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Messaggi di Giugno 2018

 

sentenza caso Ciancarella

Post n°2009 pubblicato il 29 Giugno 2018 da laura561

SENTENZA CASO CIANCARELLA
Pubblicato il 29/06/2018
N. 00946/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00339/2017 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 339 del 2017, proposto da
Mario Ciancarella, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Casella, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliata ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per la dichiarazione di nullità,

del D.P.R. dato a Roma addì 11 ottobre 1983, con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione, ai sensi dell'art. 70, n. 4 della legge 113/1954 a decorrere dalla data del decreto, e, conseguentemente, anche con la nomina di un commissario ad acta, per la reintegra in servizio del sig. Mario Ciancarella nel grado con la relativa ricostituzione piena della sua carriera giuridica ed economica nel ruolo di appartenenza, attraverso il riconoscimento dei vari gradi ed il pagamento degli emolumenti economici connessi nonché di ogni altra indennità che avrebbe percepito fino al raggiungimento della massima età pensionabile, oltre al riconoscimento della pensione da calcolarsi sulla base della ricostituita carriera con il pagamento degli arretrati a partire dal giorno del pensionamento e secondo il sistema retributivo all'epoca vigente. Oltre al riconoscimento di tutti i danni riportati e tra questi quello morale ed esistenziale nella misura del 50 per cento della somma spettante allo stesso a titolo di danno patrimoniale o in quella misura maggiore o minore che riterrà di giustizia. Il tutto con la rivalutazione monetaria ed interessi legali, annullando inoltre ogni altro atto connesso al D.P.R. del 11.10.1983 oggetto della querela di falso, presupposto e conseguente ancorché ignoto, con vittoria di spese, diritti e onorari.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2018 il Consigliere Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente ricorso il Sig. Mario Ciancarella, in quanto ufficiale dell’Aeronautica Militare, ha proposto un’azione dichiarativa della nullità del D.P.R. dell’11 ottobre 1983, con il quale è stata disposta nei suoi confronti la perdita del grado per rimozione, ai sensi dell'art. 70, n. 4 della L. n. 113/1954 e a decorrere dalla data del decreto.

Il Sig. Ciancarella ha chiesto, altresì, la reintegra in servizio nel grado, con la relativa ricostituzione piena della sua carriera giuridica ed economica nel ruolo di appartenenza e, ciò, oltre al riconoscimento della pensione da calcolarsi sulla base della ricostituita carriera con il pagamento degli arretrati e di tutti i danni riportati.

Il ricorrente evidenzia di essere stato “destinatario di una sanzione di perdita del grado di capitano per rimozione ai sensi dell’art. 4 della L. 113/1954 (rectius art. 71 della citata legge)” e, ciò, a seguito della trasmissione di un telex con il quale si comunicava l’esistenza della sanzione sopra citata.

Sempre il ricorrente riferisce che, solo in data 11 marzo 1992, il Ministero della Difesa avrebbe rilasciato copia del decreto presidenziale che recava in calce la firma del Presidente “Pertini”, firma poi ritenuta dal sig. Ciancarella “falsa”, in quando difforme da tutte le firme presidenziali.

Il ricorrente ha, pertanto, proposto con atto notificato alle parti il 26 ottobre 2010, una causa civile per far accertare, con querela di falso, la falsità di detta firma.

Detto giudizio si è concluso con la sentenza del Tribunale di Firenze n. 2812/2016 del 30 luglio 2016 che ha accolto la querela di falso, dichiarando che la sottoscrizione “Pertini”, apposta in calce al documento DPR dell’11 ottobre 1983, era apocrifa e non riconducibile al Presidente della Repubblica pro tempore Sandro Pertini, sentenza quest’ultima poi passata in giudicato.

Con le note del 7 e del 24 ottobre 2016 il ricorrente ha chiesto di essere reintegrato nel servizio con il grado di capitano e mediante il pagamento degli emolumenti economici connessi, istanza in relazione alla quale il Ministero non si sarebbe pronunciato.

Con un unico motivo il Sig. Ciancarella, dopo aver evidenziato la gravità del danno subito in conseguenza della rimozione dal servizio, sostiene la nullità del DPR dell’11 ottobre 1983 ai sensi dell’art.21 septies della L. 241/90, in quanto detto decreto risulterebbe mancante della sottoscrizione del Presidente della Repubblica e, quindi, di un elemento essenziale di ogni provvedimento amministrativo.

