VistidalSud

IL PREFETTO DALLA PARTE DEL BRIGANTE VILLELLA


 Il Quotidiano mercoledì 22febbraio/  IL PRFEFETTO DALLA PARTE DEL BRIGANTE VILLELLANon mollano. Insistono per farlo chiudere il “museo degli orrori” di Torino. I testimonial del Comitato, che ha sede a Milano, personalità dell’arte, della cultura, delle professioni, sono sempre più numerosi. Ma ora, la restituzione alla Calabria del cranio del brigante Giuseppe Villella (morto in carcere nel 1872) ed esposto nel museo antropologico criminale “Cesare Lombroso”, per dargli una dignitosa sepoltura, la chiedono anche comuni non sudisti: Lecco, per dirne uno. Alla delibera, con cui il comune di Motta Santa Lucia ha chiesto di poter avere quel cranio - prezioso per il medico veronese che proprio in quelle ossa asseriva di aver riscontrato la “fossetta occipitale mediana” a prova della folle teoria del delinquente per nascita - si aggiunge un particolare sostenitore della causa. Non un “brigante” dei giorni nostri, come si definiscono tra loro quelli del Comitato, che si battono per una rivisitazione della storia dell’Unità non più muta su eccidi, stragi e stupri commessi nel Mezzogiorno quand’è stato annesso, ma un prestigioso civil servant: sua eccellenza il prefetto di Catanzaro Antono Reppucci. Che, tra l’altro, non s’è limitato a convenire sulla giustezza di una richiesta che attiene il rispetto dovuto alle spoglie di una persona che vanno seppellite (si ricordi che non dare sepoltura ai cadaveri era per le antiche civiltà una maledizione e che Antigone si fa murare viva, pur di seppellire il cadavere di Polinice condannato da Creonte a pasto per i cani), ma ha preso carta e penna ed ha scritto al Ministero dell'Interno, per “sollecitare l'interessamento istituzionale affinché i resti del sig. Giuseppe Villella siano restituiti al suo comune di origine”. Nella medesima missiva, il prefetto rimarca “l'insensatezza delle teorie lombrosiane ed il danno biologico da esse causato ed ancora attualmente molto sofferto dalle popolazioni meridionali, accentuato ovviamente dall'inopinata recente riapertura del museo”. La lettera del prefetto di Catanzaro giunge dopo quella del Dipartimento del Ministero della Giustizia con cui, colpo di scena, si riconosce la violazione della normativa vigente in materia di trattamento e conservazione dei resti umani e di tutela del sentimento di pietà verso i defunti. Tra l’altro Franco Ionta, capo del Dipartimento, spiega, a proposito del legittimo trasferimento del cranio di Villella sottoposto ad autopsia da Lombroso, “che da ricerche effettuate nei nostri archivi non è possibile rinvenire atti ufficiali dai quali desumere notizie sul caso specifico”. Insomma, se non sapessimo che le bugie hanno gambe solide, come per tutte le vicende che concernono l’arretratezza del Mezzogiorno ed alcune sue pagine storiche deliberatamente manipolate, per esempio i moti di Reggio Calabria (’70-’71) su cui tarda un’analisi compiuta e l’assunzione di responsabilità dello Stato per avere deluso le aspettative di un popolo in rivolta per otto mesi e che alla fine non ha mai avuto quel che il “pacchetto Colombo” aveva promesso, si potrebbe dire che qualcosa, nella partita della restituzione dei resti umani di briganti, prostitute, anarchici e “diversi” su cui Lombroso s’è scagliato con lo scalpello, si muove. Il muro dello Stato adesso è lesionato dal suo interno. Pochi, tuttavia, i comuni meridionali che hanno condiviso le iniziative del Comitato tecnico-scientifico “No Lombroso”. E’ vero che è in arrivo la delibera di adesione del sindaco di Bari Michele Emiliano, ma tra i comuni che finora hanno deliberato l’adesione al “No Lombroso”, la maggior parte sono nordici. Anzitutto Lecco. Scrive il sindaco Virginio Brivio: “Sosteniamo pienamente le considerazioni esposte dal Ministero della Giustizia in merito al sentimento di pietas verso i defunti e l’opportunità che i resti presenti presso i musei vengano resi ad eventuali discendenti (il sindaco di Motta Santa Lucia è il pronipote di Villella) o al paese d’origine”. Dello stesso tenore, le delibere di altri comuni lombardi come Malgrate e Valmadrera. Una bella presa di coscienza in luoghi che non t’aspetteresti.