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IL CULTO DELLA “CLASSE DIRIGENTE”

Post n°937 pubblicato il 20 Aprile 2018 da rteo1

IL CULTO DELLA "CLASSE DIRIGENTE"

Negli ultimi anni si è propagato e propalato il culto della cosiddetta "classe dirigente" del Paese. Una sorta di "Mantra" che ha coinvolto anche, se non soprattutto (almeno nella fase più recente), i rappresentanti dei partiti di sinistra. Erano questi, infatti, ad apparire (almeno a chi scrive) più in distonia rispetto agli altri (ad es. ai conservatori) dal momento che proprio nei fondamentali della "sinistra storica" esisteva il principio della soppressione delle classi. E non solo, perché tale superamento delle classi doveva preparare la società al superamento anche dello Stato istituzione, od apparato burocratico, e oggi anche amministrativo, per affermare la regola generale dell'eguaglianza sostanziale e la vittoria sociale del proletariato, ossia della massa degli operai e dei contadini, storicamente sfruttati dai "padroni", e poi dal capitalismo. Invece è accaduto con frequenza che in TV i diversi rappresentanti dei partiti di sinistra dichiarassero di essere "classe dirigente" del Paese. Credo che si sia trattato, prima di tutto, di "ignoranza", ossia di mancata conoscenza dei fondamentali culturali, storico-politici da parte dei rappresentanti dei partiti di sinistra, i quali, per coerenza, avrebbero dovuto definirsi in tutti i modi possibili ma mai come "classe dirigente". La "cultura" di sinistra, infatti, lo impedisce, almeno a parole.  Una "vera sinistra" non avrebbe mai dovuto definirsi "classe" per conservare intatta la memoria dei numerosi "martiri" delle lotte sociali. Né, tantomeno, dirigente. Questa aggettivazione, infatti, implica una differenziazione rispetto a coloro che sono diretti, ossia i "sottoposti" (come alcuni dirigenti, con scarse nozioni classiche, a volte amano definire i propri collaboratori); il rispetto, invece, del principio di eguaglianza nella dignità tra gli esseri umani, e in particolare tra gli appartenenti alla stessa Comunità repubblicana, impone soltanto di differenziarsi in base alla competenza, al servizio. E' la competenza, perciò, in funzione del servizio in favore dell'intera Comunità, che fa la differenza. Purtroppo è finora accaduto che la selezione dei cittadini sia costantemente (tranne rare eccezioni, più per caso che volute) avvenuta secondo la logica clientelare, dei rapporti di conoscenza, amicale, familiare, e i risultati sono ormai sotto gli occhi di tutti. Nessun ordinamento o istituzione si è sottratta a tale logica. Basti osservare ciò che sta avvenendo nel mondo della politica, e ora per la formazione del nuovo governo; ma anche di coloro che sono approdati in parlamento "a loro insaputa". Gli effetti nefasti, comunque, si registrano nel settore dell'amministrazione, a cominciare dalla scuola. In questa la "dirigenza" è stata selezionata senza dare valore alla competenza e alla cultura specifica. Così è accaduto che, ad es., per "dirigere" un liceo classico, è stato incaricato un "dirigente" con una laurea in economia e commercio, anziché in lettere classiche; oppure, per "dirigere" un istituto scientifico è stato scelto un "dirigente" con una laurea in giurisprudenza, anziché in matematica e fisica. Così per "dirigere" un ospedale sono stati scelti i "manager" a prescindere dalla loro capacità di distinguere un raffreddore dalla broncopolmomite acuta. Aristotele ha raccontato che anche i Greci dovettero affrontare e risolvere i nostri stessi problemi, quando si resero conto che la nomina degli "strateghi" doveva avvenire tra coloro che erano abili nelle cose di guerra, per evitare disfatte sui campi di battaglia; così come il timone delle navi dovesse essere affidato agli esperti naviganti. E' forse giunta l'ora anche per il nostro Paese di riscoprire e valorizzare la cultura di base e la competenza dei cittadini per l'affidamento degli incarichi abbandonando definitivamente il culto della "classe dirigente" che tanti disastri ha finora provocato nell'organizzazione sociale e politica dello Stato italiano.

 
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