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Messaggi del 26/05/2020

LA PANDEMIA: UN PROBLEMA INDIVIDUALE O DI SPECIE ?

Post n°1002 pubblicato il 26 Maggio 2020 da rteo1

LA PANDEMIA: UN PROBLEMA INDIVIDUALE O DI SPECIE ?

La storia degli esseri umani ha reiteratamente registrato nel corso dei secoli degli eventi pandemici, che perciò appartengono a pieno titolo al ciclo biologico della natura. È quindi prevedibile che così come è già accaduto nel passato e nel nostro presente avverrà anche nel futuro. Certamente non è facile poter immaginare con quali strumenti tecnologici e conoscenze scientifiche combatteranno i popoli del terzo millennio, tuttavia non si può escludere che anch'essi, come è avvenuto in questa fase, debbano fare ricorso al "distanziamento sociale", all'igiene personale, alla sanificazione, nonché all'uso delle mascherine, ai guanti (forse) e ai divieti di assembramento. Essi, tuttavia, a differenza dei cittadini e dei governanti di questi tempi, potranno dominare l'angoscia, il panico e l'ansia di poter essere infettati dai virus se riusciranno a superare alcune incrostazioni culturali che hanno forgiato l'uomo occidentale. Va detto, per evitare malintesi, che la vita umana è stata opportunamente ritenuta "sacra" dai popoli europei e occidentali, anche se non mancano episodi sociali (si spera sempre più sporadici) che dimostrino l'esatto contrario (e forse sarebbe anche necessario intendere la vita in senso più universale). La "sacralità" però, attribuita dagli esseri umani ai diversi simboli, ai fenomeni reali e alle oggettivazioni della propria immaginazione, non deve negare il ruolo e l'essenza della natura, nonché la ciclicità di questa, che si evolve  e si perpetua mediante la procreazione e la  trasformazione della specie. È questa, infatti, la specie, che ha primaria importanza e significato per la natura e non certamente il singolo individuo, né tantomeno il nucleo familiare dello stesso, il suo gruppo sociale o l'intera Comunità nazionale di appartenenza. Per la "specie", infatti, rilevano tutti gli esseri umani esistenti sulla terra e tutte le altre specie viventi, ed è del tutto indifferente sia rispetto all'esito dei conflitti statali, indotti dalle ambizioni egemoniche e imperiali, sia dei conflitti sociali, spesso conseguenza delle disposizioni politiche, giuridiche ed economiche degli ordinamenti umani. E non prende parte, ovviamente, neppure  alla lotta per la sopravvivenza  tra gli esseri umani e le altre specie, come ad es. quella contro i virus e i batteri. La natura, quindi, non si cura del singolo individuo bensì della specie che "abita" nell'inconscio degli esseri umani e che mediante l'incessante azione  li spinge alla procreazione per la continuità della specie. Pertanto in questo processo filogenetico e ontogenetico diventano del tutto insignificanti tutti coloro che, diventati "anziani",  hanno ormai assolto il proprio ruolo di "funzionari della specie". Questa "verità" (o meglio, "crudele" realtà), al di là del fine che abbiano o non abbiano la natura e le specie, si scontra, purtroppo, con una cultura ultramillenaria che ha esaltato l'individuo e lo ha convinto a credere nell'immortalità, rispetto alla quale si strutturano i progetti e i sogni "dell'Io", oltre, ovviamente, a mitizzare il progresso scientifico e tecnologico. È perciò questa radicale e acritica convinzione dell'eternità individuale che entra in crisi, che vacilla, quando accadono eventi del tutto fisiologici, come certamente è quello della pandemia virale. E così la naturale paura inconscia si trasforma in angoscia, terrore, di perdere la vita (che prima o poi comunque accadrà), a tal punto che tutti si assoggettano supinamente alla guida di un "pastore" e ai suoi provvedimenti, anche se questi dovessero essere liberticidi o il prodotto dell'irrazionalità inconscia del "pastore". Ed è probabile che tutto questo sia avvenuto in occasione della pandemia da Coronavirus. Come ormai noto, il primo "focolaio virale" si è manifestato nella città di Wuhan, in Cina, e poi con varianti si è diffuso in "tutto il mondo". L'OMS dichiarava la "pandemia". Tra i vari Stati occidentali l'Italia veniva colpita per prima e anche duramente, soprattutto in alcune Regioni del nord, come la Lombardia, ma anche l'Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte. Per circa tre mesi, quotidianamente, tutti i mezzi d'informazione, con l'ausilio di esperti virologi ed epidemiologi, spesso in disaccordo tra di loro, come sempre avviene in un'epoca in cui è di primaria importanza apparire in video più che dire cose utili e sensate, intrattenevano i telespettatori e i lettori sull'immane tragedia sanitaria che aveva colpito l'Italia. La drammaticità dei decessi e delle corsie degli ospedali invase da persone colpite dal virus aggiungevano ulteriori motivi di ansia e panico generale. Anche i dati giornalieri diffusi dalla Protezione civile, con le curve statistiche, tenevano i cittadini col fiato sospeso. Così sparivano anche tutti i cori dai balconi, e pure gli ottimisti della prima ora che avevano creduto che fosse sufficiente invocare la formula magica che "andrà tutto bene" per garantire a tutti di superare indenni la fase pandemica. In tutto questo marasma generale il 31 gennaio il Consiglio dei ministri deliberava lo stato di emergenza nazionale per rischio pandemico senza adottare immediati, contestuali e consequenziali provvedimenti di urgenza (come, ad es., il divieto di assembramenti, il distanziamento sociale, l'uso di mascherine e le sanificazioni), che venivano emanati soltanto a partire dalla fine di febbraio (una sequela di DPCM, autorizzati con d.l.), con cui venivano chiuse quasi tutte le attività economiche e segregati in casa, in quarantena, tutti i cittadini. A questo riguardo credo di poter ritenere che se fossero stati adottati dei provvedimenti tempestivi (mascherine, distanziamenti, ecc.) già a partire dal 31 gennaio forse si sarebbero potuti evitare sia i domiciliari ai cittadini che la quasi totale chiusura delle imprese. Comunque sia, ormai "la frittata" è fatta, e di certo non si può tornare indietro. Si spera solo che non si ripetano gli stessi errori, visto che già si stanno assillando e terrorizzando i cittadini con la possibile replica virale dell'autunno. Anche diffondendo la notizia che il virus non è sparito ma è tuttora in circolazione, come se questo fosse un evento straordinario e non ordinario, dal momento che è noto a tutti che i virus stanno al mondo da circa tre miliardi di anni, prima della comparsa sulla terra dell'uomo, il quale è già stato da loro colonizzato (anche in alcune sequenze geniche del DNA). Perciò è necessario che questa volta, con l'approssimarsi della stagione autunnale, siano adottati congrui provvedimenti, senza far prevalere l'irrazionalità, come è avvenuto durante la prima fase. E che ci sia anche migliore coordinamento istituzionale per evitare, se possibile, di aggiungere ai provvedimenti statali le numerose ordinanze delle Regioni, emanate soprattutto per marcare gli spazi di potere ad esse riservati dal Titolo V della Costituzione, e i protagonismi sindacali, oltre a quelli di altre autorità e consulenti, ormai diventati parte di un sistema politico-amministrativo e burocratico che da tempo sta ballando sull'orlo del precipizio. Occorrerà, altresì, tener ben presente che sul piano economico l'Italia ne è uscita con le "ossa rotte" e che il debito pubblico, già prima insostenibile a causa di gestioni per nulla oculate, aumenterà di alcune centinaia di miliardi, che certamente graveranno sulle generazioni future. Ed è probabile che anche i prestiti dell'Unione europea saranno spesi con la solita logica clientelare anziché strutturare la filiera produttiva  e dei servizi, mediante un rapporto equilibrato e proporzionale di sistema tra i produttori e i consumatori di risorse.  In questa prospettiva, perciò, bisogna anche "razionalizzare" il fenomeno pandemico per affrontarlo con la secolare esperienza e conoscenza ormai acquisite, anche considerandolo secondo il modello generale della selezione della specie. Un salto culturale, questo, che certamente non sarà facile, ma che se gli occidentali ci riusciranno potrebbero annullarsi del tutto le angosce di fronte alle emergenze pandemiche, che sicuramente avverranno ancora nel futuro. A questo scopo  può forse risultare utile fornire alcuni dati statistici. In Italia durante il primo quadrimestre sono stati accertati 236.000 cittadini positivi al coronavirus, a fronte dei quali ci sono stati 34.223 decessi.  Nel mondo, invece, i positivi erano 7,41 Milioni e i decessi 418.000.

