romolo ricapito

David Goodal, morte da suicidio assistito a 104 anni


La morte per suicidio assistito in Svizzera dello scienziato australiano David Goodal, 104 anni, sollecita delle riflessioni sul futuro di una pratica come l'eutanasia, che si va sempre più diffondendo.A usufruirne principalmente le avanguardie come intellettuali oppure ricchi "annoiati" dal prolungamento dell'esistenza.100 anni non sono poi così irraggiungibili: l'intellettuale Gillo Dorfles è morto a 107 anni, ma senza nessuna eutanasia.E così da un lato la società tramite i progressi delle cure mediche, i trapianti e la chirurgia di fatto avanzata prolunga l'esistenza, dall'altro gli esseri umani si annoiano di campare "troppo" a lungo.David Goodal ad esempio non soffriva di nulla, ma non tollerava il naturale deterioramento delle sue condizioni di vita.L'Italia è un paese di vecchi e il ricorso alle badanti soprattutto straniere si moltiplica sempre più. L'eutanasia non è una pratica accettata dai cattolici, ma la cultura della fine accelerata si fa strada, dai laici agli stessi credenti osservanti, mentre la scelta di persone come Goodal e di molti altri non suscita scalpore ma una muta comprensione e anche esibita approvazione.Il futuro potrebbe configurarsi in una diffusione sempre più capillare di questa cultura che coinvolgerà tutti i ceti sociali.Scelte estreme come queste potrebbero diventare pratiche sempre più diffuse e accettate in contrasto col "vivere sani e a lungo" da sempre desiderato ma nella pratica ostacolato da problemi oggettivi come la gestione delle anziane generazioni, sempre più sopravviventi ma per alcuni, purtroppo, ormai troppo invasivi della vita del nuclei familiari e dei parenti e affini.RR