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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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IL PRESIDENZIALISMO DEMOCRATICO

Post n°1071 pubblicato il 13 Marzo 2023 da rteo1

IL PRESIDENZIALISMO DEMOCRATICO

In Italia da anni si parla di "presidenzialismo", così come di altre riforme costituzionali, come ad esempio quella della separazione delle carriere (o dell'Ordine) tra la magistratura inquirente e la giudicante. Questa legislatura sembra essere "politicamente buona" per introdurre nella Costituzione italiana il (semi)presidenzialismo (alla francese) perché il governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene l'hanno posto come punto fondamentale del programma elettorale e hanno confermato nelle sedute ufficiali che intendono approvarlo. Anche senza il contributo delle forze politiche di opposizione, se dovesse rendersi inevitabile. Comunque vada, è tuttavia opportuno (o necessario) che l'eventuale approvazione della legge di riforma sia sottoposta al vaglio referendario, sperando che non si concretizzi la disposizione del co.3 dell'art.138 della Costituzione: "Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti". Va detto, per "onestà intellettuale", che nessuna Costituzione dura in eterno, così come neppure la democrazia ateniese durò oltre i due secoli, con fasi alterne, tra cui anche un periodo dittatoriale. E di questo era ben cosapevole Solone il quale, incaricato dagli ateniesi di dare loro una Costituzione e delle leggi per superare le frequenti guerre civili, le approvò e ne fissò la durata in cento anni, e per evitare condizionamenti e "pressioni" sociali si allontanò dalla polis per una decina di anni. Anche a Polibio era ben nota la "ciclicità" delle Costituzioni, il quale l'associava al ciclo della natura, così come Gaetano Filangieri era convinto anche della ciclicità della legislazione. Niente di nuovo, perciò, se oggi si stia parlando di riformare in senso "presidenziale" la Repubblica italiana. D'altronde ciò è previsto anche dalla vigente Costituzione, che all'art.138, innanzi richiamato, lo consente (con la doppia approvazione), e ne è prova il fatto che, fino ad oggi, sono state già approvate molte modifiche della Carta (tra le più incisive vi è certamente la riforma del Titolo V sulle autonomie delle Regioni, su c.d. "giusto processo" e la recente riduzione del numero dei parlamentari). Indubbiamente il clima socio-politico-economico italiano, con circa dieci milioni di poveri (relativi e assoluti) e molte aziende che hanno già chiuso o stanno per chiudere i battenti, e il contesto geopolitico europeo e mondiale in cui molti Stati hanno piegato la "ragione" alla supremazia della volontà di potenza mediante l'impiego delle armi per risolvere conflitti etnico-territoriali e prendere parte attiva ad una farneticante guerra alle porte dell'Europa, consiglierebbero di risolvere prima di tutto i problemi quotidiani e di sopravvivenza di molti cittadini messi in ginocchio dalla crisi globale economica ed energetica. E, inoltre, di prendere sul serio gli estremi cambiamenti climatici sulla terra e la scarsità dell'acqua potabile in molte aree del pianeta colpite da lunghi periodi di siccità. Tuttavia, si deve anche riconoscere al mondo della c.d. "politica" pure la necessità dei suoi riti, sia in termini di programmi elettorali che di attuazione degli stessi. Ovviamente, prima di operare, però, un cambamento dell'attuale assetto costituzionale dello Stato occorrerà riflettere a lungo sul se sia proprio necessario, sul perché farlo e come intervenire circa la ripartizione dei poteri, avendo sempre ben chiaro che ogni scelta politico-istituzionale deve migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini e mai peggiorarle (come sarebbe, ad es., gettare le basi per futuri regimi dittatoriali). Bisogna, perciò, mettere da parte le "bandierine ideologiche" e "ragionare", prima di compiere passi così importanti per l'equilibrio istituzionale della Repubblica italiana. L'operazione "chirurgica" da eseguire in senso politico, costituzionale e giuridico inciderebbe, come ormai a tutti noto, sulla ripartizione, nell'ambito della Repubblica, dei fondamentali poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario. In tale contesto, nell'attuale forma della Repubblica democratica, il ruolo del Presidente della Repubblica entra in relazione con tutti i poteri. È pertanto inevitabile che inclinando l'asse di tale eminente funzione verso una delle predette tre funzioni (come, ad es., quella governativa, di cui si tratta) si altererebbe l'equilibrio generale dell'intero regime repubblicano-democratico. Pertanto, una tale riforma implica un necessario riassetto generale di tutti i poteri statali per "dosare" in modo equilibrato il rapporto tra i poteri secondo il noto principio della separazione previsto da Montesquieu nel famoso libro "Lo spirito delle leggi" (Esprit des lois) in cui lo si esaltava e giustamente come strumento idoneo ad impedire il sorgere delle tirannie, dei dispotismi, delle dittature. Già Aristotele, però, nella sua opera "Politica", coglieva l'importanza della divisione dei poteri nell'ambito della "polis", dopo aver esaminato e descritto ben oltre un centinaio di Costituzioni vigenti durante