romolo ricapito

La FESTA...DELLA MALDICENZA. Quando si critica, occorre fare i nomi, non sparare a zero per il gusto di...


Durante i festeggiamenti presso il foyer del Teatro Petruzzelli dei 70 anni di giornalismo di un decano della scrittura, l'assunto della celebrazione, ma anche di molti interventi, è stato: anni irripetibili quelli dal Cinquanta in poi, a livello di comunicazione e giornalismo di alto livello.L'aggettivo "splendidi" è stato più volte ripetuto, anch'esso.Il tutto mi ha ricordato un libro di Mario Capanna, inerente un altro contesto, "Formidabili Quegli anni" : il riferimento, quella volta, era il Sessantotto.Certo, anche a livello televisivo, il mezzo non è più quello di un tempo, con le trasmissioni in bianco e nero che facevano scuola, sia quelle educative che gli show del sabato sera, poi i grandi sceneggiati che avvicinavano molto del pubblico alla grande letteratura, oltre che italiana, anche straniera.A un certo punto però la discussione, secondo me, è scaduta.Un rappresentante autorevole della stampa ha denigrato uno sconosciuto autore di pezzi di critica musicale, giudicati orrendi, come esempio di cattivo giornalismo.Su tale esempio si è dilungato un po', interfacciandosi dal vivo col celebrato e i celebranti, che annuivano convinti non so se perché veramente in accordo con quanto detto o per una pura forma di educazione.Va bene tutto , ma non la denigrazione senza fare nomi anche di un solo personaggio, presente e assente, senza che si forniscano quali sono i contenuti di questa presunta cattiva critica che determina o determinerebbe esempi di cattivo giornalismo.Le critiche fanno bene: ciò che offende, però, è sparare nel mucchio.A questo punto, tutto si trasforma in gossip, anzi in maldicenza.ROMOLO RICAPITO