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Messaggi di Aprile 2021

MITIZZARE O DEMITIZZARE L'UOMO E I SUOI SIMULACRI ?

Post n°1016 pubblicato il 29 Aprile 2021 da rteo1

MITIZZARE O DEMITIZZARE L'UOMO E I SUOI SIMULACRI ?

La navicella spaziale americana ha raggiunto il pianeta Marte e ha sganciato sul suolo marziano il rover Perseverance che ha già iniziato a scattare le prime immagini e ad eseguire le indagini chimico-fisiche della superficie. La gara per la conquista dello spazio tra le diverse potenze statali mondiali sta stimolando lo sviluppo di tecnologia sempre più avveniristica e per i prossimi anni si sta già programmando persino l'invio di uomini su Marte, così come è già avvenuto sulla Luna. La "conquista" dello spazio è diventata la nuova sfida tra le superpotenze statali, e in qualche modo esprime anche la volontà di potenza, tutta umana, di dominare la natura. Si dice (ovvero, l'uomo dice) che l'uomo è nato per scoprire nuovi orizzonti e tutti i "segreti della natura". Fin dalle più remote scoperte e colonizzazioni di tutte le terre emerse (e ora anche dei fondali oceanici e marini) gli uomini, sospinti anche dalla sete di conoscenza, riescono ad avanzare verso traguardi e scoperte scientifiche sorprendenti e inimmaginabili. E oggi la fisica quantistica ha anche portato alla luce l'esistenza di un nuovo mondo - quello subatomico - le cui leggi, in deroga a quelle classiche e universali, stanno facendo perfino dubitare che esista la realtà fenomenica che ci circonda, perchè quest'ultima esisterebbe solo se e quando venga osservata, e l'esistenza di alcune "particelle correlate", che si muovono all'unisono nello spazio-tempo, hanno anche messo in dubbio il limite della velocità della luce. A fronte di tali progressi scientifici e tecnologici, però, esistono tuttora gravi problemi economici e sociali che affliggono milioni di cittadini e alcuni miliardi di persone nel mondo. Per cui la domanda se occorra prima destinare le risorse per risolvere i problemi di vita quotidiana rimane sempre di attualità. Così come continua a non poter essere elusa la domanda se siano o meno ancora necessari i "miti" per gli esseri umani. Va detto, a questo riguardo, come sostiene un noto filosofo contemporaneo, che gli uomini, a differenza degli altri animali, sono "privi di istinti", per cui hanno bisogno di modelli di condotta, di leggi, sempre più minuziose, perché altrimenti non saprebbero come comportarsi. Si può ritenere, perciò, che anche i "miti" contribuiscano a creare tali paradigmi sociali di guida, di riferimento. Per questo gli uomini, non essendo ancora riusciti a superare se stessi (andando "oltre l'uomo" e vincere la cieca "volontà di potenza"), hanno bisogno dei miti. Anche quando si appalesi del tutto assurdo che sia "l'uomo il mito dell'uomo" anziché la Natura e le sue leggi fondamentali. Comunque, stando così le cose, e fintanto che gli uomini non comprenderanno e accetteranno di essere solo una parte insignificante del "Tutto" bisogna sempre essere molto cauti nella pratica della "mitizzazione", soprattutto quando si tratti di uomini che debbano assumere incarichi di governo dei popoli e delle istituzioni. La storia umana è, infatti, ricca di precedenti, e purtroppo non tutti buoni e positivi per i popoli e gli Stati. Per questo credo che un buon antidoto possa essere quello di conoscere sempre tutti i dati personali relativi ai leader, a cominciare dall'allattamento e dalla culla, perché se Hitler e Stalin sono stati due dittatori impassibili dinanzi alle sofferenze umane, provocando milioni di morti, ciò è derivato in buona parte dalla loro infanzia e adolescenza difficili, travagliate e traumatiche. Non bisogna perciò, alimentare nei cittadini la fede nei miti