il suo tempo e di quello a lui immediatamente precedente. E dalla tradizione anglosassone si recepiva anche il principio del "bilanciamento dei poteri" (check and balance) e del controllo reciproco tra i diversi poteri statali come migliore tutela di qualunque comunità politicamente organizzata. E tuttavia, malgrado tutte queste cautele, non si è mai riusciti ad impedire del tutto l'avvento del "capo", diversamente denominato nel corso della storia (Duce, Zar, Caesar, Führer, Califfo, Faraone, Scià, Rex, ecc.). E la stessa storia ha anche registrato nei secoli passati l'avvento del "principato" allorquando, nella Repubblica dell'impero romano, si passò dalla "Repubblica aristocratica" (senatoriale) a quella del "princeps" (l'imperatore romano). Occorre, perciò, stare sempre in guardia nell'elaborare le diverse formule politiche per evitare che si legittimi un "princeps", ossia un "capo", un uomo solo al comando, divinizzato, idolatrato, venerato e acclamato, perché una tale soluzione è sempre, in generale, foriera di tragedie per il popolo sottoposto a tale potere monarchico e al genere umano. L'impresa ovviamente non è facile perché la stragrande maggioranza degli uomini ha la vocazione al ruolo di  "gregari", ovvero a voler essere "servili", come ben sosteneva De la Boetie nell'opera "Discorso sulla servitù volontaria", tuttavia è doveroso per gli "uomini di libertà" ma anche di quelli "dell'amore", come li distingueva L. De Crescenzo, tentare di impedire che ciò possa accadere e adottare tutti i rimedi possibili affinché nessun "umano", almeno in Europa, diventi più un "princeps", inteso come "padre-padrone" di un popolo. Perciò bisogna essere sempre convinti che il "presidenzialismo" (o altra riforma) deve essere sempre "un mezzo" rispetto ai benefici che tutto il Popolo (nessun cittadino escluso) deve trarne, sia in termini di benessere che di libertà, individuali e collettive, oltre al miglior funzionamento dei poteri dello Stato, anche in senso di trasparenza generale dell'attività pubblica. Inoltre, va sempre tenuto presente che in natura "l'istituzione in sé" non esiste (è una "creazione" artificiale del diritto) e che essa per "agire" deve essere incarnata necessariamente da una persona fisica, ossia da un umano che, come tale, per "volontà suprema universale", è inevitabilmente imperfetto, nel senso che, per quanto sia "geniale" in un campo, ha sempre dei difetti psico-fisici e biologici che non possono essere assolutamente eliminati. Perciò la soluzione non potrà mai essere un rimedio politico, né che sia l'elezione diretta nè indiretta, anche se la scelta della prima esprime una maggiore democrazia del regime di governo. Pertanto, poiché ciascuno "conosce sé stesso" (o dovrebbe) e anche i propri simili ci si dovrà seriamente interrogare su quali e quanti poteri sia opportuno e necessario attribuire ad un umano, prima di dare il proprio consenso politico alla riforma in senso "presidenziale" della Repubblica, che sia alla francese o all'americana, oppure ispirata da altre latitudini. Ed è, altresì, anche utile riflettere sull'errore, diffuso non solo tra le diverse forze politiche ma anche tra i migliori politologi e accademici, che l'elezione diretta del PdR implichi necessariamente anche l'attribuzione allo stesso degli effettivi poteri di governo. Invero ciò, come di seguito meglio si preciserà, non è assolutamente indispensabile dal punto di vista democratico, perché una cosa è la partecipazione diretta del popolo (i cittadini elettori) nella scelta del candidato alla carica costituzionale o istituzionale altra, invece, la "quota" di potere da attribuire al Presidente (Pdr) nel quadro generale dei poteri costituzionali. In altri termini, ben si potrebbe, eventualmente, prevedere l'elezione diretta del PdR ma senza intaccare minimamente le attuali funzioni allo stesso già riconosciute dalla vigente Costituzione. E questa scelta non sarebbe assolutamente riduttiva del ruolo del Pdr bensì sarebbe da ritenere maggiormente "democratica", perché consentirebbe direttamente al Popolo anziché al Parlamento di eleggere il Pdr, il quale conserverebbe gli stessi poteri oggi riconosciutigli, che non sembrano essere né pochi né marginali. E per avere maggiori elementi sui cui poter riflettere risulta opportuno richiamare alcuni articoli circa gli attuali poteri: Art.87: "Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di inziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica"; inoltre: Art. 85: Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni (senza alcun limite formale ai mandati); Art.88: "Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse"; Art.92: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri"; Art.126: Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della giunta..."; Art. 59: È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare (cinque) senatori a vita..."; Art.135: "La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo  dal Presidente della Repubblica...". Come ben si evince dalle norme innanzi richiamate il PdR s'inserisce nelle procedure della "funzione legislativa" (promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge, autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo, e può sciogliere le Camere), della funzione esecutiva (nomina il