ASROMA4EVER

Post N° 24


Caro Luciano nostro,noi abbiamo capito tutto FULVIO STINCHELLI Caro Spalletti, le sono grato per aver contribuito a salvare, calcisticamente parlando, il mio sabato dell’attesa. Attesa, poi, di che? Di uno Juventus-Milan da minestrone all’italiana? Ma chissenefrega… Le sono grato, ripeto, per essersi schierato a fianco di Barcellona e Madrid nel ricordarci che il calcio ha ancora qualcosa da insegnarci. Ma, dico, Mister, il match del Camp Nou, lei l’ha visto? E’ una domanda retorica, la mia: certo che l’ha visto! Con tutta probabilità se lo sarà anche registrato, a memoria futura, ben sapendo che l’uno o l’altro (io mi auguro tutti e due) dei sommi club spagnoli dovrà incontrare nel prossimo cammino di Champions. Che partita, eh… Noi, dalle nostre parti, scontri del genere manco ce li sogniamo. Non per mancanza di personale, ma per difetto di animus, di coratella…Vista la grande partita, ora sappiamo perché la Casa Blanca ha messo alla porta Schuster giusto alla vigilia del big match. Claro, non era pratica da affrontare con un tedesco in panca. Ci voleva uno spagnolo puro sangue, Juande Ramos, da contrapporre ad altro iberico di parte avversa, Pepe Guardiola. Per poi vedersela tra di loro, meringhe e rossoblu sul campo, jara al sol o meglio alla pioggia, poco importa, com’è nella tradizione millenaria di quel popolo, dalla Reconquista alla guerra con Napoleone, fino ai nacionales e ai republicanos  dell’Alcazar.    No, non era roba per tedeschi… e nemmeno, a ben riguardare, per argentini, con tutto l’Atlantico di mezzo. Tant’è vero che Messi da una parte e Higuain dall’altra mostravano di capire poco e niente del sacramentale auto da fè che si stava celebrando lì attorno: hanno preso solo calci, e quanti! Più in partita, certamente, l’italiano Cannavaro e il bougnoule Henry, per ovvie affinità elettive. Per il resto è stata solo Spagna, grande Spagna. Mi scusi, caro Spalletti, se mi sono dilungato sullo scontro del Camp Nou, ma l’evento, capirà, mi ha stregato. Come mi ha colpito – ecco perché le scrivo - , il suo pressoché contemporaneo grido di dolore. Non trovo altra immagine per rappresentare la sua complainte di sabato sullo stato dell’unione o dell’associazione (ASRoma).    Un grido che io ho inteso così: amici miei romani, sono nato a Certaldo, ma in tre anni mi sono romanizzato; ho capito, senza averle fatte mie, le condizioni in cui si è costretti a vivere, se si vuol sopravvivere, in questa vostra e, se mi consentite, anche mia città.    Qui da voi non si vive, si tira a campare. Una volta, col Papa; oggi, con chi ne ha preso il posto colà dove si puote. Voglio dire che il suo segnale è sonato alto e chiaro alle mie orecchie. Nel senso che, essendo lei, nel quadro complessivo della situazione societaria romanista, l’unico che per un verso o per l’altro non vivacchi, non debba tirare a campare aspettando la Befana, è più che giusto che abbia detto le parole che ha detto. In breve, niente mercato, perché manca il valsente; teniamoci almeno quel che già possediamo. E, in ogni caso, fornitemi le strutture, i mezzi minimi, dalla piscina alle macchine, per curare e tenere in piedi il materiale di cui dispongo. Almeno quelli!    Se non è questo un grido di dolore… Caro Spalletti, chi ha orecchi e cuore per intendere intenda. Non so, al momento, chi possa provvedere. Come non lo sa neppure lei, è vero?, altrimenti non si sarebbe rivolto alla Città e al mondo. Stia tranquillo, noi abbiamo capito. Lei, che non tira a campare e ha un avvenire serio davanti, ha parlato. Onestamente, come doveva. Per il resto, il futuro è nelle mani di Dio. O, più modestamente, a pensarci bene, in quelle della Befana.