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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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OBIETTORI POLITICI

Post n°666 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da rteo1

OBIETTORI POLITICI

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. E’ questa la sintesi del pensiero  di Tomaso di Lampedusa espressa mediante i protagonisti della sua famosa opera “Il Gattopardo”. Ed è proprio quello che sta accadendo con la nuova legge elettorale, che i leaders dei due partiti più rappresentativi sul piano dei numeri (consensi ?) si stanno accingendo a fare, senza tener in debita considerazione la richiesta di buona parte dei cittadini di potersi riappropriare del potere di scegliere direttamente, con la preferenza, i candidati da mandare in Parlamento. Eppure per linee generali non è affatto difficile cogliere una perfetta corrispondenza tra la legge cancellata dalla Corte costituzionale (il porcellum) e quella che ci si sta apprestando a varare: sia nella prima, infatti, che in quella che dovrebbe sostituirla ci sono le soglie di sbarramento, il premio di maggioranza e le liste bloccate. Non vi è dubbio che di fronte a queste obiezioni ci possa essere qualcuno, non sempre disinteressato, in verità, disposto a dire che però tra i due modelli ci sono delle differenze che ben si rinvengono nei numeri. Sarebbe, però, come arrampicarsi sugli specchi, perché il problema di fondo rimane: la legge elettorale non è più uno strumento per garantire la rappresentanza politica dei cittadini nelle istituzioni ma soltanto un mezzo nelle mani delle segreterie dei partiti per occupare le leve del potere. E il fatto ancor più grave deriva dalla sfacciataggine di voler imporre l’idea che una tale legge sarebbe necessaria per la “governabilità”, e quindi nell’interesse generale dei cittadini, mentre in realtà si sta recidendo definitivamente il vincolo di rappresentanza morale, lasciando in piedi solo quello legale di tipo oligarchico. E’ questo, perciò, il vero problema, seppur la maggior parte dei politici  non se ne dà pena, così come ormai molti  cittadini, se si escludono quelli che una qualche reazione sembra che l’abbiano avuta o disertando le urne oppure orientando il voto verso movimenti di protesta civile. Eppure non può non esserci una via di salvezza, se non altro per salvare l’anima, come si sarebbe detto un tempo. Credo che una soluzione possa essere quella di prendere le distanze dall’azione “legale” dei partiti difendendo il proprio senso morale che regna in ciascun cittadino-elettore, per evitare di essere coinvolti nel “democraticidio” in atto. Occorre, perciò, pretendere di poter  salvaguardare la propria coscienza (che Platone chiamava anima), differenziandosi da tutti coloro che agiscono negli organismi partitici e istituzionali, riconoscendo loro soltanto una rappresentanza legale, ma non morale, dando così a questa un valore e una difesa giuridica. In altri termini bisogna  ufficializzare un modello di “registro degli obiettori politici” in cui poter iscrivere tutti quei cittadini-elettori che per fini morali, etici, desiderano pubblicamente dimostrare di non avere nulla a che fare con coloro che partoriscono idee liberticide nelle direzioni dei partiti, o che siedono senza essere scelti nelle istituzioni politiche. Con questa soluzione, seppur non si avrebbe, almeno nell’immediato, alcuna incidenza sul rapporto di rappresentanza legale e formale, perché la classe politica di questi tempi degradati si è rinchiusa nel ruolo di casta intoccabile e autocelebrativa, tuttavia si consentirebbe a coloro che ancora danno valore al senso morale di salvarsi l’anima (per chi ci crede, ovviamente). E va respinta anche l’obiezione che la coscienza in politica non esiste, perché proprio questa errata convinzione è stata la causa di tanto degrado. Va ricordato che la tragedia Greca ha consegnato ai posteri l’esempio di Antigone che preferì la condanna a morte prevista dalla legge pur di non trasgredire la legge morale che le imponeva di dare degna sepoltura a suo fratello Polinice. E anche in epoca recente l’ordinamento giuridico italiano ha conosciuto l’istituto dell’obiezione di coscienza per fini ideologici, politici e religiosi che ha consentito a molti giovani di sottrarsi alla leva obbligatoria nelle forze armate trovando impiego nei servizi sostitutivi civili (ed è storia, ormai, la condanna penale di Don Milani per apologia di reato per aver sostenuto la bontà del rifiuto dei giovani per convinzioni religiose, di fede). La risposta morale, perciò, dell’obiezione di coscienza per ragioni politiche è l’unica via di salvezza dell’anima contro la protervia dei partiti.

 
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