Si è costituito il Ministero della Difesa che ha sostenuto l’inesistenza dei presupposti per qualificare come atto “nullo” il decreto presidenziale e, comunque, l’inammissibilità del ricorso, in quanto l’assenza della firma sarebbe suscettibile di integrare un vizio di invalidità dell’atto amministrativo che, pertanto, avrebbe dovuto essere impugnato entro il termine di decadenza di sessanta giorni di cui all’art. 29 cpa.

A seguito della camera di consiglio del 6 aprile 2017 e con ordinanza n. 180/2017 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare, rilevando la necessità di “acquisire una documentata relazione sui fatti di causa (con particolare riguardo agli atti del procedimento disciplinare)”, adempimento posto in essere dal Ministero della Difesa con il deposito del 21 dicembre 2017.

Con ordinanza collegiale n. 180/2018 e a seguito dell’udienza del 14 febbraio 2018 questo Tribunale ha eccepito ai sensi dell’art. 73 comma 3 del cpa che “sussistono seri dubbi in ordine alla tardività del ricorso con riferimento sia, al termine di cui all’art. 31 cpa in materia di proponimento dell’azione di nullità sia, ancora, per quanto concerne il comportamento complessivo tenuto dal ricorrente a partire da quanto quest’ultimo ha avuto notizia dell’esistenza del provvedimento di rimozione oggetto del presente ricorso, comportamento che appare comunque incompatibile con la volontà di opporsi al procedimento disciplinare di cui il ricorrente è risultato destinatario”.

A seguito del termine di trenta giorni assegnato da questo Tribunale con la sopra citata ordinanza tutte le parti in causa hanno avuto modo di replicare in merito alle eccezioni così proposte.

All’udienza del 16 maggio 2018, uditi i procuratori delle parti costituite il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. b) del cpa, in quanto il ricorrente ha prestato acquiescenza al procedimento disciplinare, senza impugnare alcun provvedimento e ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di opporsi alla sanzione di rimozione del grado e, più in generale, al procedimento disciplinare.

Il ricorrente chiede di essere reintegrato, decorsi oltre trenta anni dall’allontanamento, nei ruoli dell’Aviazione Militare nonché la ricostruzione della carriera, il pagamento delle differenze stipendiali e la ricostituzione della posizione contributiva.

Le domande del ricorrente non possono essere accolte, in base alle considerazioni che seguono, avendo egli posto in essere un comportamento incompatibile con la volontà di opporsi alla sanzione di rimozione del grado e, più in generale, al procedimento disciplinare.

1.1. E’ necessario premettere che il Sig. Ciancarella ha proposto un’azione dichiarativa della nullità ai sensi dell’art. 31 comma 4° del cpa nei confronti del decreto del Presidente della Repubblica dell’11 ottobre 1983, provvedimento quest’ultimo con il quale gli è stata comminata la perdita del grado per rimozione; l’azione si basa sulla sentenza del Tribunale di Firenze che ha statuito come la sottoscrizione “Pertini”, apposta in calce al decreto sopra citato, fosse apocrifa, in quanto non riconducibile al Presidente della Repubblica pro tempore Sandro Pertini.

1.2 Dalla documentazione depositata dall’Amministrazione il 21 dicembre 2017, a seguito dell’ordinanza istruttoria di questo Tribunale, è possibile desumere che il decreto dell’11 ottobre 1983 ha costituito l’ultimo atto di un procedimento disciplinare che ha coinvolto il ricorrente, tra l’anno 1979 e il 1980 e, ciò, per aver posto in essere comportamenti che sono stati ritenuti dall’Amministrazione di appartenenza lesivi dell’onore, del prestigio e della reputazione di alcuni dei suoi diretti superiori.

1.3 In particolare al Sig. Ciancarella (si veda l’allegato 2 dalla relazione predisposta dal Ministero della Difesa e depositata il 21 dicembre 2017) era stato contestato: di avere il 12 settembre 1980 offeso l'onore, il prestigio e la reputazione di un Superiore Ufficiale; di avere rifiutato l'ordine di raggiungere il posto di servizio; di avere, con missiva del 13 settembre 1980, offeso l'onore di un diverso Ufficiale; di avere offeso a mezzo stampa (con lettera al giornale "l'Unità" del 29 maggio 1980) la reputazione di un ulteriore ufficiale e di un gruppo indeterminato di Superiori Ufficiali.

