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I SANNITI VALOROSI GUERRIERI

Post n°12 pubblicato il 08 Aprile 2009 da gabry61

I SANNITI - LA LEGIO LINTEATA

 

Spada sannitica in bronzo a lingua di presa

 



I Sanniti furono guerrieri valorosi e ben organizzati. Come tanti popoli, allora ed ancora oggi, avevano nel loro esercito un certo numero di combattenti che formavano un gruppo scelto di guerrieri.
Era la Legio Linteata, una devotio a divinità dell'Olimpo sannita che, dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Sulla legione e sulla cerimonia che la consacrava, ci sono giunte solo le testimonianze di Tito Livio nei suoi Annales, ma molti sono i reperti archeologici venuti alla luce in questi ultimi anni che in parte avvallano ciò che Livio ha scritto.
La descrizione del rito "sacrale"
 Guerrieri Sanniti
Legionari Sanniti alla fine del IV secolo a.C. (3)
avvenuto nel 293 a.C. presso la fortezza di Aquilonia per consacrare i giovani sanniti nella "Legio Linteata", viene così da Livio narrata:

...alla guerra questi (i Sanniti) s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio.


L'AREA DEL GIURAMENTO DEI LINTEATI

Ivi, quasi nel centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi di graticci e plutei e si coprì con drappi di tela uno spazio che s'estendeva al massimo per duecento piedi, ugualmente in ogni direzione.
Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo; il sacerdote era un certo Ovio Paccio, un uomo di età avanzata, il quale affermava ch'egli ricavava tale sacro rito da un antico cerimoniale dei Sanniti, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso segretamente la decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio, il comandante fece chiamare da un messo i più nobili per stirpe ed imprese; essi vennero introdotti ad uno ad uno.
Oltre agli altri sacri apparati, atti ad infondere nell'animo il timore religioso, v'erano anche nel centro del recinto, tutto coperto all'intorno, are e vittime uccise, e v'erano schierati in giro guerrieri con le spade sguainate. Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come vittima che come iniziato, e gli si faceva giurare che non avrebbe rivelato ciò che avesse visto o sentito in quel luogo. Lo costringevano a giurare secondo una formula terribile fatta apposta per invocare la maledizione su di sè, sulla famiglia e sulla sua stirpe, se non fosse andato a combattere là dove i comandanti lo avessero condotto e, se fosse fuggito dal campo di battaglia, oppure avesse visto fuggire un altro e non l'avesse immediatamente ucciso.


samnites

Guerrieri sanniti nel IV secolo a.C. (3)

Alcuni che s'erano dapprima rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati attorno agli altari; i loro cadaveri, abbandonati in mezzo all'ammasso delle vittime, servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero. Quando i più ragguardevoli tra i Sanniti si furono impegnati con tale imprecazione, il comandante ne designò dieci, e ad essi fu ordinato di scegliersi ognuno il proprio compagno, finché avessero raggiunto il numero di 16.000. Quella legione fu chiamata "linteata" dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date fulgide armi ed elmi con pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri. V'era poi un altro esercito, di poco più di 20.000 uomini, che non sfigurava di fronte alla legione linteata nè per aspetto fisico dei soldati, nè per la gloria, nè per le armi. Questo contingente di uomini, che rappresentava il cuore delle milizie, s'accampò nei pressi di Aquilonia (1).

La Legio Linteata appare anche nella descrizione di un altro avvenimento narrato negli Annales, accaduto però nel 309 a.C.
I guerrieri sanniti vengono descritti con armi d'oro e d'argento:
Due erano gli eserciti: gli scudi del primo li cesellarono in oro, quelli del secondo in argento; la forma dello scudo era la seguente: più larga la parte superiore, da cui son protetti il petto e le spalle, e orizzontale in cima; più appuntito in basso, per lasciare libertà di movimenti.
A protezione del petto avevano una corazza a maglia, e la gamba sinistra era riparata da uno schiniere. Elmi con paragnatidi e pennacchio, per mettere maggiormente in evidenza la statura gigantesca. Tuniche variopinte ai soldati con lo scudo dorato, a quelli con lo scudo argentato di candido lino (2).
 Tomba dipinta nolana Weege 30
Guerriero sannita in un affresco da una
tomba a cassa da Nola - IV sec. a.C.
In effetti Livio descrive queste particolari schiere con armi ed atteggiamenti troppo gladiatori, come l'utilizzo di un solo schiniere, forse influenzato dalle gesta e probabilmente dalla figura di quei Sanniti che ai suoi tempi erano considerati i più abili e crudeli guerrieri d'arena.
Ma è proprio il ripetere della descrizione che Livio fa della Legio Linteata e della cerimonia sacra officiata per costituirla, al di là del fatto che siano pure invenzioni atte a glorificare lo sforzo fatto dai romani per annientarla, ad evidenziare la possibilità che questo corpo particolare di equites possa essere realmente esistito.

