LIBERA VOCE

RACCONTO N° 8


APPLAUSIdi Renata di SanoL’applauso è la musica che accompagna la bara. Finalmente hanno capito chi eri. Chi sei. Ora che hai dimostrato, tu a loro, di che cosa è capace un uomo. Ancora la folla ti applaude, non sei più solo, chiuso innocente in questo pezzo di legno scuro. Credeva di avere tutta la vita davanti, mio padre. E’ normale, quando hai quarant’anni. Tuo figlio ti chiede di andare insieme a vedere la partita del Napoli e tu dici domenica prossima. Poi guardi il cielo di marzo al tramonto e pensi che, però, si stanno allungando le giornate.Quando ti svegli la mattina trovi ancora che tua moglie sa fare il caffè più buono del mondo e perciò le dai un bacio. Non solo per questo, ma anche perché lei ti dà la forza di essere quello che sei e ti vuole bene comunque. Poi prendi l’ascensore e ancora non lo sai che è l’ultima volta. Eppure tutto è come sempre.“Passo giornate intere in mezzo alle carte fetenti, spazzatura che nessuno vuole prendere in mano. Ma io non conto niente, chi vuoi che si accorga di me?” E così sei andato in guerra a mani nude, senza meriti particolari, solo con quel coraggio che ti veniva naturale.“Quando riescono a metterti paura, tu diventi la vittima, e hanno già vinto loro.” Così dicesti, quando vennero la prima volta sotto casa. All’improvviso mi accorsi dei tuoi capelli bianchi, quel giorno, della ruga sulla fronte, e non ebbi il coraggio di gridarti in faccia la mia paura. Da allora non se n’è andata più, la paura, mi si è messa dentro con la forza, mi scorreva nelle vene insieme al sangue. Se non te ne ho parlato mai è perché mi vergognavo, come avessi in corpo una malattia contagiosa. Così alla fine l’hai insegnato pure a me, di che cosa è capace un uomo. Semplicemente vivendo. E ora che questa musica di applausi riempie la piazza apposta per te, ora che, aperto al dolore, ti porto sulla spalla, solo ora io non ho più paura, ora che la gente scandisce il tuo nome a una voce sola.Sì, è mio padre.