1.4 A seguito di detti episodi il sig. Ciancarella era stato sospeso precauzionalmente e a tempo indeterminato con il DM del 4 ottobre 1980, dopo essere stato arrestato per insubordinazione in data 30 settembre 1980 e posto in libertà provvisoria in data 3 ottobre 1980.

Detta sospensione era stata confermata con il DM del 28 gennaio 1983 in conseguenza dell'instaurazione del procedimento disciplinare, a conclusione del quale il Consiglio di Disciplina, nella seduta del 12 maggio 1983, aveva ritenuto l’attuale ricorrente "non meritevole di conservare il grado".

1.5 Era seguita la proposta al Ministro della Difesa dell'adozione della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione e, quindi, il Dpr dell’11 ottobre 1983 (registrato alla Corte dei Conti l'11 gennaio 1984) con il quale detta sanzione è stata disposta.

1.6 E’, altresì, necessario premettere che il decreto presidenziale sopra citato insisteva in un periodo in cui risultava vigente l’art. 71 della L. 10 aprile 1954, n. 113, nella parte in cui prevedeva che la sanzione disciplinare della “perdita del grado”, fosse disposta con decreto del Presidente della Repubblica.

1.7 Detta disposizione, come è noto, è stata abrogata dal D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con una disciplina che prevede che le sanzioni disciplinari, e in particolare la sanzione della perdita del grado, sia disposta mediante l’emanazione di un decreto ministeriale.

1.8 Il ricorrente, ottenuta la sentenza del Tribunale di Firenze che ha accertato la “falsità” della firma del Presidente della Repubblica (sentenza depositata il 2 agosto 2016) ha chiesto a questo Tribunale l’emanazione di una pronuncia idonea ad accertare la nullità del provvedimento di rimozione del grado, chiedendo la reintegra in servizio e la ricostituzione della sua carriera giuridica ed economica e, ciò, oltre al riconoscimento della pensione e di tutti i danni asseritamente subiti.

Riassunti così i termini della vicenda è evidente l’inammissibilità del presente ricorso.

1.9 In considerazione di quanto sopra ricordato costituisce circostanza accertata che il ricorrente ha avuto conoscenza dell’atto impugnato che ha disposto “la perdita del grado”, in un periodo molto risalente nel tempo, ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di opporsi al procedimento disciplinare.

2. E’ lo stesso Sig. Ciancarella ad aver dichiarato di essere stato notiziato della sanzione di perdita del stato del grado a mezzo della trasmissione di un telex in data 20 ottobre 1983 (si veda pag. 2 del ricorso).

2.1 Si consideri che detto telex conteneva tutti gli estremi di un atto conclusivo del procedimento disciplinare, facendo riferimento ai precedenti provvedimenti di sospensione e alla valutazione del consiglio di disciplina che, a sua volta, aveva disposto l’applicazione della sanzione della perdita del grado per rimozione.

2.2 Nello stesso telex si faceva menzione anche della decorrenza della sanzione (a partire dell’11 Ottobre 1983), comunicando che il provvedimento era in corso di perfezionamento.

2.3 E’ sempre il ricorrente a confermare che il provvedimento definitivo di cui si tratta gli era stato comunque rilasciato (seppur in copia) in data 10 marzo 1992, mentre l’impugnazione (peraltro presso il Tribunale di Firenze e mediante il proponimento di un’azione per querela di falso) è stata proposta solo il 26 ottobre 2010 e, quindi, dopo oltre 18 anni dalla data in cui ha ricevuto copia del provvedimento di rimozione e, ancora, dopo 27 anni dalla comunicazione del telex che fissava all’11 ottobre 1983 la decorrenza della stessa rimozione.

2.4 Il ricorrente implicitamente fa decorrere il termine di centottanta giorni di cui all’art. 31, quarto comma, del codice del processo amministrativo dal passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato la falsità della firma del provvedimento recante la sua destituzione ma tale impostazione – impregiudicata ogni discussione circa l’individuazione del dies a quo dal quale decorre il termine decadenziale di cui si tratta – non si attaglia alla presente fattispecie.

Il decorso di un periodo di tempo così lungo, come quello appena riportato, unitamente al fatto che è lo stesso ricorrente a dichiarare di aver intrapreso diverse attività lavorative (allegati 27 e 29 di parte ricorrente), dimostra l’esplicarsi di un comportamento inequivocabile, che non può che integrare i presupposti dell’acquiescenza alle determinazioni assunte a seguito del procedimento disciplinare e della rinuncia a far valere i propri diritti.