LEGIO LINTEATA Parte Seconda 


NOTE

(1) TITO LIVIO - Ab Urbe Condita - X, 38. Traduzione di M. Scandola.

(2) Livio, op. cit. IX, 40. L'annalista romano descrive i legionari linteati come avrebbe descritto un guerriero della nobiltà romana. Infatti fa indossare ai Sanniti un tipo di corazza, la "Lorìca Hamata", una cotta di maglia di ferro che, nel III secolo a.C, soltanto un graduato romano poteva permettersi, visto che occorrevano delle tecniche molto particolari e costose per costruirla. Questo tipo di cotta sarà indossata da tutti i soldati romani solo dalla metà del II secolo in poi, sostituita intorno al I secolo dalla "Lorìca Segmentata", destinata a divenire il simbolo del soldato romano. E' più probabile quindi che la corazza dei "Linteati" sia stata fabbricata sul tipo di quelle usate intorno alla fine del IV secolo a.C. dalle popolazioni dell'Italia meridionale che, a contatto con le numerose colonie greche nel sud della penisola, vennero influenzate non solo nell'arte figurativa, come viene testimoniato dagli innumerevoli oggetti d'uso quotidiano ritrovati nelle sepolture, ma anche in campi più specifici come quello dell'armamento militare. In alcune pitture tombali di Paestum viene raffigurata proprio questo tipo di corazza, accompagnata da affreschi raffiguranti schinieri ed elmi con pennacchi. La corazza in questione potrebbe discostarsi dalla tipica protezione italica costituita da dischi di bronzo in uso intorno al V secolo a.C.

(3) L'immagine dei guerrieri sanniti è tratta da:
"Early Roman Armies", Osprey Military Men-At-Arms Series #283 - Reed Consumer Books Ltd., Michelin House, 81 Fulham Rd., London SW3 6RB, England - Painting by Richard Hook.


 

 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 06 Gennaio 2009 da gabry61












________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________

LA STORIA

 








 

"...
Nulla in Italia è più antico di Benevento, che secondo le leggende
locali fu fondata o da Diomede o da Ausone, un figlio di Ulisse e Circe.

Essa fu senza dubbio un'antica città ausonica, fondata lungo tempo prima della conquista sannita di questa parte d'Italia.

Pur tuttavia è come di una città sannitica che per primo sentiamo
parlare di essa, ed è allora una fortezza così poderosa che sia nella
prima che nella seconda guerra Sannita, Roma non ardisce attaccarla.

Nella terza guerra sannitica cadde nelle sue mani...
"


Così scriveva Edward Hutton nel 1958.

(in Naples and Campania revisited, London, Hollis and Carter, 1958;
riportato in "Benevento nei ricordi dei viaggiatori italiani e
stranieri" di Aniello Gentile, Società Editrice Napoletana, 1982, edito
con il patrocinio del Comune di Benevento).


In
effetti le prime testimonianze storiche sulla città risalgono al
periodo delle guerre sannitiche, durante le quali Benevento, appunto,
era città forte e potente, tanto da scoraggiare l'attacco da parte dei
Romani.


Nel 275 a. C. i
Romani al comando del console Manlio Curio Dentato vi sconfissero il re
dell'Epiro, Pirro e, da qui, l'antico nome di Maleventum venne
tramutato in quello di Beneventum per testimoniare il bonus eventus
della vittoria.


Nel 268 a.c. i Romani vi stabiliscono una loro colonia.


Aspramente contesa durante le guerre puniche, ottenne lo status di municipio dopo la guerra sociale (86 a. C.).


Numerosi
monumenti ricordano la grandezza di Benevento durante il periodo
romano. Collocata sulla Via Appia, che collegava Roma a Brindisi,
divenne ben presto un nodo importante nei traffici commerciali tra Roma
e l'Oriente.


A testimoniare tale importanza strategica è il Ponte Leproso costruito, appunto, sul persorso della Via Appia.


Anche
l'Arco di Traiano (114 a.c.) è collocato, sul percorso della Via Appia,
rivolto ad Est, per accogliere l'imperatore che tornava vittorioso
dalle sue spedizioni in Oriente.


Non
meno significativa la grandiosità del Teatro Romano (II-II sec.) che
poteva ospitare 10.000 spettatori. Segno che Benevento era una città
florida e popolata da meritare, e d'altra parte permettersi, un teatro
così ampio.


Nel Medioevo fu disputata tra Goti e Bizantini.