La Popolazione mondiale, invece, alla fine di maggio, era di 7.791.112.900 (e in costante aumento, con  843.716.882 di persone denutrite).

Nello stesso quadrimestre i nati  nel mondo sono stati 63.226.950 mentre i morti  sono stati 26.544.300, per cui nel periodo considerato c'è stato un aumento della popolazione mondiale di 36.683.000 (peraltro, nello stesso periodo, nel mondo  si sono verificati 3.706.469 decessi a causa del cancro, 2.256.055 per il fumo delle sigarette, 609.208 decessi per incidenti stradali e 483.951 decessi per suicidi).

È di tutta evidenza, perciò, che a fronte dei decessi avvenuti nel mondo a causa del coronavirus c'è stato comunque un aumento di 36.682.650 della popolazione mondiale (che tende, ormai, verso gli otto miliardi). Un dato, questo, che dovrebbe almeno far riflettere gli esseri umani perché fa ben comprendere la tendenza globale della natura la cui economia si occupa della "specie" (sia umana che degli altri esseri viventi) e non degli individui, né delle comunità nazionali o statali. E la natura non fa neppure il "tifo" per i cinesi, che stanno colonizzando l'Africa e l'Europa, mentre quest'ultima ha soffocato il ricambio generazionale e i decessi ormai superano le nascite. Il problema, infatti,  è politico-economico per cui non interessa alla natura che gli Stati occidentali (e peggio di tutti l'Italia, con l'età media più elevata) non sono stati lungimiranti. Al di là, perciò, dei rimedi che saranno adottati dagli Stati occidentali per tentare di invertire il declino della propria civiltà va preso atto che le pandemie costituiscono dei fenomeni del tutto naturali e che, a cominciare dalla possibile replica autunnale, l'Italia dovrà affrontare il coronavirus con tutti gli strumenti scientifici e tecnologici disponibili ma anche con la consapevolezza che per la natura è importante soltanto la specie umana e non gli individui o la Comunità statale, la quale, tuttavia, se reagirà in modo compatto e con spirito di abnegazione potrà contrastare efficacemente l'aggressione virale riducendone gli effetti nefasti.

 
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