2.5 Si consideri, infatti, che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale perché sia configurabile un comportamento suscettibile di essere interpretato come rinuncia ad impugnare il licenziamento è necessario che sussistano i seguenti presupposti: a) la disponibilità del diritto; b) la piena conoscenza dell'atto o degli atti lesivi della situazione giuridica soggettiva; c) un comportamento di adesione alle altrui determinazioni che non sia equivoco; d) la spontaneità dell’adesione (Cass. civ. Sez. lavoro, 20 gennaio 2005, n. 1123; Cass. 4 giugno 2003, n. 8893; 6 novembre 2002, n. 15593; 12 luglio 2002, n. 10199; 3 ottobre 2000, n. 13134).

2.6 Anche la giurisprudenza amministrativa, seppur in fattispecie parzialmente differenti, ha confermato che l’acquiescenza, da intendersi quale accettazione espressa o tacita del provvedimento lesivo, ha l’effetto di determinare l’estinzione del diritto di azione, con conseguente inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento medesimo.

2.7 Si è affermato, infatti, che si ha l’inammissibilità del ricorso per intervenuta acquiescenza al provvedimento impugnato, quando ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoche, posti in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrano l’evidente volontà di questo di accettarne gli effetti e l’operatività (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 9 gennaio 2015, n. 24; T.A.R Veneto, Sez. 1,27 settembre 2017, n. 859, T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 febbraio 2015, n. 278; cfr., altresì, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 7 febbraio 2017, n. 48; C.d.S., Sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2998).

2.8 Alla data del 20 ottobre 1983, non solo erano già intervenuti i provvedimenti di sospensione dal servizio (provvedimento pacificamente lesivo e impugnabile, si veda Cons. Stato Sez. VI, 23-06-2006, n. 4007), ma il ricorrente aveva avuto contezza della conclusione del procedimento disciplinare, avendo peraltro partecipato al Consiglio di disciplina del l2 maggio 1983 che aveva ritenuto l’attuale ricorrente "non meritevole di conservare il grado".

2.9 A decorrere dall’ottobre 1983, o quanto meno dalla comunicazione della copia del Dpr che ha disposto la rimozione avvenuta in data 10 marzo 1992, il ricorrente, non solo non ha posto in essere alcuna attività diretta a contestare le conclusioni del procedimento disciplinare, ma ha iniziato ulteriori e differenti attività lavorative e, ciò, fino al proponimento dell’azione civile (con atto di citazione notificato alle parti il 26.10.2010) e sino alla richiesta di reintegrazione in servizio del 7 ottobre 2016.

3. E’ evidente che un tale comportamento integra tutti i presupposti dell’acquiescenza, così come sopra citati, sussistendo la disponibilità del diritto, la piena conoscenza dell'atto o degli atti lesivi della situazione giuridica soggettiva e un comportamento spontaneo e di adesione alle altrui determinazioni.

3.1 L’intervenuta acquiescenza ha l’effetto di prevalere anche sull’asserita imprescrittibilità dell’azione di nullità (secondo il regime ante art. 31 comma 4 del cpa), in assenza dell’impugnazione degli atti conclusivi del relativo procedimento e, ciò, in ragione della necessità di tutelare la certezza del procedimento amministrativo e della intangibilità degli atti non contestati.

3.2 L’immediata impugnazione innanzi a questo Tribunale, nei termini di legge, del decreto presidenziale o degli atti che comunicavano la sospensione o la rimozione dal servizio, avrebbe permesso a questo Giudice di valutare immediatamente le modalità e la correttezza del procedimento disciplinare e, ciò, unitamente ai presupposti per la concessione dell’eventuale tutela cautelare, sino a disporre la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 cpc nell’eventualità del proponimento di un’azione per querela di falso e, tutto ciò, con salvezza degli effetti processuali.

3.3 Si consideri inoltre che, anche a seguito delle questioni proposte ai sensi dell’art. 73 comma 3° del cpa e con l’ordinanza n. collegiale n. 180/2018 da parte di questo Tribunale, il ricorrente non ha dedotto alcunché in merito allo svolgimento di comportamenti giuridicamente rilevanti, idonei ad opporsi al procedimento disciplinare sopra citato, limitandosi a depositare dichiarazioni di soggetti “terzi“ di testimonianza e di vicinanza alle sue vicissitudini.

