Rocche del Crasto
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Pose sul mio piccolo davanzale
lo sfarfallio d’ali
un usignolo fuggito
all’ultima neve.
Albeggiava
ed atterrò sul cuscino
del letto disfatto
per ammirare il volto anonimo
lasciato dall’ombra
del mio sogno di metà notte.
Sentiva l’umore
d’un amplesso incompiuto
tra lenzuola sudate di fresco lino
e dopo averle attraversate
con lieve cinguettio
s’involò
tra sonnolenti raggi di sole
per trasmettere alla compagna
l’odore dell’amore.
Ali variopinte di farfalle
danzavano ai bordi del nido
ascoltando lo squittio di piacere
dei giovani piumati.
Tra le fronde filtrava lucente
l’ombra del sole
ed ai piedi del ciliegio
vagavano le laboriose formiche
in cerca di semi;
beccava il dolce frutto la merla
per deporlo sulla rosea bocca
degli implumi figlioletti;
un agnellino cercava
le lattee mammelle
belando tra il gregge
che brucava sul prato dipinto;
sui tepali di un ciclamino rosato
la lucciola dormiva
dopo avere schiarito la notte
al viandante notturno;
il grappolo d’uno sciame d’api
spandeva un minaccioso ronzio
nella quiete di una loggia deserta
da cui erano fuggite le piumate ovaiole.
Giaceva quel volto di novella Pleiade
accanto a fragoline di bosco
attorno al rivo della fonte
e l’intero suo corpo nudo
mostrava la morbida pubertà
del seno virgineo.
Gocce d’un tonante piovasco
nel sereno mezzodì
zittirono l’armonioso cinguettio
e l’implacabile battito delle ore
tornò ad accompagnare il passo
lungo l’instabile sentiero della vita.
Gaetano Zingales
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Romanzo