Subì
la distruzione delle proprie mura da parte di Totila e divenne
capoluogo dell'omonimo ducato nel 571 creato dai Longobardi che, sotto
la guida di Zottone, avevano conquistato la città.


Al
periodo longobardo risale la chiesa del monastero femminile benedettino
di S. Sofia (fondata da Gisulfo II e completata nel 762 da Arechi II,
primo principe longobardo) e l'attiguo Chiostro, con archi a ferro di
cavallo e capitelli scolpiti.


Il Duomo, in stile romanico, a cinque navate, è famoso per le sue porte, esempio mirabile della scultura romanica meridionale.


Il
Ducato Longobardo durò circa 5 secoli e, morto Landolfo VI (1077), la
città passò sotto il dominio pontificio che, pur con qualche
interruzione, si protrasse per quasi otto secoli.


La
città fu saccheggiata da Federico II nel 1229 e nel 1241; nel 1266 vi
si svolse la celebre battaglia tra Manfredi e Carlo d'Angiò il quale
restituì Benevento alla Chiesa.


Ceduta
in feudo da Callisto III a Pietro Ludovico Borgia e da Alessandro VI al
figlio Giovanni (1497), Benevento fu travagliata da lotte intestine
fino al 1530, quando fu sottoscritto un atto di pace.


Uno
spaventoso terremoto, nel 1688, distrusse quasi completamente la città
che venne ricostruita con enormi sacrifici, anche grazie all'intervento
economico del Cardinale Vincenzo M.Orsini, divenuto poi Papa con il
nome di Benedetto XIII.


Benevento fu occupata da Ferdinando IV di Borbone dal 1768 al 1774.


Aderì nel 1799 alla Repubblica Partenopea in seguito a un moto popolare.


Nel 1806 divenne possesso di Napoleone, che istituì un principato ponendovi a capo il Talleyrand.


Dopo il Congresso di Vienna Benevento tornò alla Chiesa.


Una
sollevazione popolare nel 1860 segnò la fine del dominio pontificio
sulla città che, con un plebiscito, scelse l'annessione al Regno
d'Italia.


Benevento è stata
decorata di medaglia d'oro al valore civile per il coraggioso
comportamento della popolazione durante i tragici bombardamenti del
1943.

 
 
 

Manifesti elettorali taroccati

Post n°10 pubblicato il 12 Marzo 2008 da gabry61

 
 
 

Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da gabry61

L'immagine
urbana della città si delineò nel 268 a.C. nella forma di una colonia
latina, sullo schema ortogonale di un'organizzazione castrense. Da
questo punto la preistoria divenne storia. 


Prima
non c'era altro che il mistero della città sannitica (irpina o
caudina?): il "malus eventus" del nome primitivo, Maleventum,
convertito nel "bonus eventus" del "nomen" sterminatore di Pirro:
Beneventum (Plinio, N.H., III, 11). 

 


Durante le guerre sannitiche era apparsa nel 314 sullo sfondo, mentre
accoglieva tra i suoi due baluardi fluviali i Sanniti scampati ad una
strage (Livio, IX, 27). E nel 297 aveva assistito allo sbaraglio degli
Appuli accorsi in aiuto del Sannio, nei suoi dintorni (Livio, IX, 27;
X, 15). Non sappiamo altro: assente persino nell'episodio delle Forche
Caudine. 

 


Tutto pare suggerire che non si fosse mai lasciata coinvolgere nel
duello sannitico con Roma, se non marginalmente; ma avesse seguito un
suo autonomo percorso, favorita dalla stessa barriera protettiva del
Sabato e del Calore, rivelando la diversità tipica di un "pagus"
fluviale, avente nell'acqua insieme la sicurezza e la ricchezza: un
vallo difensivo e un tramite di relazioni. Non sappiamo molto neppure
sul punto di ubicazione: probabilmente vicino alla confluenza dei due
fiumi; ma niente di sicuro. 


Solo
nel 268, dunque, la città, entrando nella storia, si salda per sempre
sul luogo in cui la vediamo ancor oggi, si circonda del perimetro
murario, rimasto pressoché uguale nei secoli; si riempie di monumenti,
di opere d'arte, di storiche testimonianze: esempio di lealtà e di
fedeltà verso Roma. 


Nei
momenti di crisi in cui le ribellioni sannitiche misero a repentaglio
il nome romano, Benevento non si trovò mai coi ribelli. Nella seconda
guerra punica, per la sua fedeltà, fu vittima di saccheggi cartaginesi
nel suo fertile territorio, anche se non subì mai occupazioni urbane,
per l'inaccessibilità del sito. Nel 216 Annibale devastò l"'agrum
beneventanum" (Livio XXII, 13); ma non riuscì a toccare la città; nel
214 Annone si accampò presso il Calore a tre miglia dal centro abitato;
ma Tiberio Gracco lo affrontò e sconfisse in campo aperto. 