3.4 Fare proprie le argomentazioni del ricorrente, pur nella consapevolezza dell’esistenza di un procedimento disciplinare che presenta aspetti palesemente criticabili, avrebbe l’effetto di minare la certezza e l’intangibilità di un procedimento concluso da lungo tempo e mai effettivamente contestato i cui effetti, anzi sono stati univocamente accettati, per un lunghissimo periodo, dal ricorrente.

Proprio in ragione di detta esigenza di certezza i provvedimenti amministrativi sono assistiti da una presunzione di validità (che oggi vale anche per l’azione di nullità ai sensi dell’art. 31 comma 4 del cpa), superabile solo ove la contestazione intervenga nei ristretti termini decadenziali previsti dalla legge e che, nel contempo, sussista, quale condizione dell’azione, un effettivo e perdurante interesse che, a sua volta, non sia venuto meno in conseguenza di comportamenti contrastanti e risalenti nel tempo.

3,.5 Non può, infine, essere sottaciuto che il ricorrente omette totalmente di fornire elementi circa il reddito percepito negli oltre trenta anni dal suo allontanamento dall’Aeronautica.

E’ pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale “nell'ipotesi di ricostruzione ex tunc del rapporto lavorativo la reintegrazione patrimoniale deve essere diminuita dal c.d. "aliunde perceptum", cioè di quanto "percepito altrove", vale a dire di guadagni per retribuzioni erogate da altri o per attività comunque lucrative” (in termini da ultimo C. di S., III, 29 gennaio 2018, n. 616).

Nel caso di specie, lo stesso ricorrente riferisce di avere svolto, in questi anni, attività di libraio dalla quale, evidentemente, ha tratto i guadagni necessari per il suo sostentamento.

Lo svolgimento di diversa attività lavorativa è quindi dimostrato.

In tale situazione, spetta al ricorrente fornire gli elementi per quantificare il reddito conseguito, dei quali egli solo può disporre.

Il mancato assolvimento di tale onere impedirebbe l’accoglimento della principale domanda dedotta in ricorso, anche volendo superare le argomentazioni svolte nei paragrafi precedenti.

3.6 Tutto quanto sopra premesso è necessario comunque rilevare l’esistenza un comportamento dell’Amministrazione certo non esente da critiche, circostanza quest’ultima che impone lo svolgimento di accertamenti ulteriori, diretti a evidenziare l’esistenza di eventuali responsabilità e la commissione di eventuali reati.

3.7 Si dispone, pertanto, la trasmissione della presente sentenza, unitamente all’intero fascicolo, alla Procura della Repubblica territorialmente competente.

3.8 In conclusione il ricorso è inammissibile nei termini sopra citati.

La novità della fattispecie esaminata, unitamente alle peculiarità della stessa, consente di compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. b) cpa.

Compensa le spese del presente giudizio.

Dispone la trasmissione del fascicolo relativo al presente ricorso alla Procura della Repubblica territorialmente competente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente

Raffaello Gisondi, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Ricchiuto Manfredo Atzeni

 

 


IL SEGRETARIO

 

Analisi critica Laura Picchi

Non c'è la minima smentita che le firme di Pertini e Spadolini siano false.

Non c'è la minima smentita che l'atto sia nullo e inesistente.

Non c'è la minima smentita che l'azione di richiesta di nullità sia imprescrittibile visto che il caso è del 1983, prima dell'entrata in vigore del cpa.

Si parla di acquiescenza di Ciancarella, l'unica cosa che ci viene imputata, insieme al fatto di non avere scritto quant'è il totale degli stipendi percepiti da libraio in tutti questi anni da sottrarre ai risarcimenti.

