Servitori del Popolo

I VIZI PRIVATI NELLA REPUBBLICA


I VIZI PRIVATI NELLA REPUBBLICA Per dirla secondo gli schemi dei massimi filosofi della Grecia classica, le comunità umane si organizzano in due modi puri, e in uno misto. I primi due sono alternativi ed estremi: la comunione di tutti i beni e di tutti i simulacri, civili e religiosi; oppure, l’individualismo, ognuno per sé, e i beni sono esclusivi di ogni singolo essere umano. Tra queste due forme aggregative c’è quella “mista”, ossia quella intermedia che mette insieme un po’ dell’aggregazione comunitaria e un po’ di quella individuale. Trattasi, però, di modelli  che potremmo definire “politici”, ossia conseguenza delle “convenzioni sociali”. Come, per intendersi, avviene per il governo delle comunità, che si affida ad un monarca oppure alla democrazia, con la forma mista (che include il ruolo dell’oligarchia, cioè dei pochi). Le esperienze storiche che si sono manifestate nei suddetti due modelli antitetici sono quello della polis greca e quello della civitas romana: la prima, intesa come un tutt’uno, un unico organismo comunità-Stato, dove ogni cittadino era, al tempo stesso, governante e governato; la seconda, un insieme di singoli cittadini (cives Romani), che tutti tra di loro collegati come una rete formavano la civitas, ma questa e le sue istituzioni restavano distinte dai suoi singoli cittadini che le componevano. La cultura dei tempi moderni, e in particolare quella occidentale, ha assimilato le predette due forme organizzative e ha elaborato quella mista per il governo degli Stati. Il limite di questa forma, però, sta nel fatto che è incerto il confine tra la parte che deve essere in “comune” e quella che deve essere “privata”, individuale, per cui nel tempo le forze sociali e politiche che animano la vita degli aggregati umani spingono il confine da una parte o dall’altra, in un eterno ciclo conflittuale. E’ probabile che questo sia diventato strutturale, ossia di sistema, tuttavia, alla luce dell’esperienza finora acquisita bisognerebbe tentare di trovare una “giusta via di mezzo” secondo i criteri aristotelici. Per avere un’idea di quale possa essere la soluzione “ideale” per il sistema bisogna necessariamente rifarsi ad un parametro esterno, oggettivo e meno opinabile, per cui occorre risalire all’origine. Il modello non può che essere quello naturale, ossia quello che si fonda sul mero istinto per la sopravvivenza, privo di qualsiasi intervento della “ragione”, da cui sono poi scaturite le regole organizzative, fino alle odierne “leggi”. Nel mondo animale si rileva che tutte le specie stanno in gruppo, e si organizzano in comunità: le specie più conosciute sono  certamente quelle delle formiche e delle api, le quali sia nel formicaio che nell’alveare organizzano la loro casa ma anche la propria azienda produttiva e creano e insediano le istituzioni di governo. In questi ordinamenti, al tempo stesso sociali, produttivi e politici, ogni singolo componente svolge il proprio ruolo, e ciò che li differenzia è la funzione, che viene esercitata con spirito di partecipazione, motivazione, vocazione, per il fine collettivo della sopravvivenza della specie (risulta, infatti, che sacrificano anche la propria vita per il bene comune). Non esiste il “privato” né il “pubblico” ma tutto è di tutti e tutti sono tutto. Anche la “regina delle api”, che esercita il ruolo di governo e rappresenta “l’unità dell’alveare” (che è uno e indivisibile) assolve al proprio ruolo così come le api operaie e quelle soldato assolvono ai propri. La “monarchia” dell’alveare, quindi, è funzionale e non gerarchica né piramidale ma orizzontale, e la “guida” al femminile (come avveniva nel mondo delle amazzoni, le cosiddette sauromatidi) rende evidente che la natura non corrompe le regole, come la politica, che finora, in Italia, non ha ancora designato una donna al vertice dello Stato. Ne deriva, da quanto precede, che in natura, in ogni specie che si aggrega, “tutti sono tutto” e che “tutto è di tutti”. L’anomalia, perciò, degli aggregati umani deriva dalle regole della politica che legittimano i pochi ad avere tutto e i molti a non avere nulla (o poco). E la stessa politica consente di invadere il pubblico con i vizi privati, a loro volta generati dal pubblico, secondo un circolo chiuso, perché l’unica motivazione indotta nei cittadini è quella di accaparrare risorse, titoli e privilegi senza alcun rispetto per la Repubblica.