Il Diario di Sangel

Falcone: come gli eventi ti segnano la vita


Girando tra i blog amici, ho notato che ieri era l'anniversario della morte di Falcone. Sono passati anni, ma ricordo bene quella giornata. Ricordo che ero nella mia camera, che poi era anche quella di mia sorella. Ricordo che c'era il sole e che avevo la finestra della camera aperta. I miei genitori stavano in giardino, sul retro, guardando e decidendo i prossimi interventi da fare... Cosa che mio papà aveva un po' trascurato in quel periodo, forse per lavoro, forse per noia, forse per tutte e due le cose. Ascoltavo la radio, mentre probabilmente, fingevo di studiare. Come si faceva il fine settimana, quando papà girava per casa e non ammetteva che si stesse senza far nulla, vedeva ogni momento fermo come uno spreco di tempo. Manco fosse stato il suo. Io invece vivevo il sabato e la domenica in attesa della sera. Perchè sarei uscita con gli amici e con lui. In quel periodo stavo con un ragazzo, Claudio. Frequentava la mia stessa scuola, studia geometra e aveva 3 anni in più di me. In quell'anno doveva dare la maturità. Quindi in settimana, a parte gli incontri sul pullman per andare a scuola, o i passaggi rubati quando lui aveva la macchina (logicamente senza dire nulla ai miei che erano sicuri che andassi a scuola con il pullman e che pagavano regolarmente l'abbonamento). La sera del sabato invece, era tutta per noi. Oddio tutta. Io avevo orari abbastanza da suora. Anche se spesso non li rispettavo, sentendomi la ramanzina al rientro. Ma ne valeva la pena. Avevamo un posto dove ci fermavamo sempre dopo aver bevuto qualcosa con gli amici. Stavamo spesso fermi ad ascoltare musica. In quel periodo i Litfiba. E c'era una canzone che lui adorava, me la faceva sentire in continuazione, si intitolava "bambino". E' strano come certi eventi fermano attimi della tua vita che altrimenti non ricorderesti. La notizia della morte di Falcone, appresa dalla radio, e subito la corsa verso la finestra per dirlo ai miei. Per me, che a scuola il lunedi avrei sicuramente dovuto affrontare l'argomento con la prof di Italiano (o forse in quell'anno avevo un professore.. non ricordo) era una notizia importante. Oltre che cambiare radicalmente lo scenario italiano, stava cambiano il mio. Ultimi compiti in classe, ultime interrogazioni. Un mese a prepare argomenti che improvvisamente non sarebbero più serviti. E ricordo bene lo sguardo di mio papà, stupefatto e anche preoccupato per quell'evento, e ricordo benissimo lo sguardo di mia mamma. Lo sguardo di quelle persone che non hanno idea di che cosa stiano sentendo e che per risposta ti guardano, vuote, e aspettano la reazione di qualcuno per capire da che parte stare e cosa dire. Ma questo è un altro capitolo.