Ecco io per acquiescenza conosco questa descritta su wikipedia:

 

Per la giurisprudenza amministrativa, non ogni comportamento adesivo equivale ad acquiescenza, ma solo quello caratterizzato dai seguenti requisiti:

  • conoscenza piena del provvedimento da parte del soggetto acquiescente;
  • comportamento (consistente in atti, dichiarazioni, ecc.) spontaneo e non imposto, tenuto liberamente dal destinatario dell'atto, che dimostri la chiara ed univoca volontà di accettarne gli effetti anche se pregiudizievoli. Di conseguenza, è esclusa la possibilità di affermare l'acquiescenza "per mera presunzione", perché in tal caso viene a mancare l'univoco riscontro della volontà dell'interessato.
  • sussistenza concreta di un atto amministrativo e attualità della lesione; non è configurabile l'acquiescenza se l'atto non sia stato ancora adottato dalla p.a. perché non è concepibile una rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo, effettuata prima della concreta lesione di quest'ultimo (non essendo attuale la lesione, lo strumento di tutela non è ancora azionabile).
Non si puo'  affermare l'acquiescenza per mera presunzione. Cercarsi un lavoro per sfamare la famiglia non è acquiescenza intanto.

Ripercorriamo questi 35 anni e vediamo che essendo false le firme di Pertini e Spadolini l'atto di radiazione è ancora in corso di perfezionamento, dunque non è ancora stato adottato dalla pubblica amministrazione, dunque non è configurabile l'acquiescenza.


Siccome come ha scritto  l'avvocato di Ciancarella Casella il caso è del 1983 quindi prima dell'entrata in vigore del cpa è chiaro che bisogna guardare a che normativa c'era prima, la normativa di prima dice che l'azione di richiesta di nullità è imprescrittibile. L'atto per la firma falsa di Pertini è nullo. Ha ragione Casella. Nulla c'entra nemmeno non aver comunicato gli stipendi percepiti per sottrarli al risarcimento perchè non essendoci stata mai la radiazione comunque vanno corrisposti tutti gli stipendi arretrati, dato il grado attuale, congedo e pensione adeguata al grado attuale a Ciancarella.


Si puo' cercare tutti i cavilli che si vuole se non si vuole dare giustizia a Ciancarella, ma almeno quelli che ad una verifica non risultino infondati. Tutto quello scritto nella sentenza del collegio è invece infondato, totalmente infondato.  Diceva mia nonna morta che mi manca tanto non la digerisco questa nemmeno con l'alkaselzer, infatti nemmeno io questa sentenza.


Laura Picchi

Comunicato Associazione Antimafie Rita Atria

 
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IL BILANCIO DEL 38o ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI USTICA DI LAURA PICCHI

Post n°2008 pubblicato il 28 Giugno 2018 da laura561

è finito l'anniversario di Ustica. l'ennesimo con chi dai grandi media di regime ripete questo o quel depistaggio, con in mezzo Mattarella che produce messaggi retorici che piu' retorici non possono essere. Abbiamo saputo che la magistratura di Roma la fanno andare in Usa almeno chiedesse un interrogatorio di un certo Michael Ledeen . ne sa piu' anche se non dice dei due teste di Purgatori messi insieme. Poi il nuovo che v'avanza sui social tace su Ustica Conte, salvini e ape maio. il presidente della camera è per il missile straniero, casellati non ha ritenuto nemmeno di dire due parole su ustica aveva da fare come il ministro della difesa trenta dal padrone americano. IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DIFESA FA GENERICI POST SU FB DOVE DICE VUOLE ABBATTERE LE OMERTA'. CON QUALI STRUMENTI, PERCORSI POLITICI E CON CHI NON LO DICE, COME NON DICE SE SI VUOLE OCCUPARE SOLO DEGLI 81 MORTI O ANCHE DELLE VITTIME CONNESSE A USTICA VIVE E MORTE AMMAZZATE. IO RINGRAZIO QUEI POCHI MEDIA CHE SI SONO RICORDATI ESISTE CIANCARELLA E LA TESI DELLA RESPONSABILITA' ITALIANA. ALMENO QUESTO ANNIVERSARIO ABBIAMO PRESO UN'ORA D'ARIA DALL'ERGASTOLO DELLA MANCATA VERITA' GRAZIE AI SUDDETTI POCHI MEDIA LIBERI. GRAZIE DI CUORE. LAURA PICCHI

 

ARTICOLI

https://www.iene.mediaset.it/2018/news/ustica-anniversario-strage-dc9-itavia-battaglia-aerea-mario-ciancarella_139591.shtml

http://palermo.meridionews.it/articolo/67059/strage-di-ustica-38-anni-dopo-ancora-nessuna-verita-quel-muro-di-gomma-si-e-trasformato-in-basalto/

 
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casablanca n 54 diretto da graziella proto