Presidente del Consiglio dei ministri, i funzionari dello Stato, ha il comando delle Forze armate), della funzione giudiziaria (Presiede il Consiglio superiore della magistratura) e della funzione di garanzia della Costituzione (nomina un terzo dei giudici della Corte costituzionale). Non sembrano pochi i poteri, in verità. Ma allora che cosa si vorrebbe cambiare con la riforma ? Dagli Atti Parlamentari della passata XVIII legislatura (vds. Atti Parlamentari. Camera dei Deputati. PdL n.42) si rilevano, in sintesi, le seguenti novità che s'intendeva introdurre nella Costituzione: "Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto. Riduzione a quaranta anni l'attuale limite dei cinquanta anni per essere eletto a Pdr; Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta. Il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri. Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri". In ordine all'elezione "diretta", come già sopra detto, non c'è alcuna obiezione da fare, ovviamente; anzi, essa amplia certamente la "democrazia" "concessa" dalla Costituzione repubblicana (magari ce ne fosse di più, per es. per la scelta di altre alte cariche apicali costituzionali, e anche in ordine all'iniziativa legislativa dei cittadini e a quella referendaria). In tale modo si riducono i "limiti" di cui all'art.1 che sanisce: "...La sovranità appartiene al Popolo ... nei limiti della Costituzione". È proprio questo "principio fondamentale" che "regola" l'esercizio della Sovranità popolare nella Repubblica, ben intesa quest'ultima, e descritta già da Aristotele, nella sua opera "Politeia", e da Cicerone, nella "Res publica", come il "complesso delle cariche pubbliche dello Stato" le quali, nella democrazia, poiché è il Popolo ad avere il "governo dello Stato" è lo stesso popolo ad assunmere le cariche, per cui l'elezione "diretta" anziché l'indiretta costituisce la migliore espressione della democrazia. Riconoscere, perciò, al Popolo il "suffragio universale e diretto" per l'elezione del Presidente della Repubblica consolida e rafforza la partecipazione democratica nella vita della Repubblica. Anche la durata del mandato a cinque anni, con la possibilità di una sola rielezione, sembra garantire maggiormente la democrazia, e si pone in linea con altri Stati europei dove la durata complessiva non supera i dieci anni e i due mandati. Più problematica, invece, appare la "nomina del Primo ministro" (non più semplice Presidente del Consiglio) e il potere di "presiedere il Consiglio dei ministri", soprattutto perché non vengono riviste tutte le altre competenze previste dalla vigente Costituzione, come, ad es., quelle relative alla "funzione legislativa", alla funzione "giudiziaria" e anche quella di "garanzia" (la nomina dei cinque Giudici della Corte costituzionale). È questo il vero vulnus della suddetta proposta di riforma in senso "presidenziale" dell'attuale Repubblica democratica. Gli italiani finora hanno avuto la possibilità di conservare il "gioco democratico" tra i diversi poteri e organi dello Stato a garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini grazie ad una "classe politica"  e ai partiti che avevano provato l'amara esperienza della seconda guerra mondiale e la dittatura. Da allora il "clima politico" è notevolmente cambiato, e anche il relativo livello di etica e moralità pubblica. Perciò non si può più escludere in assoluto il rischio di poter dare ingresso, nel futuro, a regimi di tipo totalitario; e neppure potrebbe impedirlo l'U.E., dove la democrazia è ancora lontana e il potere è burocratizzato e spostato verso il Consiglio europeo e la Commissione, che è un organo tecnico che si cura dei mercati e della finanza, mentre i costi istituzionali continuano a lievitare (l'U.E. spende circa 170 mld annui di euro e l'Italia contribuisce con circa 17 mld di euro all'anno). E neanche l'alleanza "occidentale" o "euroatlantica", che valorizza soprattutto lo strumento militare contro il "resto del mondo", può facilitare decisioni governative che limitino le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini conquistati con il prezzo del sangue delle giovani generazioni passate. Per quanto innanzi detto, quindi, l'unica "riforma" che consenta il "presidenzialismo democratico" è soltanto l'elezione diretta del Presidente della Repubblica che conservi tutti e solo gli attuali poteri previsti dalla vigente Costituzione, senza alcuna ulteriore modifica della vigente Carta costituzionale, se non le sole norme che ora attribuiscono al Parlamento in seduta comune tale elezione. Ferma restando, comunque, la chiamata referendaria del Popolo per confermarne l'approvazione. Con la consapevolezza, ovviamente, dell'inevitabile "ritorno all'origine secondo l'ordine del tempo", come previsto da Anassimandro, e dell'azione imprevedibile dello "spirito oggettivo" sul mondo, come sostenuto da Hegel. Senza tuttavia escludere che, in attesa di tempi migliori, possa risultare democraticamente utile abbandonare (o accantonare) l'iniziativa politica, anche per "comprendere" più in profondità i delicati meccanismi del bilanciamento dei poteri, la loro necessaria separazione, e, in particolar modo, le dinamiche psicologiche e biologiche degli esseri umani, sia dei capi che dei gregari, sia dei liberi che degli schiavi.

