Creato da segreteria.slmz il 24/05/2009

Il bianco e il nero

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Un discorso interessante. L'ambizione alla procreazione e alla conservazione della stirpe.

Post n°54 pubblicato il 11 Giugno 2009 da segreteria.slmz
 

Ho letto una interessante fiammata tra interlocutori, a proposito dell'osservazione che per molti anni, nel recente passato, la natalità in Italia è stata sostituita dall'immigrazione di giovani, anzichè nel sostegno e alla esortazione alle famiglie,  allora giovani, a fare figli.

1) Oggi, per quello che vedo intorno a me, c'è una certa numerosità di coppie ultra-anta, con un figlio, o di single senza figli, senza contare i matrimoni naufragati dopo il primo figlio.

In effetti, per quel che ho capito consultando le statistiche ufficiali del Bureau International du Travail, esiste nel passato un vuoto demografico, e perciò nel presente, esiste una piramide  inversa, piuttosto italiana, che destabilizza gli equilibri previdenziali. Esiste una moderata ripresa della natalità, insufficiente a riportare indici positivi.

A livello del mio Comune, di cui ho consultato l'annuario statistico, la quantità di figli attesi da donne di famiglie extracomunitarie, da 20 a 25 anni, era stimato probabile in 250, mentre nello stesso periodo, per cento donne "italiane" della stessa età, si attendevano  25 figli.

Mi piacerebbe sentir parlare i politici, ma anche la gente, di questi dati, e mi piacerebbe sentirne parlare come un problema prioritario, con la stessa passione e consapevolezza dei fatti del calcio.

Ma temo che calcio e fosforo non vadano d'accordo.

Il favor per l'immigrazione, motivato dal mantenimento di una capacità produttiva con retribuzioni compatibili con lo sviluppo nel breve periodo (alludo a profittabilità delle imprese, e loro capacità di pagare le tasse) potrebbe non essere una scelta. Ma è anche vero che alcuni potrebbero condividere l'opinione che sia immorale il comportamento di quanti, avendo incarichi di potere e responsabilità, non intervengano in modo più incisivo nella comunicazione istituzionale, e nelle regole civili e fiscali, a favore della sostenibilità economica della scelta di fare tre o più figli. Per esempio, mi sembra che per molte persone rappresenti una umiliazione quella di doversi presentare a chiedere una certificazione 'ISEE, e in seguito fare la fila per avere benefici tributari e tariffari senza i quali, a maggior ragione, non riuscirebbero a mantenere i propri figli. E senza voler dire che, anche coi benefici, questi poi vi riescano senza difficoltà.

In effetti, ancora oggi si sentono giovani donne che, per la verità trovandosi ancora più verso i trenta, che verso i quaranta, si vantano di non volere o di non avere ancora voluto figli, perchè "non se lo possono permettere". Personalmente, ci dispiace sentire queste parole, e secondo noi la società si dovrebbe preoccupare molto per queste convinzioni.  E senza pretendere d'indagare sulla qualità, stabilità e soddisfazione delle loro relazioni d'affetto con l'altra metà del cielo. La qualità delle relazioni di coppia dipendono molto dalla fiducia con cui la giovane coppia in formazione ritiene di poter riuscire a sostenere le esigenze basilari per sè e degli eventuali figli, e di poter rispettare la tradizione nei ruoli parentali di madre e padre. Lo diceva anche celentano: "chi non lavora, non fa l'amore". Per alcuni, è una verità dell'antropologia umana.

2) Per quanto riguarda la criminalità, Volevo trasmettere una mia impressione, sapendo che una sintesi è inaccettabile sul piano scientifico:  salvo i casi di delinquenza professionale, o di scarso autocontrollo degli istinti e impulsi violenti o predatori (fra le cui cause frequenti vi è la droga, alcolismo, esasperazione economica, frustrazione di ruolo, e isolamento sociale sia esogeno che endogeno), negli altri casi la tendenza a delinquere, dipende molto, per i reati contro il patrimonio, dalla speranza di impunità e nei reati contro le persone, dall'assenza di rapporto empatico verso la vittima.

Ci sarebbe molto da dire sul nostro ordinamento, che talvolta punisce con sanzioni penali dei comportamenti che, sul piano sociale, non sono affatto sentiti come così gravi.
Quelle persone, una volta condannate, toccheranno con mano le conseguenze del processo penale (che per fatti minimi sono minime) e, benchè in teoria dovrebbero esserne sollevati, resteranno in realtà delusi dal sistema giudiziario, proprio per la sproporzione, in alcuni casi, tra la minaccia, e la realtà, assai blanda, delle conseguenze, oppure, in modo speculare, in altri casi, per la sproporzione tra l'entità, minore, del fatto, e la serietà, talvolta incomprensibile, degli effetti della condanna.

E la propensione di quei condannati, in futuro, a rispettare le regole potrebbe anche diminuire (e non aumentare in seguito alla condanna), proprio perchè il loro vissuto è di essere stati assoggettati ad una regola ingiusta, perchè contraria al senso comune, e alle ragionevoli aspettative di cittadini.

A volte c'è molta differenza tra il senso del disvalore penale applicato dal giudice, e quello valutato dall'ambiente di riferimento del reo.

3) La delinquenza di chi non gode della c.d. coesione sociale è un tema sterminato, sia in sociologia, che in psicologia, che nel diritto delle scienze sociali.
Mi sembra che il dato pragmatico porti a ritenere che una società si dovrebbe probabilmente preoccupare di più di mantenere un contatto tra le principali istituzioni, e le persone che, per diverse ragioni, sono esposte al rischio di esclusione sociale (che non è solo economica, ma anche linguistica, culturale, sociale, etnica). Questo perchè l'esclusione non sempre è esogena, non sempre è subita, ma a voltre il soggetto perviene alla giustificazione razionale della sua esclusione, traendo fondamento dal senso di appartenenza a culture molto diverse, orientate da dogmi incompatibili.

Come si possa a far si che la gente non cada in una banale equiparazione tra separatezza ed esclusione, e tra esclusione e reiezione sociale, è un altro tema interessante.

Ma mi fermo qui, buona notte.

 

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