ROULETTEMANIA

LA MOSCA AL NASO


 Qualche settimana fa al Casinò di Campione, quasi tutto il terzo piano (dove ci sono ancora le meravigliose vecchie roulette francesi) è rimasto come bloccato, in pratica i giocatori  erano tutti intorno ad una sola roulette ma nessuno si azzardava a mettere una fiches su di un numero, forse perché sarebbe stata immediatamente sommersa da dozzine di pieni, cavalli, carré, con pezzi pesanti che un ciccione piccolotto con espressione corrucciata sbatteva sul tappeto con aria di sufficienza.IL sottoscritto, era seduto al medesimo tavolo,  già da un bel po’, e continuava imperterrito con le sue puntate, che fortunatamente non si incrociavano con quelle, perché venivano piazzate esclusivamente sulle dozzine, lontane quindi dal tappeto numerato che era appaltato in esclusiva dal bell’imbusto.I croupier, il capotavolo, l’ispettore del Comune e un paio di valletti (i camerieri nei casinò italiani si chiamano ancora così) erano esclusivamente al servizio servizievole  del “grangiocatore”, tollerandomi a malapena, viso che non disturbavo, ma se per caso avessi preso una gomitata in faccia dall’energumeno che saltellando si sbracciava su tutto il tavolo per coprire di gettoni qualsiasi spazio trovasse ancora libero, certamente mi avrebbero intimato di spostarmi per non disturbare il “signore!” che stava giocando.Tutt’intorno si sentivano sussurri e commenti “- ha appena vinto più di 70-80mila franchi !”…. “-Deve essere un Onorevole” diceva una signora, mentre una giovane ridacchiando “- o un mafioso” e il suo amico rincarava la dose “- o tutte due” … Intanto l’ometto non la finiva più di puntare, ormai sul tappeto verde le fiches traboccavano così lui lanciava con malagrazia “placche” da 5 mila annunciando sempre più ingrugnito … la serie…. gli orfani…. i croupier le acchiappavano, sorridevano e ripetevano gli annunci con tono squillante, lo Chef faceva l’ eco confermando le puntate, i valletti servivano acqua minerale e Whisky, l’ispettore comunale sorridendo scribacchiava sul suo taccuino nero, quando finalmente il “Commendatore” (così lo chiamava deferente il capotavolo) concedeva con gesto regale, se non fosse stato ridicolo, l’autorizzazione a far girare la ruota ormai quasi ferma. Trrr…. trrr…. Trtrtr… e la pallina correva contromano poi lentamente perdeva forza e scivolava verso la corona numerata si lanciava nel numero 8 (che sul tappeto era stracarico di fiches), balzava via come un grillo puntando decisamente il 17 (sepolto da montagne di gettoni insieme ai suoi cavalli) poi cominciava a rotolare irrefrenabile esitava per un attimo sullo Zero (ovviamente arci ricoperto sul tavolo) poi con uno sberleffo si spiaccicava sul numero 3 e non si muoveva più, come incollato alla casella.  Il silenzio calato sulla sala era assordante, sembrava persino che i presenti trattenessero il fiato, poi un ragazzotto gridò. “- Ma non c’è su niente!”Il vecchio capotavolo sibilò in dialetto ticinese al croupier autore del misfatto;  “- Bravu te  ghet propri na bela mira!”. Era incazzato nero, non certo per affetto nei confronti del giocatore, ma ovviamente per il fatto che ogni volta che questi “vinceva” decine di migliaia di franchi (che per la maggior parte gli venivano pagati con i suoi stessi gettoni) elargiva mance generose mai inferiori a 500 o 1000 fr.Il "commendatore" sembrava una statua di sale alla lesa maestà, mortalmente offeso, come se gli avessero apposta fatto uno sgarro, si girò e se ne andò rigido sulle gambette e senza salutare nessuno.I croupier con i rastrelli ci misero un po’ a ripulire il tavolo, intanto ognuno  diceva la sua,… io fui costretto a richiamare l’attenzione dello Chef, poiché sul tavolo erano rimaste solo le mie tre fiches rosse da venti franchi…. erano sulla prima dozzina.massimo aurelio