 
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Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 14/03/23 alle 09:48 via WEB
Grazie per questo speciale approfondimento su Funzioni e funzionalità delle Riforme in nome di capi, gregari, liberi e schiavi e sentinelle, viene da aggiungere. Mi piacerebbe saperne di più sulla previsione di Anassimandro ritorno all'origine secondo l'ordine del tempo. Buon14marzo
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 14/03/23 alle 11:58 via WEB
Sono io che ringrazio per il tempo che si riserva ai miei contributi. Le "sentinelle" purtroppo sono poche, come l'ultimo soldato giapponese rimasto nella foresta a difendere le consegne ricevute per circa 40 anni dopo la fine della guerra perché tutti se lo erano dimenticato. "Il logos dice" (come un tempo introduceva E. Severino i suoi discorsi) che nessun essere umano merita il potere assoluto sui propri simili. Meno gliene si dà e meglio è, anche per lui. Mi dispiace deludere gli "umanisti", l'umanesimo" e i "buonisti" di turno, ma da quando è stato scoperto il DNA e raffrontati i genomi sono diventato iperealista: diffido di ogni uomo, me per primo. E comunque, per stare al tema, se la "maggioranza" vuole il presidenzialismo dico che in un regime ancora democratico la soluzione è quella della elezione diretta ma senza attribuire al presidente anche l'incarico di "capo del governo", anche perché, a mio avviso, ha già troppi poteri assegnati dalla Costituzione. Per Anassimandro: in sintesi, l'ordine del tempo, secondo il ciclo delle generazioni, e, aggiungerei, a seconda della specie o del ruolo che ogni "ente" ha nell'universo. Detto in altri termini: poiché si è venuti alla luce, è necessario ritornare al buio (ovviamente sia luce che buio sono concetti solo umani, così come origine e fjne).
(Rispondi)
 
