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« Caso Scieri dal tirreno ...Ustica quel che il gener... »

Caso Scieri dal tirreno articoli 17 giugno 2020

Post n°2113 pubblicato il 24 Giugno 2020 da laura561

«Provo orrore per chi ha taciuto 20 anni la verità sulla morte del mio Lele»

L'intervistasabrina chiellini«Anche solo pensarli per me è orribile. Spero di non incontrarli mai». Non li nomina mai, ma li pensa sempre. Non può essere altrimenti. Sono accusati di aver ucciso suo figlio, Emanuele Scieri, 26 anni paracadutista della Folgore, con aspirazioni da avvocato. Isabella Guarino ha sempre saputo che Lele non si era suicidato in caserma, il giorno dell'arrivo a Pisa. Alle lacrime di dolore si sono presto aggiunte quelle dell'amarezza per i depistaggi, della verità negata. La madre di Scieri, nato a Siracusa e morto in Toscana, parla con un tono pacato che trasmette l'impressione di una donna forte. Sopravvissuta grazie all'altro figlio, Francesco, ai nipoti. E alla necessità di capire che cosa avessero fatto a Emanuele.La sofferenza, però, c'è: è quella di una mamma che quasi 21 anni fa ha perso un figlio, il 13 agosto 1999. Da allora non ha mai spesso di combattere per ottenere verità e giustizia. Lo ha fatto anche quando nel 2011 il marito Corrado è morto senza verità. La Procura di Pisa che il 28 settembre 2017 ha riaperto le indagini ha provato a capire se il lavoro svolto dagli inquirenti era carente e come si poteva rimediare. Per la morte di Emanuele sono stati indagati tre ex caporali per omicidio volontario in concorso, con l'aggravante dei motivi futili e abbietti, e due ex ufficiali per favoreggiamento. Che cosa prova oggi?«Dire che cosa provo in questo momento non è semplice. Noi abbiamo capito subito che Emanuele aveva subito atti di violenza, che in quella caserma era successo qualcosa di estremamente grave. Basta pensare che per tre giorni nessuno aveva visto il suo corpo ai piedi della torretta per asciugare i paracadute. Anche se ci sono voluti molti anni, le cose sono cambiate. La verità verrà fuori. Stiamo facendo luce sulla morte di mio figlio. Il lavoro della magistratura dimostra anche i vertici militari di allora hanno tentato di ostacolare la verità».Depistaggi e tentativi di ostacolare le indagini oggi emergono con forza. Quando avete capito che la verità si stava allontanando?«Oggi abbiamo una speranza. Fin dall'inizio ci ha ulteriormente addolorato l'atteggiamento indifferente con cui ha trattato la morte di Emanuele il generale Enrico Celentano (nel 1999 comandante della Folgore, ndr)».Che cosa successe nei giorni successivi alla morte di suo figlio?«Quando siamo arrivati a Pisa eravamo sconvolti. Ma qualcosa nell'atteggiamento dei militari ci sorprese. Abbiamo avvertito subito come una sorta di ostilità nei nostri confronti. Nessun sostegno per noi. Ci siamo sentiti guardati quasi con diffidenza, facevamo domande, volevamo sapere. Oggi è tutto diverso. Dopo avere letto della chiusura delle indagini della Procura di Pisa mi ha chiamato il generale Farina (capo di Stato maggiore dell'esercito, ndr) per esprimerci la sua vicinanza. Il Comune di Pisa vuole intitolare un parco a Emanuele. Sono segnali importanti. Nessuno vuole che certi drammi si possano ripetere, che ci siano altre vittime di soprusi come è successo a mio figlio. Abbiamo accolto positivamente l'idea dell'amministrazione comunale di Pisa per ricordare Emanuele».Quando avete pensato che poteva arrivare una svolta, che si poteva arrivare alla verità?