Presenza inquietante

post n.55


I cacciatori e le fateChissà se curiosando nei blog vi è mai capitato di leggere un post che vi sarebbe piaciuto aver scritto, perché contiene un qualcosa che sentite vostro. A me è successo e quello che ho rub… ehm! preso in prestito dal blog "Tra parentesi" di Papermoon68 col suo permesso, ritengo in assoluto essere un piccolo grande capolavoro (vi sfido a segnalarmi un post più bello in tutta la community!)C'era una volta un mondo abitato da cacciatori e da fate. Non solo bianchi e non solo neri, non solo maschi e non solo femmine, insomma nessuna distinzione tra loro se non quella di essere cacciatori o di essere fate. Alla nascita nessuno avrebbe potuto dire se apparteneva alla prima o alla seconda categoria poiché non c’era alcun segno che potesse differenziarle; né l’aspetto, né la condizione di vita e nemmeno l’intelligenza, che pur variavano in modo così disomogeneo in quel mondo, dimostravano che un essere fosse cacciatore o fata. Era la Natura a deciderlo. E quando e come più piaceva a lei.Le fate possedevano la sensibilità di rabbrividire al soffio del vento e gli occhi in grado di vedere oltre il mare; i cacciatori possedevano il coraggio di affrontare il tuono e la musica per accarezzare i sogni. Le fate cercavano uno scudo per proteggere la loro fragilità, i cacciatori cercavano una luce per rischiarare la loro solitudine. I cacciatori erano forti, le fate erano libere. Le fate si nutrivano d’amore, i cacciatori si nutrivano di… fate. Non c’era da vergognarsi o dispiacersi; non c’era altro modo di vivere, dicevano i cacciatori, e poi non era che un momento, il dolore non era poi così grande… un pezzettino di lei, della sua anima,... veniva via facilmente… nel tempo di un respiro… nell’attimo di un bacio. Sopravvivevano, sicuramente non morivano. Le fate andavano avanti, lavoravano, dormivano, sognavano, insomma tutto come prima… a parte quell’anima che avevano ceduto, che avevano venduto… che talvolta gli mancava, ma solo qualche volta, di notte, solo quando c’era tanto buio che gli occhi non potevano più vedere oltre il mare, quando faceva tanto freddo da non sentire più il vento e quando la libertà faceva paura.La Natura giocava strani scherzi ai cacciatori e alle fate, spesso faceva sospirare la sua decisione, confondeva le idee, modificava gli eventi e si divertiva nel sorprendere le sue creature ribaltando le loro convinzioni. Certo nessuno sapeva chi sarebbe stato prima che la Natura lo decidesse, ma il carattere, le modalità di vita, l’istinto portavano a darsi un’abbozzata definizione e comunque poi la prova sarebbe arrivata.Per lui la Natura aveva già deciso: cacciatore. Era il suo ruolo e lui lo sapeva, così come conosceva il suo destino di nutrirsi di fate. Quando la incontrò la vide così bella e così dolce che pur non conoscendola la avvicinò. Capì subito che non era una fata come le altre ed attribuì quella sensazione al fatto che probabilmente lei non sapeva ancora di esserlo, la sua prova ancora non era arrivata. Tutto s’illuminava se c’era lei e con lei riusciva a sentire sulla sua pelle persino il vento; per lei apriva i sogni con la sua musica e per lei sfidava il tuono. Aveva conosciuto tante fate, alcune gli avevano venduto la loro anima, ad altre invece l’aveva rubata: voleva che lei gliela donasse. Quel giorno quando le fu accanto pensò che fosse arrivato il momento: il suo viso, che gli sorrideva, si specchiava nei suoi occhi. Li socchiuse mentre avvicinava la sua bocca a cercare quelle labbra che sembravano così morbide. Sarebbe stato un attimo, solo poco dolore nel momento del distacco, almeno così gli avevano raccontato: che ne sapeva lui del dolore che provano le fate? Troppi pensieri… perché rovinarsi quel momento stupendo?! La baciò. Era quello che pensava: una dolcissima tempesta lo avvolse. Ma ad un tratto una fitta nel cuore, un dolore acuto che continuava sempre più forte. Sconvolto gridò cos’era, ma in un attimo non ebbe nemmeno più la forza di gridare perché il dolore tremendo gli toglieva il respiro. Senza più la forza di muoversi, senza più la forza di parlare, alzò gli occhi e guardandola riuscì solo a chiedersi come aveva fatto a sbagliare, mentre lei invece si stupiva del risultato della sua prima prova: "cacciatore".