senza, al contempo, suscitare negli stessi la capacità critica, la coscienza e la memoria storica. Occorre, ora, rammentare anche che la filosofia è nata con lo scopo principale di liberare gli uomini dai miti, ossia dalle ricostruzioni fantasiose dell'origine del mondo (come, ad es., la Teogonia di Esiodo), e dall'immaginazione dell'esistenza di un rapporto speciale tra gli esseri umani e le entità sovraumane (come, ad es., l'Odissea di Omero in cui gli Dei olimpici e loro sottordinati in linea gerarchica entrano in relazione con gli uomini e ne condizionano le decisioni e i risultati). Lo strumento individuato dai filosofi fu il "logos", il "dar conto", il pensiero, la logica, la contemplazione, la ricerca e lo studio delle costanti della natura per carpirne le leggi fondamentali da adottare, poi, nella costituzione e organizzazione delle città e per disciplinare i rapporti all'interno della polis. La "Natura", perciò, come "sfondo immodificabile non creato... da nessun uomo, che è sempre stato, è e sarà..." come modello supremo per gli uomini. Ma poi questi, nel tempo, pensarono di poterla e doverla dominare e sfruttare per le proprie esigenze, anche inutili e voluttuarie. E così anche il "logos" è diventato sinonimo di "ragione", di "razionalità", in una società che non riconosce più agli atti e ai beni il valore che questi hanno in sé ma solo quello che hanno come  oggetti di scambio, come il danaro, i prodotti dell'economia, e ora della "tecno-scienza", che sono diventati "i nuovi miti". E la "razionalità" è diventata anche il criterio per stabilire il limite tra la "normalità" e "l'anormalità", definita "pazzia" fino a qualche anno addietro, che diede luogo ad una legislazione che consentiva la reclusione nei "manicomi" (lager-sanitari, spesso peggiori dei Campi di concentramento nazisti e dei Gulag comunisti) di tutti quei cittadini "irrazionali" perciò "non normali". Eppure bastava leggere "L'elogio della pazzia" di Erasmo da Rotterdam e "Il mondo come volontà e rappresentazione" di Schopenhauer per capire che la "normalità" non è la "ragione" ma è la "follia" perché è questa che domina all'interno dell'inconscio quale elemento naturale ed essenziale della specie umana e che si estrinseca come "volontà di potenza". E tanto è vero che sebbene siano passati migliaia di anni dall'apparizione dell'uomo sulla terra e che dalle prime civiltà siano ormai trascorsi molti secoli, ancora oggi gli esseri umani continuano a "umanizzare" entità astratte, a dare senso e valore a oggetti inanimati, che siano di pietra, di legno o di altro materiale, spesso "impreziositi" con altri materiali ritenuti pregiati (gemme, smeraldi, oro, argento, ecc.). È evidente, perciò, che come già sopra detto, gli uomini hanno sempre avuto, hanno, e ancora avranno, bisogno di "Dei". Non importa se questi siano identificati e riconosciuti con oggetti inanimati oppure siano incarnati in alcune persone, perché sia nell'uno che nell'altro caso dominerà sempre e solo la follia della volontà (almeno finché l'intelletto non riuscirà a sottrarsi alla cieca volontà e ad agire nell'ottica del Tutto). Purtroppo, però, le conseguenze della "deificazione" possono essere anche catastrofiche, e non solo per la specie umana ma persino per l'intero ecosistema. Attribuire, infatti, ad una persona dei "poteri sovrumani" (o "i pieni poteri", che è certamente una decisione o adesione collettiva di pura follia) espone tutte le altre persone ad un pericolo incalcolabile. E anche gli effetti sull'ambiente e la biosfera potranno essere nefasti (basta immaginare la catastrofe di una guerra nucleare, chimica, batteriologica o virale, tipo pandemia da covid-19). Bisogna, perciò, avere finalmente il coraggio di ammettere che gli uomini, biologicamente, nascono