«Il lavoro della commissione parlamentare di inchiesta è stato fondamentale. Fino alla fine del 2017 ho pensato più volte che sarebbe stato impossibile arrivare a una conclusione positiva per noi. Mi chiedevo: "Sarà mai possibile trovare qualcosa di nuovo, dopo tanti silenzi colpevoli?". Non avevo fiducia dopo quello che avevo visto fare a Pisa. Diciamolo: le prime indagini hanno tralasciato aspetti che poi si sono rilevati importanti. Devo dire anche che per noi è stata di grande aiuto la vicinanza degli amici di Emanuele, di tutta la società civile, dei giovani dell'associazione "Giustizia per Lele" nata a Siracusa. Tanto lo dobbiamo al prezioso lavoro posto in essere dalla commissione Parlamentare d'inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri presieduta dall'onorevole Sofia Amoddio. In seguito anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ci è stata vicino, abbiamo capito che poteva esserci un'apertura».Cosa vorrebbe dire ai tre indagati per l'uccisione di suo figlio e a chi ha depistato le indagini?«Mi rifiuto di incontrarli. Anche solo pensarli è orribile. Ancora mi chiedo come abbiano fatto per tutto questo tempo a tenere nascosta la verità. È stata tolta la vita a un giovane e loro sono rimasti tranquilli, senza mai porsi il problema in 20 anni. Se avessero avuto un po' di coscienza avrebbero già detto come sono andati i fatti».Tra i difensori dei tre ex ufficiali indagati c'è chi sostiene che siamo di fronte a due ricostruzioni diverse, quella della Procura militare (a luglio ci sarà l'udienza preliminare del processo) e quella della procura ordinaria. Cosa ne pensa?«Non sono diverse nelle conclusioni. Indicano le stesse persone responsabili della morte di mio figlio. La magistratura di Pisa, di questo ringrazio il procuratore Alessandro Crini, per prima ha riaperto il caso e ha ampliato lo spettro delle indagini ma le conclusioni sono simili: gli autori degli atti di violenza, delle percosse e prevaricazioni, sono sempre gli stessi. Non è ancora una sentenza di condanna, ma è un passo importante verso la verità».Che cosa vi ha dato la forza di andare avanti per tutti questi anni?«Il sostegno della gente, della società civile. In tanti ci hanno invitato a portare avanti la nostra battaglia, perché quanto accaduto non poteva essere limitato ai soli diretti responsabili della morte di Emanuele. L'intero Paese si è interessato a questa storia. Mio figlio Francesco ha studiato a Trieste, anche lui è stato incoraggiato a non fermarsi. Un percorso di condivisione importante. Mio marito è morto nel 2011 senza poter conoscere la verità. Ci ha lasciato invitandoci a continuare a fare in modo che si continuasse a indagare. Ora che si aprono nuovi spiragli di luce è come se Emanuele si fosse liberato».La farebbe piacere tornare a Pisa, sapere che un giardino pubblico sarà intitolato a suo figlio?«Sì, non ho nulla contro la città, nonostante quello che è successo prima e dopo la morte di Emanuele. Il sindaco di allora, Paolo Fontanelli, non ci fu ostile e anche la nuova amministrazione ci sta dimostrando interesse». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

17 giugno 2020 sez.

 

Cinque indagati per la morte conseguente ad atti di nonnismo

Sono cinque gli indagati per la morte di Emanuele Scieri. Alessandro Panella, Andrea Antico, Luigi Zabara, accusati di omicidio volontario aggravato dai futili e abbietti motivi. Sono indagati per favoreggiamento l'ex generale Enrico Celentano e Salvatore Romondia, 73 anni, ex militare a cui viene contestato il favoreggiamento per una telefonata fatta a Panella, un'ora dopo il ritrovamento del cadavere di Scieri. Secondo la Procura di Pisa, Scieri è morto sul colpo dopo la caduta dalla scala sulla torretta di asciugatura dei paracadute. I tre graduati di truppa che avevano mansioni amministrative e logistiche presso il Capar, avrebbero poi nascosto il cadavere, sapendo che da quel momento avrebbero potuto contare su numerose coperture.

 

 
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