 
misteropagano
misteropagano il 14/03/23 alle 17:15 via WEB
Le sentinelle dovrebbero essere immortali al di sopra della luce e del buio - concordo in ogni caso con la tua analisi con l'auspicio che sia in qualche modo attesa e capillare nella distribuzione dell'informazione politica -.
(Rispondi)
 
 
 
rteo1
rteo1 il 14/03/23 alle 18:26 via WEB
Sono il ruolo e la funzione della "sentinella" ad essere "essenziali", così come tutto ciò che esiste, uomo incluso,fintanto che la sua forma sarà utile al "Tutto". Mi "dispiace" per coloro che sono innamorati di se stessi e della propria "sagoma" (o "carrozzeria") ma prima o poi dovranno "sciogliersi" e "diluirsi" in altre forme. È questa la "verità" che riporta tutti all'universale. Perciò anche se la società contemporanea non dovesse dare ascolto al messaggio della "sentinella" non importa perchè alla fine il risultato non cambierà. Sarà solo stata scelta una strada diversa per arrivare al traguardo. Ho scritto il breve "saggio" sul "presidenzialismo" dopo essermi "calato" nel divenire, ma poi ne sono riuscito per allontanarmi col pensiero dalle miserie umane, tra cui è incluso l'accaparramento del potere.
(Rispondi) (Vedi gli altri 3 commenti )
 
 
 
misteropagano
misteropagano il 14/03/23 alle 22:01 via WEB
Sai, questo amore per la sagoma, la sua rinuncia, fa ripensare persino la fuga dalla vita non più come atto distruttivo se 'questa non è più sorgente di diritti che la salvaguardano'. Si può arrivare a comprendere lecito il diluirsi in altre forme? Se non fisicamente - non voglio calcare il mouse- almeno col pensiero. Come antidoto analizzo l'arte. Per miserie sono preoccupata per la Cultura alla Baldassarre.
(Rispondi)
 
 
 
rteo1
rteo1 il 14/03/23 alle 23:11 via WEB
Se la "sagoma" fosse immutabile nel tempo allora si potrebbe capire l'amore narcisistico. Poiché, invece, la "sagoma" si trasforma (invecchia) è da ritenere che essa sia soltanto una delle miriadi forme possibili, tra cui anche quella di contribuire alla "forma del tutto". Comunque non intendo assolutamente esprimere giudizi di alcun valore. Ognuno viva secondo il suo sentire, secondo le proprie illusioni. Ma anche in virtù delle idee che sgorgano dalla sorgente della mente, con sorpresa prima di tutto di chi le vede affiorare nei suoi pensieri. L'arte è una delle espressioni che più avvicina al proprio essere, ma spesso si corrompe col mercato. Anche la "cultura" è un valido strumento, ma dev'essere da guida verso la ricerca della verità e non ritenuta come la verità stessa. Grazie per gli spunti. B.N.
(Rispondi)
 
