E fù Sardegna

E fù Sardegna. Capitolo Secondo


                                                                                                                                           La villa  toscana Quella storia della villa, in queste circostanze il dott. Borghiniavrebbe preferito non esistesse la balla del ricordo triste,ma sicuramente alla prossima occasione, si sarebbe divertitoa trovargli un seguito, ma sopratutto un'ennesima scusa pernon affrontare la discussione affare.L'ingegnere Brambilla Giulio, un uomo d'affari  tutto tondocon un viso insignificante, una controfigura di Denny De Vito l'attore,una persona tra le più avide e cattive di quel gruppo di amici"non amici" che davanti al dottore e la sua  onesta coerenzaspecie negli affari, diventava un agnellino. L'odiava sicuramentetantoda invidiarne la sua agiatezza economica, frutto di laboriosoed onesto lavoro sia  del padre che del dottore stesso."Quel progetto, come fa a non colpirla" esclamava l'ingegneresempre, quelle poche volte che riusciva a scambiarci parola.In realtà quel progetto altro non era che una miniera d'oroper il losco ingegnere, egli infatti con l'ausilio di un politico a luivicino, riuscì a farsi promettere  dalla regione toscana un grossofinanziamento per la costruzione di una enorme strutturasanitaria che vedeva  nel progetto  oltre alla  villa del dottore,un'altra a quella adiacente già in possesso dell'ingegnere. Bastava la semplice, secondo lui, acquisizione della seconda etutto sarebbe partito. Un mega progetto dentro un oasi di verdetoscano in  società con aziende facenti capo alla Legatio, un carrozzone politico ed economico che accomodava i figliuoliprodighi di questo o  quel partito. Villa Medicea, era la proprietàdel dottor Borghini, questa di inestimabile valore storico edarchitettonico. Era stata una delle tante residenze dei Medici.Intanto si decise di mangiare in paese. La cena, era  veramenteuna delizia,  i due restarono impietriti di fronte a quelle  buonissimepietanze isolane: ravioli di ricotta con un sugo di cinghiale.Mario si ripuliva il piatto con del  pane, come se da giorni nontoccasse cibo, ma il culmine lo toccarono mentre arrivava il secondodi maiale. Su "porcheddu" arrosto, finendo quelle portate conuno strano fagotto di pasta cotta al forno con dentro unostrato di strutto e carne di agnello. Era " Sa Panada"una specialità esclusiva di quel posto talmente buona  chealtri paesi del circondario tendevano ad imitare ma con irrilevantesuccesso. Il tutto accompagnato da  un vino speciale della casaun misto di sapori profumi e fragranze,  un rosso  che piacquemolto al dottore, lui grande cultore del vino.<<... e te Mario non volevi restare..., meno male che non ti domai retta..>>disse  sorridendo con aria da  sfottò rivolto  ad un Mariosazio e sfamatoe anche un po' brillo, visti i gradi di quel  vino Sardo.Egli in realtà non aveva un rapporto  molto confidenziale neiconfronti di Bacco, non quanto il dottore.Iniziava infatti ad alzare la voce senza nemmeno accorgersenedestando l'attenzione degli altri clienti dei tavoli vicini.Dopo mangiato decisero di ripartire per la costa ringraziandoper la cena i gestori del locale per la loro ospitalità  e portandosicon loro  un  sacchetto pieno di quella strana specialità Oschireseche era " Sa Panada".  Sacchetto che pian piano, chilometro dopo  chilometro, si svuotava.IL loro capo si voltava, ora da una parte ora dall'altra dellacarregiata, distratti dalla flora di quei posti, esposta come inuna grande vetrina ai due lati della strada che da Oschiriportava alla costa. Una composizione ricca e coloratacaratterizzata da inervalli di sugheretti e piante di corbezzoloscanditi da  innumerevoli  greggi al pascolo, mentre il soleorma giocava a nascondersi dietro le cime della vicina catena delLimbara.<< ...quante, quante pecore.......>>Esclamava Mario con la bocca piena di panadas.......... continua...