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IL TETTO AGLI STIPENDI PUBBLICI

Post n°969 pubblicato il 04 Febbraio 2019 da rteo1

IL TETTO AGLI STIPENDI PUBBLICI

Una domanda, sinora rimasta priva di risposta seria, onesta e corretta, è stata quella di stabilire quale sia la giusta retribuzione da corrispondere a un dirigente pubblico, o a un funzionario o dipendente dello Stato, in genere. La "giungla" retributiva del pubblico impiego - in cui vanno inclusi anche, e soprattutto, i dipendenti delle due Camere legislative - è come la foresta amazzonica: impenetrabile! Eppure qualsiasi opera di moralizzazione in ordine all'equa distribuzione delle risorse tra i cittadini deve necessariamente iniziare da quel mondo, che ancora resiste abbarbicato sui suoi privilegi. Nelle passate legislature i diversi governi, pressati e sospinti dall'opinione pubblica, hanno fissato il tetto massimo degli stipendi pubblici in euro 294.000., che corrisponde a quello del primo presidente della Corte di Cassazione, ma anche di euro 240.000, che è l'appannaggio riconosciuto al Presidente della Repubblica (il quale gode anche del privilegio dell'alloggio al Quirinale, della tenuta di Castel Porziano e della villa Roserbery a Napoli). Questi tetti, però, sono sempre stati derogati, con la giustificazione che per alcuni ruoli occorre tenere conto delle regole di mercato. Al di là del fatto che sia molto discutibile questa giustificazione, di certo lo è ancor più il criterio che è stato adottato. In altri termini, non si è mai pubblicamente stabilito a quante volte il minimo sociale deve corrispondere la massima retribuzione da riconoscere per un impiego o una funzione pubblica. Ammesso che, secondo i dati dell'Inps, il minimo vitale dovrebbe essere di euro 780 mensili, la domanda che attende una risposta è: per quante volte deve essere moltiplicato tale minimo affinché sia giusta le retribuzione (o l'indennità) pubblica ? Per fare due conti: prendendo a riferimento la retribuzione di 290.000 euro ne deriva che il rapporto col minimo vitale è di circa 28 volte. Questo vuol dire che se un operaio per vivere (dignitosamente ?) deve percepire almeno 780 euro mensili un alto dirigente pubblico ne deve avere circa 23.000. Non escludo che di fronte a questi dati ci possa essere anche chi sia convinto che occorrerebbe perfino aumentare tale divario, ma è probabile anche che ci sia chi sia di avviso contrario. E questa probabile divergenza di opinione e di valutazione del "giusto" sta certamente ad indicare quanto sia ormai consolidata l'idea che la diseguaglianza sociale sia giusta. E cioè che sia giusto dare di più a chi ha "maggiori responsabilità" (anche se non svolga un ruolo produttivo, in senso stretto) rispetto a chi non ne ha (anche se poi costituisce la parte produttiva del paese, come ad es. gli agricoltori). Ma ammesso - e non concesso - che sia pur "giusto" (solo politicamente, ovviamente) remunerare di più chi ha "alte responsabilità pubbliche" è altrettanto "giusto" (socialmente, ed eticamente) attribuire una somma pari a 28 volte il minimo ? Prima di dare una risposta bisogna chiedersi se una Comunità sia un organismo costituito occasionalmente da tanti individui isolati oppure se sia un'unica entità, politica, economica e morale che persegua gli stessi fini. Nel primo caso, ben si può certamente lasciare alla libera contrattazione dei singolo, come nel calcio mercato) la giusta remunerazione; nel secondo caso, invece, il vincolo comunitario lo impedisce perché deve sempre prevalere il bene di tutti, quello detto "Comune". La "responsabilità", perciò, di chi assuma cariche pubbliche o politiche equivale al ruolo del cittadino impegnato a produrre beni e servizi in favore della Comunità. Anzi, in verità è questa seconda attività ad essere maggiormente essenziale, e meno la prima. E non è neppure vero che chi ha le competenze per assumere "alte funzioni pubbliche" sarebbe altrettanto capace di svolgere quelle meno alte, come ad esempio fare l'agricoltore o il minatore, ma anche il militare, dove occorrono anche idoneità psicofisiche, doni della natura. Ecco, allora, perché, è necessario mettere all'ordine del giorno il problema del "tetto" agli stipendi pubblici, anche perché il peso del debito sovrano non può più gravare sulle sole classi meno abbienti. E occorrerà estirpare anche tutte quelle prebende, come le indennità e i premi variopinti, che gonfiano ulteriormente, a dismisura, le buste paghe mensili, facendo diventare lo stipendio una parte residuale delle retribuzioni. È possibile invertire la rotta ? Certamente si, basta volerlo; e anche perché altrimenti si dissolve la Comunità.

 
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Commenti al Post:
Quivisunusdepopulo
Quivisunusdepopulo il 04/02/19 alle 19:49 via WEB
Caro amico buonasera, hai certamente ragione nel denunciare tali iniquità, ma la soluzione più semplice per ottenere un minimo di equità non può essere solo quella di determinare il valore comparativo delle tante attività svolte in favore della collettività, ma anche quella di stabilire la giusta misura di contribuzione di ciascuno alla più equa ed armonica vita della comunità. Con cordialità.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 04/02/19 alle 21:00 via WEB
Caro Amico buona sera. Io non sono affezionato alle mie soluzioni. Se la tua o altra ancora, possa portare maggiore equità che sia benvenuta. La mia esigenza motale è di vedere una Comunità che non sia matrigna (o patrigno, per par condicio). I cittadini hanno tutti la stessa dignità. E se pure ci fosse, come sembra, una buona parte convinta che la dignità è differente a seconda del ruolo sociale e istituzionale, allora mi basterebbe che venisse garantito a ciascuno almeno un minimo di dignità. Ovviamente da tutelare mediante congrue risorse economiche.
(Rispondi)
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