 
 
misteropagano
misteropagano il 16/03/23 alle 10:08 via WEB
grazie a te
è così poetica l'immagine delle idee che sgorgano con sorpresa prima di tutto di chi le vede affiorare nei propri pensieri ...
(Rispondi)
amistad.siempre
amistad.siempre il 16/03/23 alle 23:12 via WEB
Mi limito a dare la mia modesta opinione sul nominare il PdR a 'furor di popolo'. E dico che non sono d'accordo per il semplice motivo che egli dovrebbe essere 'super partes', mentre con l'elezione popolare porterebbe chi si candida, per forza di cose, a tenere per questo o quel partito. Cosa inevitabile poiché è così che funzionano le campagne elettorali. Ne consegue che una volta eletto continuerebbe a sostenere e 'predicare' l'ideologia di quel partito o coalizione che sia. E, secondo me, eh!, non va bene. Che le Costituzioni, anche le più belle, facciano il loro tempo, non ci sono dubbi, ma non si dovrebbero riscrivere di sana pianta. Andrebbero modificati degli articoli, certamente, adeguandoli al presente che sicuramente non è quello del secolo scorso, lasciando vigenti quelli che sono dei veri 'capolavori' di ideali, scritti da chi per quegli 'ideali' e per la 'libertà' di tutte le generazioni ha dato la vita. Buonanotte, rteo!
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 17/03/23 alle 09:15 via WEB
Grazie per avermi fatto delle personali obiezioni che, così, m'inducono a ritornare sul tema. L'elezione diretta pone il problema della "terzietà del PdR" ? Ribadisco che la democrazia, ossia il potere del, per e al Popolo (secondo A. Lincoln), può essere più o meno limitata o estesa. E da chi ? Non di certo dallo stesso popolo (da intendersi come la parte marginale dei cittadini, com'era nella Grecia classica), ma dalla élite. Riconoscere, perciò, al Popolo il potere della elezione diretta significa senza alcun dubbio ampliare la democrazia (come partecipazione ed esercizio diretto). Sulla "terzietà" ? Questa è la conseguenza dell'attribuzione dei poteri. Più li limito e preciso che il titolare della funzione di PDR dev'essere "terzo" (per quanto sia una contraddizione in termini perchè si tratta di un essere umano, e come tale...) e meno il titolare di detta carica può "avere le mani libere". Nei tempi più recenti abbiamo constatato che il "potere di nomina del Presidente del Consiglio" è un potere proprio del PDR, che potrebbe non considerare le indicazioni dei partiti. Circa, poi, la "Costituzione più bella", al di là della propaganda, di cui anche Benigni è rimasto vittima, perchè dopo averlo sostenuto, appoggiò la riforma costituzionale di Renzi di circa 40 articoli, dico solo che nel mondo esistono centinaia di costituzioni, così come ai tempi di Aristotele che durante la sua vita ne descrisse circa 150 (relative alla sola Grecia). Nessuna "costituzione" è bella o brutta ma è solo "strumento" (regole) per una più o meno pacifica convivenza tra i cittadini. Tutte le costituzione mutano. La nostra ha già subito modifiche importanti e altre ancora ne subirà. Tutto si trasforma.
(Rispondi)
 
 
amistad.siempre
amistad.siempre il 21/03/23 alle 00:17 via WEB
Non credo che la costituzione italiana sia la più bella. Ogni costituzione ha i suoi pro e contro. La nostra ha degli articoli che andrebbero incorniciati e altri completamente cambiati. Ma mai 'riscrivere' completamente la costituzione! In parte, perché mi sembra non sia contemplato dalla costituzione stessa, in parte perché personalmente ho avuto modo di constatare che nei Paesi dove sono state riscritte le Costituzioni, tra questi quello dove sono nata, per dirla in breve, se prima le cose scottavano, dopo sono andate in cenere. Ad ogni modo, va modificato quello che è necessario per adeguarsi ai tempi che cambiano. :) Buonanotte, rteo! *_* NB:Non sono particolarmente superstiziosa... ;)
(Rispondi)
 