 


Dopo la vittoria, i beneventani accolsero i vincitori, uscendo in gran
folla per incontrare i soldati sino alle porte, abbracciandoli,
congratulandosi, invitandoli nelle loro case (Livio XXIV, 14-16). Circa
due anni dopo, Annone ebbe bisogno ancora di cereali e minacciò di
nuovo Benevento. 

 


Ma i cittadini chiamarono in aiuto i consoli impegnati a Boiano, e la
città fu salva: in questa occasione essa rivelò più che mai la sua
natura di caposaldo, chiuso al nemico, ma aperto in tutte le direzioni
all'esercito di Roma da una rete stradale ampia ed efficiente. Nel 209
la prova di fedeltà venne premiata da un atto di glorificazione del
senato romano (Livio, XXVII, 10). 


In
occasione della guerra sociale, nella generale sollevazione dei "soci"
italici, tale prova si rinnovò. Municipio della tribù Stellattina, con
lo stesso " cursus honorum " di Roma, Benevento divenne presto un
centro sempre più ricco, popoloso, attivo. 

 


Nelle guerre civili patì forse qualche duro colpo. La deduzione della
colonia triumvirale, nel 42, guidata da Munanzio Planco, e poi la
ristrutturazione augustea con l'aggregazione dell'area caudina Julia
Concordia Augusta Felix), furono episodi che probabilmente non
avvennero senza traumi dolorosi.

 
Ma
la posizione felice continuò a giocare in suo favore nel recupero
dell'equilibrio vitale. La via Appia e la via Latina ne fecero il punto
più importante di passaggio per l'Oriente: di uomini, merci, eserciti.
Per l'Appia arrivarono a Benevento, nel 37, Orazio, Virgilio, Mecenate,
diretti per una missione diplomatica a Brindisi. Per l'Appia, Augusto
vi accompagnò Tiberio diretto nell'Illirico. 

 


Per l'Appia Nerone vi giunse ad esibirsi nell'anfiteatro cittadino (che
forse è quello scoperto da Johannowsky) nel '64 d.C. E tutti entrarono
in città attraverso quello che oggi si chiama ponte Leproso, la cui
forma rende testimonianza del suo passato. 

 


Per questo fenomeno di accentramento e di smistamento di uomini, mezzi
e merci Benevento potè essere anche un veicolo di culture diverse: i
suoi templi e monumenti, di cui si ammirano ancora i resti imponenti,
lo attestano. 

 


Lo attesta il tempio di Iside (88 d.C.) segno di una religiosità
mediterranea incentrata sul culto della Grande Madre e del suo paredro
Bue Apis, ma piegata da Domiziano alla deificazione del potere
imperiale. Lo attesta l'Arco Traiano, porta aperta sulla vecchia via
Minucia, poi via Traiana, verso l'oriente. 


Lo
attesta il monumentale teatro adrianeo, le terme, le basiliche, i fori,
i cui frammenti architettonici e figurativi occhieggiano oggi in
strutture di edifici e contesti diversi, a perpetuare una linea di
continuità tra l'antico e il moderno; un piano di coesistenza di tempi,
culture, stili molteplici, eppure familiari; un clima di incantesimo
che trasforma magicamente il testo di ieri nel contesto di oggi. 


Provata
periodicamente da insulti sismici, la città rinacque sempre sulle
stesse orme, recuperando i gioielli, i ricordi, i tesori di famiglia,
devotamente, per conservarli negli angoli delle sue case. 

 


Il Correttore della Campania Aurelio Simmaco in una sua visita rimase
stupefatto proprio di questo slancio di rinascita dei cittadini di
fronte agli effetti del terremoto del 369 (la città non faceva parte
più del Sannio ma della regione Campania). Lo slancio rilevato dal
magistrato romano sembra che prorompesse dalla fede cristiana, accesa
forse da un vescovo leggendario, considerato dai beneventani non solo
il loro pastore per eccellenza ma anche il loro figlio più caro: san
Gennaro. 

 


L'intellettuale pagano si stupì anche di questo: che la città fosse
piena di cristiani (Simmaco, Ep. I, 6): che stesse per morire il suo
mondo pagano, pur così ricco di valori, e prendesse principio un nuovo
verbo e un nuovo corso, che quel mondo si accingeva a recuperare e
redimere dallo sfacelo barbarico, pur celebrando la sua nascita nelle
tragedie di sangue e di fame della guerra gotico-bizantina, nel caos
delle migrazioni germaniche, nello strazio di un parto cruento di
distruzioni e stragi, nel clima apocalittico di un tramonto di
sangue.

 
 
 

benevento

Post n°8 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da gabry61

 
 
 
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