Servitori del Popolo

SENATO SI, SENATO NO


SENATO SI, SENATO NOPreciso subito che non intendo prendere parte al derby referendario. Le tifoserie di entrambi gli schieramenti stanno adoperando tutti i mezzi, e anche i mezzucci, pur di raggiungere il proprio scopo elettorale. Bisogna però fare chiarezza su un punto importante, che la Riforma costituzionale ha offerto come occasione di riflessione: il Senato della Repubblica. Ebbene si, il Senato, al di là degli effetti, ossia del bicameralismo paritario o differenziato. Dopo aver atteso invano di sentire qualche divulgatore o esperto della "Riforma Costituzionale" mi sono reso conto che tutti (nessuno escluso) hanno eluso il problema fondamentale, cioè spiegare quale sia il ruolo del Senato in una Costituzione dello Stato. E allora, poiché lo ritengo necessario, anche come bagaglio culturale dei cittadini, ma anche di molti politici improvvisati, cercherò, seppur sinteticamente, di dare un mio modesto contributo. Per farlo, però, mi appellerò, prima di tutto, all'ausilio di Aristotele. Questi, a differenza dei moderni politici e giuristi, che hanno elaborato le definizioni più disparate e spesso evanescenti (la legge fondamentale dello Stato, la legge delle leggi, senza dire della fantasiosa "Costituzione più bella del mondo"), definiva così la Costituzione: «è l'ordinamento delle varie magistrature d'uno Stato e specialmente di quella che è sovrana suprema in tutto». Non vi è dubbio che le Costituzioni del secondo dopoguerra abbiano assunto una diversa "fisionomia", ma questa attiene soprattutto alla necessità di introdurre nella Costituzione  le libertà e i diritti fondamentali (e i doveri) dei cittadini (come la Prima Parte della Costituzione italiana) per difenderli dagli abusi del potere di governo. Per tutto il resto, invece, la Costituzione rimane tuttora lo strumento per prevedere quali debbano essere le cariche dello Stato e come debbono essere conferite. Ed è proprio qui che s'innesta il Senato della Repubblica. È  facile comprendere che prevederlo oppure no tra gli organi dello Stato fa differenza. Per poter stabilire, però, se esso sia o meno necessario alla democrazia bisogna, anzitutto, conoscerlo meglio. Il termine Senato deriva da senex, che significa vecchio (per cui ci si riferisce agli anziani o padri); infatti, i membri erano inizialmente gli anziani del popolo romano che costituivano il consiglio degli anziani, che aveva funzioni consultive (poi anche esecutive, legislative e giudiziarie). Secondo la tradizione, il Senato fu costituito da Romolo, ed era composto da 100 membri scelti tra i Patrizi; successivamente Tarquinio Prisco aggiunse altri 100 senatori, che in seguito divennero 300, tutti nominati dal rex. Con Silla, poi, il Senato raggiunse i 600 membri e con Cesare 900, per poi essere nuovamente ridotto a 600 da Augusto. Nel tempo ai patrizi (patres) si aggiunsero, poi, anche i plebei diventati ricchi o perché erano entrati a far parte delle magistrature (conscripti, cioè "iscritti"); la carica era vitalizia. Nel periodo successivo il Senato fu soppresso dagli ordinamenti medioevali. Esso "riappare" con lo Statuto Albertino, ma era di nomina Regia e la carica era a vita (ma senza alcuna indennità). Il Senato, unitamente al Re, e alla Camera dei Deputati esercitava la funzione legislativa. È questa, perciò, a cui oggi occorre fare riferimento per decidere: Senato Si, Senato No. Costantino Mortati (Costituzionalista di altri tempi) nell'Assemblea Costituente spiegò così (all'incirca) le ragioni di avere o meno una seconda Camera: è necessaria quando bisogna integrare la volontà del Popolo; quando, cioè, non c'è omogeneità sociale. In questi casi, ferma restando l'elezione diretta del popolo, bisogna garantire la rappresentanza politica nell'organo legislativo anche alle diverse categorie sociali. Nasce così la seconda Camera, per far partecipare le varie categorie (o le Istituzioni territoriali, come nella Riforma) nella formazione delle leggi. In verità, quando vi è omogeneità del Popolo (e comunque quando si ha il fine politico di renderlo tale, ossia unito) l'Assemblea deve essere monocamerale, perché la legge deve essere generale, ossia valida ed efficace per tutti i cittadini (e per le istituzioni), e non speciale né settoriale. Costituisce, pertanto, un'anomalia anche la partecipazione degli Enti territoriali, come seconda Camera (il Senato della Repubblica previsto dalla "Riforma") perché la titolarità della funzione legislativa generale, ossia il potere di fare le leggi valide per tutti, in democrazia (senza interferenze delle oligarchie) può essere riservata soltanto ai cittadini-elettori (Popolo), e, per essi, ai loro diretti rappresentanti. E a chi volesse richiamare la Costituzione Francese va detto che questa (anch'essa del dopoguerra), comunque, prevede in Costituzione l'elezione "Indiretta" e il Senato "rappresenta le collettività territoriali" (che sono altra cosa rispetto agli enti). Ripartire la funzione legislativa, pertanto, anche tra cittadini e enti territoriali significa incidere sulla forma democratica del governo perché in questo modo la legge non è l'espressione della sola volontà generale del Popolo ma sarà anche l'espressione degli enti istituzionali, i quali, da "creazioni giuridiche" e artificiali diventano soggetti politici alla stregua dei cittadini- elettori (del Popolo). Il "Senato Si, o il Senato No" si pone, quindi, in diretto collegamento con l'esercizio della funzione legislativa e le domande alle quali rispondere sono le seguenti: la legge generale, ossia valida per tutti (anche per le istituzioni territoriali), deve essere soltanto l'espressione della volontà generale dei cittadini da parte della Camera che direttamente li rappresenta ? la democrazia italiana ha bisogno di differenziare la Camera dei cittadini con una seconda Camera, ossia quella degli Enti territoriali ?