 
 
rteo1
rteo1 il 21/03/23 alle 08:33 via WEB
La "superstizione" è un comportamento immaturo. Tutti (chi più chi meno) sono "superstiziosi". Anche illuminati uomini di scienza, di Stato e di cultura. Anche nel mondo dell'arte (alla prima in teatro nessun attore veste di viola). Il salto culturale da fare è quello di convincersi che tutti gli eventi che si manifestano hanno una spiegazione "fisica" e che "metafisica" non vuol dire "trascendenza ontologica". La "scienza", che pure storicamente corregge i propri errori, ha consentito di non mandare più al rogo le "streghe" nè illuminati come Giordano Bruno. Affidarsi perciò alla scienza,ma evitando di sacralizzarla. Circa invece le Costituzioni va compreso che sono il frutto di patti, accordi storici di un Popolo, con lo scopo di fissare dei principi, dei valori e di dare una organizzazione politica alla società. Purtroppo i cc.dd. umani hanno bisogno di miti, del sacro e così imprimono marchi solenni ai propri prodotti, che tuttavia si degradano nel tempo, perché tutto è ciclico. Anche le Costituzioni.
(Rispondi)
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 17/03/23 alle 21:54 via WEB
Come qualsiasi sistema di governo, il presidenzialismo ha vantaggi e svantaggi; ma personalmente credo che gli svantaggi siano superiori. Chi lo sostiene si appella alla leadership forte: nel sistema presidenziale, infatti, il presidente ha un potere esecutivo forte e diretto, che potrebbe consentire una risposta più decisa e rapida rispetto a sistemi in cui il potere è distribuito tra più organi governativi. In più si rifanno alla responsabilità diretta: in quanto capo dell'esecutivo, il presidente diventa direttamente responsabile delle politiche e delle decisioni prese dal governo e questo significa che il presidente deve rendere conto direttamente ai cittadini, il che dovrebbe portare ad una maggiore responsabilità e responsabilità governativa. Ed infine, chi lo promuove enfatizza anche la stabilità politica. Nel sistema presidenziale, infatti, il presidente è eletto per un mandato fisso, il che può garantire una maggiore stabilità politica rispetto ai sistemi in cui il capo dell'esecutivo viene scelto dal parlamento o può essere sfiduciato in qualsiasi momento. Questi, in sintesi i "pro" che mi vengono in mente. Ma, di contro, c'è la concentrazione del potere. Dando troppo potere nelle mani del presidente è inevitabile il rischio di decisioni autoritarie e politiche unilaterali. Inoltre, l'assenza di un contrappeso equilibrante come un sistema parlamentare può portare ad un rischio maggiore di corruzione e abuso. Oltre a questo, c'è anche la difficoltà nel trovare consenso: dal momento che il presidente ha un ruolo così importante nella formulazione delle politiche, può essere difficile trovare un consenso politico e un compromesso tra i partiti e questo, ovviamente, può portare ad un sistema politico polarizzato e divisivo. In più, c'è da tenere presente che il presidente è eletto per un mandato fisso e quindi può essere estremamente difficile cambiare la direzione politica del paese durante quel mandato, portando ad un rallentamento delle riforme e della risposta alle crisi in corso. In Italia, il sistema parlamentare ha portato a frequenti crisi di governo e governi instabili. L'adozione del presidenzialismo potrebbe aumentare la stabilità politica, ma potrebbe anche portare ad una maggiore polarizzazione politica, con il presidente che assume un ruolo più forte nella definizione delle politiche e il rischio di una forte opposizione politica. Nel contesto italiano, in cui la corruzione politica e la criminalità organizzata sono ancora problemi evidentemente ben radicati, un presidente troppo forte potrebbe presentare seriamente un rischio di abuso di potere o di collusioni con gli interessi criminali. Inoltre, il presidenzialismo richiede un bilanciamento adeguato dei poteri tra il presidente, il governo e il parlamento. In Italia, dove il parlamento ha tradizionalmente avuto un ruolo forte, potrebbe essere difficile trovare un equilibrio adeguato dei poteri e garantire una separazione dei poteri efficace. E non ultimo, il presidenzialismo