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RIFORMA GELMINI: UN DURO COLPO AL DIRITTO ALLO STUDIO


foto d'archivio di un paese siciliano  Come noto, il diritto allo studio è considerato dalla nostra Costituzione - che ne prevede la tutela espressamente negli art.33 e 34 - uno dei diritti soggettivi fondamentali per l’emancipazione e l’inclusione sociale dei ceti meno abbienti.Per questo, i nostri padri costituenti non si limitarono a tutelare il solo accesso universale alla istruzione di base e a quella superiore; ma vollero anche garantire, attraverso il sistema delle borse di studio, a chiunque ne fosse meritevole e a prescindere dalla sua condizione sociale, anche i livelli più alti dell’istruzione universitaria. Consapevoli di ciò, le successive leggi di attuazione, fra le altre cose, si preoccuparono di mettere un tetto al pagamento delle tasse da parte degli studenti meno abbienti e, nel contempo, di definire il sistema di norme per l’accesso alla borsa di studio, individuando un equo mix di reddito familiare e media dei voti riportati dallo studente, che ha garantito, negli anni, l’allargamento delle opportunità individuali e la crescita culturale ed economica di gran parte dei cittadini italiani. Oggi questo sistema democratico è messo in crisi dal governo Berlusconi, per il quale, evidentemente, il diritto allo studio è una cosa di “sinistra” e va abolito, o perlomeno, fortemente limitato.Infatti, con l’introduzione del test d’accesso anche per le borse di studio, si istituisce un fondo gestito dal ministero dell’Economia e non più dal MIUR, al quale possono accedere gli studenti che vogliono puntare alla borsa di studio, sperando nella fortuna di essere “estratti”, quasi partecipassero ad una specie di lotteria del gratta e vinci e non alla soddisfazione di un diritto costituzionalmente garantito. A tal punto questo è vero, che per la riforma del diritto allo studio il Governo ha chiesto una semplice delega, ritenendo, evidentemente, che una materia così strategica non valesse una discussione preventiva con gli addetti ai lavori.Ciò che preme al governo, a quanto pare, non è la qualità della didattica, il rafforzamento del diritto allo studio, visto che siamo agli ultimi posti nell’OSCE per numero di laureati, e un nuovo impulso all’edilizia universitaria. Al contrario, esso punta  ad una “ideologica”luogo d’elite a cui parteciperanno, come un tempo, solo i rampolli dei ceti benestanti del paese, a prescindere dal merito, ovviamente, visto che l’intelligenza non veste necessariamente in cachemire né alberga solo fra i residenti delle ville in Costa Smeralda o nei conti off shore dei paradisi fiscali. distruzione dell’Università pubblica a favore di metodi esclusivistici e privatistici di gestione, come si evince dai tagli di bilancio previsti e dal fatto che la riforma dell’Università dovrà avvenire, come dice la Gelmini, senza “costi aggiuntivi”.  Più privato meno pubblico, meno studenti più manager: questo, in ultima istanza, l’indirizzo generale a cui tende la riforma, anche per la presenza del 40% (tetto minimo) assicurata ai privati nei C.D.A degli Atenei. Ciò vorrà dire che l’università ritornerà presto ad essere un .Giancarlo Balbina( Coordinatore e portavoce di Sinistra e Libertà di Alghero) dal sito ufficiale di Sinistra e Libertà    http://www.sinistraeliberta.it