LIBERA VOCE

Post N° 34


ARTICOLO SUL "IL ROMA" SULLO SCANDALO DEL CASO LANDIERI Ancora una volta è Luca Saulino a firmare l'articolo di protesta per lo scandaloso caso di Antonio Landieri, 25 disabile ammazzato a Scampia dalla camorra, innocente che tutt'oggi agli atti viene identificato come un criminale. Il gironalista di Secondigliano, che sin dal principio si è occupato dell'omicidio raccoglie nel suo pezzo la rabbia dei familiari, sottolineando scarsa professionalità da parte delle istituzioni. Camorra, l''ultima beffaDopo la sua morte il questore  gli aveva negato il funerale pubblico. Il clima in quel tremendo inverno di quattro anni fa a Scampia, con oltre cinquanta cadaveri, era troppo teso per consentire l’esequie di Antonio Landieri, un giovane disabile ammazzato soltanto perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. I sicari fecero fuoco contro un gruppo di ragazzi che giocava a biliardino in via Labriola. Tutti riuscirono a scappare tranne Tonino che sin dalla nascita aveva difficoltà nel camminare. Due proiettili gli traforarono la schiena. Era l’ennesima vittima innocente della mattanza scoppiata nell’ambito della guerra per il controllo del mercato degli stupefacenti. Innocente per chi conosceva “’o Ti” (il suo soprannome, versione napoletanizzata della creatura di Spielberg), per i suoi familiari, per i suoi amici, ma non nell’ufficialità, frutto di rivelazioni di un informatore ascoltato dagli inquirenti che ha additato il disabile come il reggente di una piazza di spaccio. I parenti, gli amici del 29enne hanno fondato un’associazione  (Vodisca) per rimuovere il fango dalla sua memoria. Una battaglia in nome della legalità articolata in libri, concerti, mostre, un premio di poesia, un torneo di calcio, una petizione per intitolargli una strada firmata già da più di mille persone. «Oggi non abbiamo nemmeno il documento della prefettura  che attesti l’innocenza di Antonio – dice amareggiato  Rosario Esposito La Rossa, suo cugino – . E’ come se l’avessero ucciso per la seconda volta perché il 21 marzo, in occasione della Giornata Nazionale dedicata alle vittime delle mafie prevista a Napoli, non potremo ascoltare il nome di quell’angelo». L’autopsia racconta di un corpo raggiunto di rimbalzo dal piombo dei killer: «Ma quale clan affida ai colpi di rimbalzo la morte di un obbiettivo?». Un interrogativo che si perde in quattro anni di silenzio, in un processo mai celebrato, con Peppe, il fratello della vittima, il primo che l’ha soccorso mai sentito dagli investigatori, proprio come gli altri cinque ragazzi feriti in quella gelida sera macchiata dal sangue e mai risarciti. Seppellito come un boss, riesumato dopo tre anni e quattro mesi, Tonino rischia di passare come un guaglione trucidato perché esponente del “sistema”, «quello con cui – ripetono i compagni di sempre – non aveva nulla a che vedere». Rosario, che ha voluto raccontare in “Al di là della neve” (vincitore del Premio Siani 2008) la faccia più autentica del suo quartiere, non riesce a darsi pace: «E’ una vergogna. Il sogno di creare una fondazione in ricordo di Antonio per dare un futuro diverso ai ragazzi di Scampia resta un sogno. Ci hanno detto che è morto perché si sono ammazzati tra fetenti. Ci crolla il mondo addosso». Da qui l’invito alla società civile a mobilitarsi perché sul lungomare la prossima primavera riecheggi anche il nome di Antonio. «A chiunque possa aiutarci diciamo di farlo. Sarete voi il nostro giubbotto antiproiettile» conclude Rosario. Che almeno sa che le indagini sull’omicidio di Tonino sono state riaperte.