LIBERA VOCE

RACCONTO N° 7


IL MERIDIONALISMOdi ANTONELLA COLONNA VILASIPer comprendere le vicende storiche più significative del meridione bisogna prendere in considerazione l’abolizione della feudalità nel Regno di Napoli, il 2 agosto 1806, da parte del governo di Giuseppe Bonaparte, che si era istallato a Napoli al seguito dell’esercito napoleonico.Con un colpo di spugna, l’intera giurisdizione che per secoli aveva attribuito ai baroni un potere quasi assoluto su uomini, terre e città venne cancellata. I feudatari, furono trasformati quindi in semplici proprietari dei loro possedimenti.Ciò evidenzia la posizione politicamente periferica e subalterna del Regno meridionale, rispetto alle grandi potenze dell’Europa, in tutta la fase pre-unitaria e post-unitaria.Molti braccianti ricevettero la quota di terra, ma essendo sforniti di mezzi per coltivarla e costretti a pagare un’imposta fondiaria, dovettero abbandonarla o venderla ai proprietari ricchi.La quotizzazione dei demani non si esaurisce nel decennio 1806–1815 del governo napoleonico; essa caratterizzerà la realtà rurale ed i rapporti fra contadini e proprietari per tutto il corso dell’Ottocento e ancora per buona parte del secolo scorso.Le quotizzazioni della proprietà agricola non eliminarono l’irregolare distribuzione della ricchezza e della proprietà fondiaria e l’eccessivo accentramento della terra nelle mani di poche famiglie, tanto che può essere considerata una rivoluzione passiva, cioè una trasformazione subita e non intrapresa dalle forze sociali nel Mezzogiorno.Il baronaggio, benché in decadenza, sopravvisse come forza sociale in grado di condizionare rapporti connessi alla produzione, conservando soprattutto nelle campagne modelli di relazione basati sulla cultura del vecchio mondo feudale, vale a dire prevaricazione e particolarismo.Si andava delineando uno stato amministrativo moderno in cui il centro aveva diramazioni nelle periferie.Spettava a queste nuove amministrazioni la competenza su un vasto campo di affari: dall’andamento della produzione e del commercio alle finanze, dalla leva militare alla sicurezza pubblica.Nel 1815, la monarchia borbonica, tornando al potere avallò tale struttura amministrativa. Con l’unificazione nazionale del 1860 prendeva il potere un gruppo dirigente, la cui cultura liberista e l’assoluta ignoranza delle condizioni sociali, mal si conciliava con i gravi problemi che per decenni avevano afflitto la società meridionale.L’Italia usciva dalla sua antica frammentazione interna per avviarsi all’unificazione territoriale e statale, e assurgere in tal modo al rango di nazione sovrana insieme ai grandi stati d’Europa. Da allora incominciava per tutto il meridione una nuova vita politica, dipendente da un centro posto fuori dal suo territorio, ma parte integrante di uno stato moderno sorretto da ordinamenti liberali. Tale passaggio politico produsse comunque contraccolpi negativi, spesso gravi.