granelli di parole

Il custode


Un tempo, non tanto lontano, parole nuove andarono perse nel vento, altre furono catturate, nascoste e chiuse a chiave in un cassetto antico, il cui custode era troppo diligente per allentare le catene, anche se consapevole della preziosità e grande utilità di alcune di quelle parole. Costretto su un'isola, passava molto tempo in riva al mare a scrutare l'orizzonte in attesa di un vento nuovo in grado di liberarlo da quel fardello, cancellando quella lunga attesa, riflesso della speranza che avrebbe dovuto colmare le sue inquietudini. Parte della sua pena derivava dal fatto che non aveva mai creduto né alle favole, né alle magie, troppo consapevole dell'immutabilità di certi equilibri e non leniva certo la sua pena aver dovuto respingere chi aveva osato tentare di spezzare, senza successo, quelle catene. Tra una tempesta e l'altra, alcune domande lo tormentavano, ma non sapeva o forse non voleva trovare le risposte, spesso assalito dal rimpianto di non avere avuto un tempo per sé. Troppo forte era il richiamo al senso del dovere che si faceva spazio tra i flutti, arrivando a permettere che quel mare scavasse nella sua anima tormentata e stanca tracciando rotte confuse che a tratti avrebbe voluto seguire fino in fondo. Nelle notti di solitudine i suoi pensieri vagavano oltre i confini dell'isola, raggiungendo mete lontane e inesplorate. Amava lasciar vagare quei pensieri perché questo alleggeriva il suo fardello e lo faceva star bene, ma presto il senso di colpa calava su di lui riportandolo nella sua solitudine, senza calore e sentimento, alle primi luci dell'alba. Più il tempo passava e più sentiva l'inutilità del suo compito, l'idea di rompere lui stesso quelle catene e liberare alfine quelle parole preziose era il quotidiano tormento che lo assaliva e gli torturava la mente consapevole di non aver, per sua volontà, la possibilità di condividere con nessuno le sue pene. Le ore, i giorni, le settimane, i mesi e gli anni trascorrevano trasformandolo, lui sempre stato forte e combattente, in una persona sempre più debole, sempre più sola, sempre più triste e amareggiata e sempre più consapevole che del tempo perduto nessuno lo avrebbe mai risarcito. Pensava a quelle parole preziose che magari lui stesso avrebbe potuto usare e dalle quali avrebbe finalmente avuto quella carezza ad un'anima assetata, provata e indurita. Non gli era facile dire a sé stesso che troppo tempo era passato senza che il coraggio fosse venuto in suo aiuto e non gli restava che la rassegnazione. Dopo tanto tempo, il senso del dovere ancora prevale e forse con più forza di prima: rassegnato e muto continua a custodire quel cassetto antico, finché prima o poi tutto si dissolverà nell'unico modo in cui tutto svanisce per sempre. Abandoner des mots précieux est une douleur inutile