 

lavoro ustica laura picchi giugno 2018

Post n°2006 pubblicato il 19 Giugno 2018 da laura561

ho ripristinato il file gennaio 2018 del mio lavoro su ustica con la doppia ipotesi eventuale abbattimento usa o italiano. tutte le successive modifiche sono eliminate

https://1drv.ms/b/s!AtmwvN6pl0PhyyKB-5S7a1kNjc4X

 
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Morte di Dettori, ascoltati tutti i testimoni

Post n°2005 pubblicato il 11 Giugno 2018 da laura561

IL TIRRENO DI GROSSETO 10 GIUGNO 2018
Sospetti sul suicidio del maresciallo che era di turno la notte della tragedia, indagini della Procura

Morte di Dettori, ascoltati tutti i testimoni

GROSSETOC'è ancora un fascicolo aperto in via Monterosa: sul frontespizio c'è scritto il nome di Mario Alberto Dettori, il maresciallo che la notte del 27 giugno 1980 era di guardia al radar di Poggio Ballone. Dettori è morto, è stato trovato impiccato a un albero in un terreno lungo la strada della Sante Mariae. Era il 1987 e il caso fu frettolosamente archiviato come suicidio anche se i familiari del maresciallo, a quella ipotesi, non credettero allora e non ci credono nemmeno oggi. La figlia Barbara, insieme all'associazione antimafia Rita Atria, ha presentato un esposto alla Procura di Grosseto che un anno e mezzo fa ha deciso di aprire un nuovo fascicolo su questo caso, ordinando l'esumazione del corpo di Dettori e chiamando tutti i testimoni che allora potevano essere a conoscenza di quello che era accaduto al maresciallo. O almeno, quelli che sono ancora in vita.Ripescare nei ricordi di trenta o quarant'anni fa non è facile. Soprattutto non lo è per chi ha deciso di tacere già allora. «Io mi auguro che si vada avanti con l'indagine - dice Barbara Dettori - Noi aspettiamo giustizia e verità. Mio padre è morto quando io ero ancora molto giovane lasciando un vuoto incolmabile. Però tutto quello che è successo prima di allora e anche dopo, non può e non deve essere taciuto». Chiunque parli, chiunque conosca qualcosa sulla strage di Ustica, ha un'urgenza sola, quella di ristabilire la verità. «È necessario continuare a parlare di questa vicenda - aggiunge Dettori - è necessario che in Italia si arrivi a un punto di rottura con quello che è stato il passato: ci sono tante cose che non sono mai tornate nella vicenda della morte di mio padre e troppe persone che non hanno voluto squarciare quel velo di silenzio e bugie che si è alzato quando è cominciata questa vicenda». Sulla salma di Dettori è stata fatta l'autopsia, a trent'anni dalla morte. Il radarista di Poggio Ballone aveva parlato con un collega di quella notte. E anche a casa aveva accennato a quello che era successo in cielo, mentre lui era alla sua postazione. Furono anni difficili, quelli successivi alla strage di ustica. Anni che si fermarono, per Dettori, nel 1987. «Non lo avrebbe mai fatto - dice la figlia Barbara - Amava la vita, amava la sua famiglia. Eravamo la luce dei suoi occhi, non si sarebbe mai ucciso da solo in quel modo». (f.g.)

 
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caso Ciancarella: una riflessione in attesa della sentenza a breve di laura picchi

Post n°2004 pubblicato il 07 Giugno 2018 da laura561

caso ciancarella i gialloverdi non hanno nessun motivo di non dare giustizia a ciancarella. stavo pensando e se accadesse che accolgono il ricorso al tar? e se non fosse tutto già deciso ma la sentenza ci desse ragione oppure la ministra Trenta rinunciasse? sarebbe bellissimo rinunciasse. poi mi dico c'è un collegio con un ex consulente di renzi e allora forse si potrebbe andare a una ctu della firma di spadolini facendo decidere al perito. sarebbe un'ottima soluzione per il collegio che evita di decidere e fa decidere alla ctu. chissà...manca poco...e poi suonerà la campana ancora una volta...TUTTI IN PIEDI SIGNORI E SIGNORE A DIRE QUEL CHE DISSE SANDRO MARCUCCI CHI LOTTA PER LE VITTIME DELLA STRAGE DI USTICA E' TRA I GIUSTI E I GIUSTI SI SA HANNO DALLA LORO L'ETERNITA', NON E' MAI TARDI PER LA VERITA'-laura picchi

 
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