tutti uguali" (e dovrebbero anche rimanere "liberi e uguali nei diritti", come fu peraltro sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789). Occorre, cioè, convincersi che, in generale, tranne rare eccezioni, tutti gli uomini, a parte il ruolo e la funzione, non hanno granché di più, di meglio e di diverso dai loro simili, sia sul piano biologico che antropologico. È solo perciò la "follia" che fa "venerare", osannare, ossequiare, riverire, prendere a paradigma sociale ed esistenziale degli uomini, tanto da consegnarne alcuni persino alla storia, le cui pagine irrimediabilmente poi ingialliscono e la memoria collettiva li cancella dallo spazio-tempo. Indubbiamente a volte la mitizzazione può anche essere  socialmente utile, quando si renda necessaria per riconoscere e legittimare il "Pastore" nel compito "istituzionale" di guidare il "gregge", come avrebbe detto Michel Foucault, ma, va ribadito, occorre sempre stare attenti, in particolare quando risulti ben evidente che il pastore non abbia alcuna Idea di dove condurre la Comunità (il Popolo) e perché dovrebbe farlo; oppure quando non abbia a cuore la libertà, l'armonia, il benessere, collettivo e individuale del "suo gregge". In questi casi va sempre ricordato che "il Re è nudo", come la favola di Andersen, e che in ogni psiche alberga un potenziale dittatore. Lo stesso vale anche per la mitizzazione, o fidelizzazione integralista, delle ideologie, che spesso hanno avuto un ruolo rivoluzionario per "riformare" l'ordine costituito, sebbene poi i leaders abbiano di sovente illuso i popoli dimostrando -purtroppo- che gli uomini, in fondo, sono tutti uguali e che a volte coloro che appaiono come "i migliori" sono in realtà peggiori o uguali agli altri. Come si vede, perciò, passano i secoli, la storia, ma il dilemma rimane lo stesso: mitizzare o de-mitizzare, così come Essere o  dover essere, cioè apparire per farsi riconoscere ed accettare dalla società. Un conflitto finora irrisolto, come anche quelli dell'Io contro il Noi e il Noi contro Loro. E questi dilemmi e conflitti, interiori, sociali, politici e biologici, che danno luogo alle metamorfosi sociali ed esistenziali, per dirla con Kafka, sono maggiormente evidenti nell'esercizio del potere pubblico ove a volte predomina l'istinto, la follia, l'egocentrismo, l'ossessivo amore per se stessi, la tendenza distruttiva, di sé e degli altri, anziché i sentimenti di condivisione verso il prossimo, di solidarietà, di eguaglianza e di giustizia sociale. Ovviamente, e ciò va ulteriormente ribadito, questo non vale (forse) per tutti ma di certo quasi tutti rivelano, all'atto concreto, di essere privi degli anticorpi contro il virus del potere. De-mitizzare, perciò, gli esseri umani e alcuni simboli e simulacri deve costituire un impegno socio-politico delle forze riformiste e progressiste, qualora si voglia impedire il ripetersi di immani tragedie, come il fascismo, il nazismo, il comunismo staliniano, le dittature e il partito unico, la teocrazia e le monarchie assolute. E la decisione politica riguarda anche questa fase storica in cui, a causa della pandemia, l'occidente ha dovuto affrontare problemi, soprattutto sanitari ed economici, ai quali non era preparato, perché tutto preso dall'idolatria del proprio capitalismo economico e finanziario e dall'illusione della crescita all'infinito, e ora dalla mitizzazione della scienza e della tecnica, degli effetti "miracolosi" del vaccino e del "Recovery Plan next generation e.u.". Occorre, perciò, d'ora innanzi, recuperare il ruolo centrale e preminente della Natura e delle sue leggi fondamentali per far crescere i cittadini nella consapevolezza e conoscenza anziché continuare a fantasticare con i miti e le illusioni umane. 

