Servitori del Popolo

IL REGIME OLIGARCHICO


IL REGIME OLIGARCHICO Dall’osservanza delle istituzioni si può verificare quanto il fenomeno “familistico” sia penetrato nel sistema. In una organizzazione nella quale siano presenti nelle sue ramificazioni lavoratori dipendenti tra di loro collegati da vincoli parentali o amicali o  “paesani” tali vincoli costituiscono la carta d'indentità e se ne deve senz’altro trarre la conclusione che quella istituzione più che i fini generali (che pure può perseguire, più o meno intenzionalmente, o anche accidentalmente) segue prim’ancora, e comunque, anche la logica “occupazionale” e di perpetuazione del potere di condizionamento familiare nel contesto sociale e politico. E’ sufficiente, a questo scopo, prendere in esame una qualsiasi amministrazione pubblica (ad. esempio un apparato ministeriale, o anche di un ente locale, come quello comunale o regionale, o  di una società controllata o partecipata dal Comune o dalla Regione) per rendersi conto di quanto la famiglia sia penetrata nell’istituzione e da quante generazioni vi ristagna passando da padre in figlio il “contratto di lavoro” (quando non sono contestualmente in servizio, come anche a volte accade). Non vi è dubbio che questa situazione sia stata una tipica espressione dell’organizzazione politica nell’antichità (nella Grecia classica i Pisistratidi e gli Alcmeonidi, da cui discendevano Clistene e Pericle, si contendevano  la gestione dello Stato, così come avvenne anche nella Roma imperiale tra le gentes dei Fabi, dei Claudi, dei Valeri, e, per gli Ebrei, la stirpe di Davide, ecc.), ma non si può negare che da allora sia ormai trascorso qualche millennio e che, perciò, oggi si sarebbe dovuto riscontrare qualche cambiamento sostanziale e formale nell’organizzazione pubblica, soprattutto perché gli Stati moderni si affannano ad affermare di essere diventati civili e democratici. Purtroppo, a quanto pare, “l’uomo cambia il pelo ma non il vizio”, per cui in ogni tempo  e sotto qualsiasi longitudine e latitudine l’uomo rimane sempre tale, con tutti i suoi vizi e con le poche virtù, e la logica “machiavellica” degli ultimi secoli ne ha forgiato definitivamente  il pensiero e l’azione. Per questo si assiste ancora alle palesi incongruenze delle norme legislative, che sotto l’aspetto formale affermano la volontà generale dei cittadini ma nella sostanza tutelano  prevalentemente i pochi in danno dei molti, in evidente violazione dei cardini della vita democratica, che non sono mai osservati nella vita reale: è sufficiente analizzare, tra le tante, le leggi elettorali che nel corso della vigente Costituzione (dal 1948 ad oggi) sono state ripetutamente modificate e sempre nell’interesse oligarchico dei partiti, che hanno limitato o escluso la rappresentanza parlamentare di “parti della società” (spesso coincidenti con quelle emarginate, ossia i meno abbienti), e ora si sta tentando perfino di affermare e legalizzare il “regime oligarchico” attribuendo a pochi (al partito che otterrà il maggior numero di voti, a prescindere da quanti sia stati i voti ottenuti rispetto alla totalità dei cittadini aventi il diritto di voto, che già, peraltro, non coincidono con la totalità dei cittadini, essendo esclusi i minori e gli interdetti) la maggioranza dei seggi in parlamento per poter approvare leggi ad uso e consumo degli interessi del potere esecutivo, che nei tempi attuali è nelle mani del segretario del partito di maggioranza relativa, assistito da alcuni segretari di partiti marginali che ricevono alti dividenti politici rispetto al loro peso elettorale. A quanto pare non c’è alcun rimedio per arrestare la “ciclicità” delle Costituzioni, intuita da Polibio, ma descritta anche da Aristotele nel suo saggio sulle Costituzioni degli ateniesi, né si potrà cambiare la natura degli esseri umani, finché questi non vinceranno contro le esigenze della “pancia” elevando il proprio pensiero verso orizzonti universali in cui si colloca il Destino degli esseri umani.