Laura Picchi

Il caso di Roberta Pinotti e fare la morale ad personam: di laura picchi


Pinotti il ministro della difesa italiano fa la morale ai grillini(bravissima! applausi il Ministro è contro la falsificazione di una firma, menomale un sollievo per tutti gli onesti ndr) per le firme false di Palermo e Bologna, peccato che Sua Signoria vostra Illustrissima non ci abbia ancora detto di aver ricostituito la carriera, lo stipendio del Capitano Ciancarella, radiato con firma falsa di Pertini di averlo congedato e concesso la pensione di Capitano. Strana la morale ad personam Pinotti non crede Signoria vostra Illustrissima? laura picchida il messaggero L`intervista Roberta Pinotti «II governissimo servirebbe a chi ci vuole deboli nella Uè» «LA POSTA IN GIOCO IL 4 DICEMBRE È LA CREDIBILITÀ DELL`ITALIA COME PAESE CAPACE DI FARE LE RIFORME» «LA BOCCIATURA DELLA CONSULTA $ULDDL MADIA E LA DIMOSTRAZIONE CHE CONTINUANDO COSÌ NON SI VA AVANTI» ROMA Sì o no. Qual è la posta in gioco? «La credibilità dell`Italia come paese riformabile», dice il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. «Sono almeno trent`anni che si vuole mettere a punto il sistema istituzionale superando disfunzioni evidenti come il bicameralismo perfetto. Tema che ritroviamo nel programma elettorale del Pdl insieme alla riduzione del numero dei parlamentari e al Senato federale e al primo punto del programma dell`Ulivo del 1996. La riforma Berlusconi fu bocciata dagli elettori perché prevedeva un rafforzamento eccessivo dei poteri del premier che qui non c`è». L`Economist, che è per il No, evoca Mussolini... «Argomentazioni imbarazzanti. L`Economist ha utilizzato non la verità di quanto è scritto nel testo, ma il detto e sentito dire della propaganda del No. Qui non c`è il combinato disposto di riforma e legge elettorale, che il presidente del Consiglio si è impegnato a cambiare. E non c`è alcuna modifica dei poteri del premier, solo l`entrata a gamba tesa dell`Economist nelle questioni italiane come già in passato. Un curioso utilizzo di argomenti incoerenti, a cui forse non è estraneo il tentativo di screditare l`Italia. È anche paradossale dire che vanno fatte le riforme strutturali mentre per due anni si è giocato. Questa è la riforma delle riforme, precondizione di tutte le altre. Lo dimostra la sentenza della Consulta su quattro dei decreti attuativi della Riforma Madia: nonostante l`approvazione parlamentare in tutti i passaggi e il parere positivo della conferenza unificata, è bastato il ricorso di una sola Regione a bloccare il provvedimento. Così l`Italia non va avanti, torna sempre al punto di partenza. Altro paradosso è accusare di deficit riformista un governo che di riforme ne ha fatte tante, dalla pubblica amministrazione al jobs act e al libro bianco della Difesa». Altri motivi per votare Sì? «La lentezza del processo legislativo non consente oggi di avere leggi nei tempi utili per i cittadini. La riforma introduce tempi certi. Poi la stabilità. L`Italia ha avuto 63 governi in 70 anni, effetto di due platee e sistemi elettorali diversi, con entrambi i rami del Parlamento che votano la fiducia. Una instabilità congenita superata da questa riforma. Chi invoca le riforme strutturali dovrebbe sapere che queste non si fanno in pochi mesi o un anno, ma occorrono i tempi di una legislatura. La semplificazione significa poi anche mettere ordine nei poteri fra Stato e Regioni, e superare il contenzioso nelle materie concorrenti che in molti casi ha impedito di assumere decisioni in settori che richiedono indirizzi nazionali come infrastrutture, sanità, energia o turismo. Com`è possibile che un trasporto eccezionale attraversi 20 sistemi regolatori regionali? O lo screening oncologico non sia omogeneo in tutta Italia?». Il referendum è sul merito o sul governo Renzi? «Non è sul governo Renzi e non è neppure soltanto la riforma di Renzi, ma il frutto di trent`anni di lavoro sulla Costituzione di chi ci ha preceduto e ora vede la possibilità di concretizzare questo faticoso cammino. Oggi vedo un`attenzione maggiore sul merito rispetto all`inizio della campagna referendaria. Se vincerà il No? Il sole sorgerà ancora, ha detto Obama dopo il voto negli Stati Uniti. E il sole continuerà a sorgere dopo il 4 dicembre. Certo, però, oggi il governo c`è, è ben presente, è credibile e quando serve alza la voce in Europa. La vittoria del No ci farebbe tornare al punto di partenza come nel gioco dell`oca. E ci troveremmo con due leggi elettorali diverse tra Camera e Senato. Ovviamente nel 2018. Quindi il rischio di instabilità e di un ritorno al passato c`è. Bisogna essere chiari ma senza drammatizzare». In caso di vittoria del Sì, Renzi sarà tentato di andare al voto? «Nel 2017, il 25 marzo, in Italia si celebrerà l`anniversario della firma dei Trattati di Roma. Ci sarà il G7 a maggio, saremo mèmbri del Consiglio di sicurezza dell`Orni. Non credo che Renzi vorrà perdere queste opportunità che ha il paese solo per un calcolo elettorale». Il Movimento 5 Stelle ha ancora un grande consenso... «Non seguiremo i 5 Stelle nel loro soffiare sul populismo o sulla paura del futuro. E non ho ancora capito quali siano le loro proposte di governo, per esempio sulla difesa e sulla sicurezza, i temi di cui mi occupo. Il M5S si è fatto portatore di una proposta di legge di iniziativa popolare che chiede che l`Italia esca dalla Nato!». Al governatore campano De Luca, si rimprovera d`aver lanciato un appello per il Sì da voto di scambio. Il governo che dice? «I 5 Stelle alzano i toni guardando la pagliuzza nell`occhio del vicino per non guardare la trave che è nel loro: due inchieste per firme false a Palermo e Bologna. Grave per un partito che dice "onestà onestà" agli altri ma su sé stesso fa dell`omertà. Questi sono fatti, quelle di De Luca inve- ce solo parole, che non sono nel mio stile ma ognuno ha il proprio, e il richiamo colorito a votare e fare campagna per il Sì. Battute condannabili, non comportamenti illeciti». Sono verosimili le dimissioni di Renzi e un governo tecnico dopo il 4 dicembre se vincerà il No? «Sono inverosimili perché vincerà il Sì. Eventuali decisioni comunque saranno prese dal presidente della Repubblica e dal Parlamento. L`Italia non ha bisogno di un governo tecnico ma politico, forte nell`interlocuzione con la Uè su crescita e immigrazione. Il governo tecnico è negli auspici di chi vorrebbe un`Italia più debole in Europa». Marco Ventura