 
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LA FORZA DELL'UTOPIA E DELLA NATURA

Post n°1015 pubblicato il 15 Aprile 2021 da rteo1

LA FORZA DELL'UTOPIA E DELLA NATURA

Utòpia, lo Stato di Tommaso Moro. Ma anche la Civitas Dei di sant'Agostino e La Città del Sole di Tommaso Campanella. Anche Hobbes ha tracciato le linee generali dello Stato-Leviatano, ispirato dal mostro marino dell'antico testamento. Sul piano giuridico, invece, lo Stato è stato visto come Ordinamento giuridico, oppure come l'insieme degli elementi costitutivi (territorio, ordinamento e popolo). Anche in ambito politico lo Stato è stato analizzato e descritto come Polis o Civitas. Ovviamente non potevano mancare i contributi degli studiosi contemporanei che, in senso storico-evolutivo, hanno descritto lo Stato dell'ancien regime come assoluto e, oggi, come Stato-democratico. Certamente ben altre ancora sono le distinzioni che sono state fatte e si potrebbero fare. In questa occasione vorrei avanzarne una diversa: lo Stato come "soggetto", od "organismo", della dinamica naturale della Forza. Baruch Spinoza riteneva che nella società, civile e politica, coabitino due Forze contrapposte, quella della natura e quella della "ragione". Quest'ultima, per quanto si sforzi, non potrà mai vincere contro la prima, che perciò condizionerà sempre tutte le decisioni e azioni degli esseri umani. Per verificarlo è necessario partire da questi ultimi. Homo homini lupus, diceva Hobbes. Ovviamente questa "crudele" dinamica relazionale non è assolutamente esclusiva degli uomini ma costituisce la regola fondamentale della vita, così come l'ha descritta Darwin nella sua opera l'Origine della specie. L'uomo, quindi, nel rapporto con un proprio simile è guidato, indotto, dalla forza naturale che lo spinge ad esercitare la sua innata e inconscia volontà di potenza. Questa volontà in teoria non ha limiti e arriva anche alla estinzione fisica del proprio simile quando questi costituisca un ostacolo, un limite, all'esercizio e all'accrescimento della potenza. La volontà di potenza, tuttavia, nel tempo è riuscita ad avvalersi della cosiddetta "ragione", ossia della esperienza, che consente di valutare i risultati in termini di costi-efficacia. Per cui la volontà di potenza riesce ad autolimitarsi quando valuta più utile per se stessa non annientare il proprio simile (o altro organismo) bensì lasciarlo vivere, o instaurare con esso perfino delle forme di collaborazione, di cooperazione, o di padrone-schiavo. Questa stessa logica sta, purtroppo, alla base anche di tutte le sovrastrutture che gli esseri umani hanno istituito man mano che hanno organizzato le proprie comunità, a partire dai nuclei familiari, le tribù, i villaggi, le città e gli Stati. Ogni "istituzione", perciò, ha sempre avuto in sé la proiezione dell'umana volontà di potenza, che si è incarnata in coloro che hanno assunto, e assumono, il ruolo di titolare dell'istituzione. E la stessa dinamica si riverbera ad ogni livello, e quindi anche nei rapporti tra i diversi Stati. Se l'Italia, per fare un esempio, è spinta dalla volontà di potenza nei confronti di altri Stati, essa spinge tale volontà soltanto entro il limite che la "ragione" le consiglia (salvo errori, come la storia insegna), per evitare di riceverne un danno (quando, ad es., lo Stato "nemico" ha una maggiore potenza). Con questa visione vanno perciò intese anche tutte le "Alleanze" (U.E., NATO, ecc.) che si costituiscono (sempre mutevoli e temporanee) tra i diversi Stati (ma anche tra i  singoli o i gruppi, come ad es. i partiti, ma anche i sindacati, le associazioni, ecc.). Stando così le cose, allora, sembra che gli uomini siano "prigionieri" delle forze universali della natura e, perciò, non esista alcuna libertà, nessun "libero arbitrio". Per fortuna (o per follia ?), però, non tutti sono convinti dell'ineluttabilità del "Destino" degli esseri umani perché credono di poter reprimere le forze "brute" della natura anche con l'uso del diritto, con l'intervento delle Corti di giustizia, dei testimoni di pace e di fratellanza. Come ben si comprende, due forze contrapposte orientano le azioni degli esseri umani. Alla fine prevarrà la forza dell'Utopia o quella della natura ?

 
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