Servitori del Popolo

SOCRATE NON HA PAURA DELLA MORTE


SOCRATE NON HA PAURA DELLA MORTETratto dall'opera Fedone, di Platone. Socrate, sulla constatazione che «Tutti...considerano la morte fra i grandi mali», illustra a Simmia e Cebete perché lui ha una diversa idea al riguardo:« Dunque che altro pensiamo che sia la morte se non una separazione dell'anima dal corpo ? E che il morire sia questo, da un lato un separarsi dal corpo dell'anima, per starsene il corpo da sé, dall'altro un distaccarsi dell'anima dal corpo per starsene a sua volta da sola ?[...] finché abbiamo il corpo e la nostra anima è intrisa di cotesto male, mai riusciremo a raggiungere pienamente quello cui aspiriamo e che diciamo essere la verità. Infiniti sono gli ostacoli che ci crea il corpo a causa del necessario sostentamento. [...] Esso poi ci riempie di amori, di passioni, di paure, di immaginazioni le più disparate e di ogni sorta di futilità [...] Null'altro, infatti, ci procurano il corpo e i suoi desideri se non guerre, rivolte, battaglie. Tutte le guerre avvengono per l'acquisto di ricchezze; e le ricchezze dobbiamo necessariamente procurarcele per il corpo, schiavi dei suoi bisogni. [...] Per colpa sua, non è possibile scorgere la verità. [...] Se vogliamo conoscere qualcosa nella sua purezza, dobbiamo distaccarci completamente da lui e guardare con l'anima da sola le cose nella propria essenza. Soltanto allora, come pare, ci sarà dato di raggiungere quello che desideriamo..., ma da morti... non finché viviamo. [...] Soltanto allora infatti l'anima si troverà sola per se stessa separata dal corpo, ma non prima». Afferma, inoltre, che «i vivi non possono trarre origine da alcuna altra provenienza, se non dai morti» e che questo è comune a tutte le specie viventi: «non considerare la cosa solo rispetto agli uomini... ma anche rispetto a tutti gli animali e alle piante, e insomma, su tutti gli esseri che hanno una nascita» perché «tutti gli esseri che hanno il loro contrario...[traggono] origine da...  il loro contrario».Nella "Apologia di Socrate", invece, si riporta quanto Socrate disse durante il processo: "La morte...è una di queste due cose: o è come non essere nulla e il morto non ha alcuna consapevolezza, oppure, secondo quel che si dice, la morte è un cambiamento e, per così dire, una migrazione dell'anima da questa sede, quaggiù, verso un altro luogo. Ora, se la morte non è avere alcuna coscienza, ma è come un sonno, quando uno, dormendo, non vede più nemmeno un sogno, la morte può essere un meraviglioso guadagno;[...] Se poi la morte è come un emigrare di qui verso un'altra sede, ed è vero quel che si dice, che là si incontrano tutti i morti, quale bene può esservi più grande di questo, o giudici ? Che se uno, giunto nell'Ade, liberatosi ormai dai sedicenti giudici di qui, troverà laggiù i veri giudici, quelli che anche là, come si dice, si occupano di giudicare, quali Minosse, Radamanti, Eaco, Trittolemo e quanti altri semidei furono giusti nella loro vita, come potrebbe essere tale trasmigrazione disprezzabile ? E a qual prezzo non accetterebbe ognuno di voi di stare insieme a Orfeo, a Museo, a Esiodo ed Omero ? Io desidero morire più e più volte, se questa è la verità. Meraviglioso infatti, sarebbe per me il soggiorno laggiù, quando mi incontrassi con Palamede, con Aiace Telamonio e con qualunque altro degli antichi eroi che vennero a morte per un giudizio ingiusto e confrontare i casi a me occorsi ai loro; [...] E qual prezzo, uno di voi, giudici, accetterebbe di versare per conoscere colui che condusse a Troia la grande spedizione, o Odisseo, o Sisifo, o gli altri innumerevoli uomini e donne che si potrebbero nominare, e dialogare con loro, convivere e interrogarli, laggiù, non sarebbe il colmo della felicità ? Certamente quelli di laggiù non mandano a morte nessuno, infatti, sotto ogni aspetto, sono assai più felici di quelli di qua, e ormai, per tutto il resto del tempo sono immortali, se è vero quel che si dice".