Viandando

Juan senza frontiere


Juan è appollaiato sulla sedia. Guarda lontano, oltre l'orizzonte. Dall'alto del terrazzo si vedono le
luci tremebonde di San Cristobal de Las Casas. L'aria è frizzante ed  il cuore scaccia a meraviglia il mal d'altitudine. -Bisogna festeggiare--Sono d'accordo -La tequila sgorga da un bottiglia senza nome. - Siamo giunti qui seguendo le scale -Un gradino, due, poi la chiesa della Mercede e a destra l'insegna con su scritto a vernice: "La paz dorada". -TocTocToc ed eccoci qui... -Juan ha gli occhi vispi come quei gatti che sfuggono di continuo dai pericoli. Racconta della sua vita fatta di pellegrinaggi culturali a Perugia, ma anche di vita rubata alla noia tra i cantoni di Buenos Aires e di Rio de Janeiro. Ora cucina a San Cristobal. -Domani chissà - dice rivolto a suo figlio che ride sornione.-Ti prego, bevi -Buona la tequila con sale e limone. Juan regge il distillato di agave come pochi. E più ne gusta e più riesce a parlare di musica e di poesia. I suoi occhi si commuovono, forse per il freddo pungente che però non gela il cuore.  La sua anima vagante si apre ai sogni di bambino. La sua voce roca evoca fantastici bolero da sacrificare alle notti d'altura punteggiate di stelle. Un anno dopo, un'amica mi raccontò di Juan, poeta-oste di Tulum...