potrebbe mettere a rischio la democrazia. Se il presidente avesse un ruolo troppo forte nella definizione delle politiche e nella formulazione delle leggi, ci potrebbe essere un rischio serissimo per la partecipazione democratica dei cittadini e la loro capacità di influenzare le decisioni politiche. È estremamente importante che i cittadini e i rappresentanti politici valutino attentamente questi fattori prima di adottare un sistema di governo presidenziale e assicurino un adeguato bilanciamento dei poteri per garantire la stabilità politica e la protezione della democrazia. E se è vero che l'elezione diretta del presidente potrebbe essere considerata più democratica poiché consentirebbe al popolo di eleggere direttamente il presidente anziché farlo attraverso il parlamento, ci sono, tuttavia, anche preoccupazioni in merito alla possibilità che un presidente eletto direttamente possa avere un mandato più forte e influente rispetto a un presidente eletto dal parlamento. Ciò potrebbe portare a una maggiore polarizzazione politica e a un aumento del rischio di abuso di potere. L'adozione del presidenzialismo non può essere vista come una soluzione universale e senza rischi per la democrazia. L'esperienza storica ha dimostrato fin troppo bene come la transizione al presidenzialismo abbia portato a regimi autoritari e antidemocratici.
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rteo1
rteo1 il 18/03/23 alle 09:12 via WEB
Condivido la riflessione. Un ottimo contributo di pensiero, come sempre. Non esiste alcuna formula politica ideale per tutte le stagioni. Comunque va sempre tenuto conto delle peculiarità storico-culturali di un popolo, e questo lo sosteneva anche Montesquieau. Perciò sarebbe un errore scimmiottare i francesi, con il loro "semipresidenzialismo", anche perchè essi hanno un sistema elettorale diverso per l'elezione dei rappresentanti dell'Assemblea nazionale e una storia ultrasecolare di monarchia, oltre alla fase dittatoriale di De Gaulle. Senza trascurare la ben nota rivoluzione. E lo si vede anche oggi con le "barricate" popolari a difesa della legge sull'età pensionabile contro un "capo" che sembra deciso a scavalcare il Parlamento. Per quanto mi riguarda, è da tempo ormai, che sto cercando, per quanto senza seguito, di far notare che "nessun uomo è, in assoluto, migliore o peggiore di un altro uomo". Secondo un vecchio detto "è l'occasione che fa l'uomo ladro", perciò bisogna sempre trovare tutte le soluzioni possibili per impedire le tentazioni, che nel campo politico vuol dire "limitare il potere" a chiunque. La divisione dei poteri è stata finora la migliore soluzione, e anche l'equilibrio fra gli stessi. Far prevalere uno (come avverrebbe nel caso del PDR a capo dell'esecutivo) sugli altri porterebbe alla lunga ad un sistema di tipo dittatoriale. Ed è inevitabile, perchè l'uomo è fatto così. Forse si arriverà comunque al "semipresidenzialismo", visto che ciclicamente tutto si trasforma, ma cercare di impedirlo o ritardarlo può essere utile.
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misteropagano
misteropagano il 01/04/23 alle 14:40 via WEB
alcune attività politiche dovrebbero avere il folle senno di dichiararsi pesce d'aprile))))
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cassetta2
cassetta2 il 19/05/23 alle 17:09 via WEB
E' tornato di moda il profilo a tre quarti e lo sguardo verso l'infinito.
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rteo1
rteo1 il 19/05/23 alle 18:26 via WEB
Non trovo alcun collegamento col tema, ma forse è un limite mio. Alla lettera, comunque, credo che anche la moda sia ciclica e non possa essere diversamente. Il profilo a tre quarti è un modo per nascondere l'altro quarto, il lato oscuro, come quello della luna, che però è metà. Invece lo sguardo verso l'infinito è soltanto uno sguardo nel vuoto, che si perde nel nulla, forse perché si è allontanato dalla realtà. Altra cosa invece è pensare all'infinito; una impresa eroica, da tentare, anche se ardua perché un essere finito è difficile che riesca a immaginare l'infinito. Ma a volte può anche succedere.
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