LIBERA VOCE

LEGGI RAZZIALI FASCISTE - parte 1


UNA VERGOGNA ITALIANA Con leggi razziali si indica quell'insieme di provvedimenti che vennero varati in Italia verso la fine degli anni Trenta durante il regime fascista, rivolti prevalentemente - ma non solo - alle persone di religione ebraica. Un breve sunto delle leggi antisemite Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da genitori entrambi ebrei oppure da un ebreo e da uno straniero oppure da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Sugli ebrei venne emanata una serie di leggi discriminatorie. La legislazione fascista ammise tuttavia la discussa figura dell' ebreo "arianizzato", ovvero, dell'ebreo che avesse particolari meriti militari, civili, o politici (vedi l'aver avuto particolari meriti nella storia del fascismo); agli ebrei arianizzati le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni. La legislazione antisemita comprendeva: il divieto di matrimonio tra italiani e ebrei; il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana; il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico come banche e assicurazioni di avere alla proprie dipendenze ebrei. Il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri. La revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919. Il divieto di svolgere la professione di Notaio e di Giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette libere professioni. Il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei - che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche - nelle scuole pubbliche. Il divieto per le scuole medie di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Fu inoltre disposta la crezione di scuole - a cura delle comunità ebraiche - specifiche per ragazzi ebrei. Gli insegnanti ebrei avrebbero potuto lavorare solo in quelle scuole. Infine vi fu una serie di limitazioni da cui erano esclusi i cosiddetti arianizzati: il divieto per gli ebrei di svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore di minori, essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore. Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile.  Premesse teoriche "È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo arianonordico" (La difesa della razza, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2) Il fondamento e la premessa teorica alla leggi razziali furono alcune considerazioni che miravano a stabilire l'esistenza della razza italiana e la sua appartenenza al gruppo delle così dette razze ariane. A tali considerazioni si cercò di dare un fondamento scientifico, benché quest'ultimo sia poi risultato inconsistente. Dopo l'entrata in vigore, nel 1937, del Regio Decreto Legge n. 880, che vietava il madamismo (l'acquisto di una concubina) e il matrimonio degli italiani coi «sudditi delle colonie africane», altre leggi di spiccata indole razzista vennero promulgate dal parlamento italiano.