edificio sorto su un precedente impianto di età ellenistica, ove vennero trovate anfore, olle, monete di bronzo con Pegaso raffigurato in una faccia, ceramiche.

 

            Nella cattedrale, realizzata nel tempo dai Re Normanni, il Cristo Pantocratore domina il catino dell’abside attraverso un grandioso mosaico di stile bizantino. Altri sfavillanti mosaici, numerosi sarcofagi, in uno dei quali è sepolta la principessa Eufemia, sorella del re Federico II, morta a Cefalù, la Cappella del sacramento rivestita d’argento, assieme a 32 vetrate che inondano di luce il duomo       concorrono a rendere splendido l’imponente monumento.

            Federico II aveva fatto dipingere sulla facciata del duomo una serie di pannelli  su cui veniva celebrata la genealogia normanna, da Ruggero I a Federico, passando attraverso i due Guglielmi e Costanza. Malauguratamente, essi sono andati perduti. Fece trasferire, inoltre, i due sarcofagi di porfido di Ruggero II, che contenevano il suo corpo e quello della moglie, dal duomo di Cefalù alla cattedrale di Palermo affinchè facessero parte del  “Cimitero reale”.

 

            Il borgo medievale ha mantenuto la sua bellezza nella città antica, all’interno della quale sono sorti monasteri, conventi, monti di pietà, il palazzo Vescovile con il suo chiostro, il Museo Mandralisca e la Pinacoteca.

           

            Le antichità, il panorama, il mare, la spiaggia arricchiscono meravigliosamente il sito, divenuto il secondo polo turistico della Sicilia, dopo Taormina. Se quest’ultima è stata definita la “perla dello Jonio”, Cefalù ha tutte le peculiarità per poterla appellare “la perla del Tirreno”.

           

                 

 

 

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