Servitori del Popolo

IL NUOVO CHE VA INDIETRO


IL NUOVO CHE VA INDIETROCredo che si stenterà a crederlo, ma il “nuovo che avanza in realtà va decisamente indietro”. E’ forse ignoranza storico-politica, oppure si tratta, in buona fede, dell’errata convinzione di essere originali, non sapendo che, invece, si sta esprimendo soltanto un’idea datata, già esposta in altra fase storica, e che fu anche bocciata, per cui riproporla, oggi, può solo significare che si è chiuso ormai un ciclo politico-istituzionale, per cui ciò che non andava bene all’origine della Repubblica ora invece può essere ritenuto come utile e necessario perché sono cambiate le sensibilità del quadro democratico italiano e che le forze politiche stanno forzando la mano per portare il sistema verso la “governabilità” ad ogni costo, anche annullando il principio della rappresentanza generale dei cittadini. L’idea “antiquata”, cui faccio riferimento, è quella che riguarda la riforma del Senato della Repubblica per superare il bicameralismo paritario. Va subito detto, a scanso di equivoci, che è fuori da qualunque dubbio la necessità di superare l’inutile “bicameralismo”, ma riformarlo, come s’intende fare, con una “novità antica” è il massimo del controsenso e non affronta alla radice il problema dell’unità della volontà generale del Popolo, che si esprime senza alcuna differenziazione (una testa un voto, e tutti all’unisono, in una sola chiamata alle urne, per scegliere gli stessi candidati). Al fine di far valutare ai cittadini quanto sia “innovativa” (al negativo, ovviamente), la proposta concordata tra il Governo e una parte delle forze politiche, senza curarsi delle legittime aspettativa del corpo elettorale (fatta eccezione, ovviamente, di quegli elettori acritici irreggimentati tra le fila dei partiti), e ora all’esame delle commissioni parlamentari, si reputa utile riportare la proposta formulata dall’on.le Ambrosini, componente della seconda sottocommissione dell’Assemblea Costituente “per l’organizzazione costituzione dello Stato”, riportata dal Resoconto sommario della seduta di sabato 7 settembre 1946: <Per il caso che fosse decisa, in via di massima, la costituzione di un Senato, dando una rappresentanza agli interessi territoriali, egli ha prospettato la possibilità che, oltre agli interessi regionali come tali, abbiano una rappresentanza gli interessi territoriali dei comuni e delle provincie, (ove queste vengano mantenute). A costituire questa rappresentanza si potrebbe pervenire con una elezione di secondo grado. Lo stesso sarebbe forse per la rappresentanza regionale. Comunque, la rappresentanza degli interessi territoriali dei comuni e delle provincie potrebbe avvenire attraverso un collegio provinciale composto su per giù a questo modo: dai deputati della provincia, dai consiglieri provinciali e dai deputati provinciali, dai membri elettivi in carica della Giunta Provinciale Amministrativa o dall’organo che le venisse sostituito, dai componenti del Consiglio provinciale scolastico, della Commissione provinciale di assistenza e beneficenza, ed infine, per quanto si riferisce ai comuni, dai sindaci e dai delegati dei consigli comunali, secondo una certa proporzione>. Come ben si rileva da quanto precede, l’elezione di secondo grado, che espropria i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti è un vizio mai debellato dal mondo della politica. Il problema, però, è un altro: la seconda Camera parlamentare. Questa, infatti, non è mai espressione della democrazia naturale, e quando viene costituita rappresenta sempre gli Stati (solitamente quelli federati) e mai i cittadini. L’unico rimedio, che in parte attenua il difetto di rappresentanza, deriva dalla possibilità di elezione diretta da parte dei cittadini dei rappresentanti degli Stati (come è avvenuto negli USA, ove i due rappresentanti per ciascuno Stato sono ora elettivi e non più espressione dei governi). Una soluzione, quindi, che volesse recuperare lo spirito democratico della Repubblica italiana dovrebbe abolire il Senato prevedendo un Parlamento con una sola Camera elettiva e, per quanto concerne le autonomia territoriali, al massimo si potrà costituire una “Camera delle autonomie” (e non “Senato”), ma dovrà essere elettiva con competenze finalizzate.