Passi nel mondo

12/06/2006 Tango


Accanto a me. Stesso divano, stesse pareti, stesso silenzio ogni sera. Odiarti un secondo oppure odiarti una vita, penso. Ti guardo, tu guardi i bagliori catodici del video. Hai le pupille trasparenti. Non l'avevo mai notato. Anche il tuo odore mi sembra diverso. Si conficca nel mio stomaco. Mi fodera l'anima. Disgusto e amore sembrano vicini e confondibili. Lo sguardo perso, sei lontano da qui, spento davanti ad un video acceso. Sulle braccia nude, abbandonate, vibrano le immagini che ti hanno rapito, il loro riflesso disegna le curve dei muscoli sul petto. Dove sei stato oggi? Che cosa hai fatto? Fermo lo sguardo sulla zona d'ombra delle tue spalle. Chi sei stato, oggi? Stringo il cuscino, rannicchiata, sullo stomaco preme il brusio dell'insofferenza, scende tra le gambe, sale alle mani, vorrei afferrarti e ferirti, se ti volti esplodo. Resto immobile anch'io, tesa contro il tuo abbandono. Ti sei chiesto chi sono stata io oggi? Ora mi alzo, me ne vado. Non penserai che il mio restare qui sia una garanzia. Perché dovrei restare, poi? Per essere la tua presenza invisibile? Giorni uguali, sempre nello stesso oggi, nelle sue appiccicose certezze. Nessuna fatica, nessuna sfida, domani nessun brivido. Ti sei arreso, ammettilo. Speri che accetti anch'io di svuotare così il nostro tempo? Mi dispiace, non posso farlo. Ora mi alzo, infilo le scarpe, vado via divento un'altra. Cerco altre labbra, altre mani, altre prime volte, altri silenzi, altri sguardi che ti sfiorano il corpo, nessuno che sa cosa succederà poi. Cerco occhi nuovi, nuove luci, nuovi colori, nuovi desideri, lontani da qui. Ora mi alzo, do un calcio al televisore, esco e non torno più. Ti fisso, immobile, tanto non mi guarderai. Provo ad attraversarti con lo sguardo, ti trafiggo, sei liquido e trasparente, poi non ci sei più. Mi dondolo in questa illusione, poi stringo gli occhi e ti rimetto a fuoco, sei un macigno davanti a me. Continua pure a non muoverti, resta lì, a tormentarti le unghie, a fissare un angolo dello schermo, non sei più nemmeno là dentro chissà dove sei! Ti fisso e intanto il tuo profilo si fa più duro, la mascella stretta e gli occhi socchiusi, lo sguardo smarrito, ma non perso. Mi giro di nuovo verso lo schermo, spaventata. Allora sei qui. Hai sentito i miei pensieri? Forse fingi soltanto di non non sentire che tremo dentro. Come potresti non sentire quanto tremo dentro, tanto forte è il rumore che batte nei miei timpani? Forse sì, forse fingi. "Io ho paura di te, mi hai detto una volta, dei tuoi sguardi cattivi. In quei momenti sento che ti prende il male di vivere, non so chi sei, non so cosa vuoi, non lo sai neanche tu Qualsiasi cosa io faccia sarà sbagliata, stringerti o lasciarti sarà uguale. Parlarti o tacere, restare o allontanarmi da te, niente ti soddisferà. Non capisco cosa cerchi, non so cosa darti. Sento la tua rabbia pulsare nel silenzio, mi congela, non sono capace di sopportare la tua agitazione”... Anche quella volta mi sono sentita bruciare. Vigliacco! ti ho gridato. Fingendo di non sentire speravi che avrei placato da sola la mia rabbia? Giro la testa verso lo schermo. Non mi avvicinerò a te, non ti parlerò. Non ho voglia di parlare. Se volessi solo le tue mani? Come fai a non sentire l'aria che vibra? Eppure continui a stare immobile, perché? Guardami, gridami, dimmi qualcosa! Sono qui! Chiudo i pugni, stringo gli occhi, poi mi arrendo e lascio il cuscino. Né io né te combatteremo per tutto questo. Mi alzo. Basta. "Sono stanca, vado a dormire", ti dico. Forse sono io la codarda, penso. Finalmente ti muovi, lento, prendi il telecomando e spegni il televisore. Restiamo soli nel buio elettrico del video spento. Raddrizzi la schiena e ti curvi in avanti, nella penombra lo sguardo vaga lungo le linee del pavimento. Sorridi triste e scuoti la testa. Le mani unite, le dita intrecciate, i gomiti puntati sulle gambe forti, cavaliere sconfitto nel tuo regno di niente. Vorrei parlare ma resto in silenzio. Di scatto alzi la testa, cerchi i miei occhi nella penombra. Stai per dire qualcosa, prendi fiato e poi chiudi le labbra, in apnea. Forse eri qui, sei sempre rimasto qui? Mi guardi, apri le mani, vuote, le tendi verso di me. Ti guardo e resto lì ferma, in piedi. Ora me ne vado, ma resto qui. Lascio cadere le spalle, il mio petto si svuota. Allora allunghi le braccia e mi riporti al divano. Mi siedi accanto a te. Vorrei allontanarti ma non voglio. Chiudo gli occhi, vedo i lampi di luce nel mio buio stretto. Non parlare ora, ti prego non dire nulla. La mia mente si ferma, mentre i pensieri accelerano, corrono veloci in un vortice di parole senza senso. Poi sfumano. Cerco di essere qui, adesso. Avvicinami, ti prego. Scoprimi, inventaci di nuovo. Io non ne sono capace, tu sì. Basta un bacio, un bacio lungo e indeciso! Ti avvicini e tremi, lento, nel buio. Ti sento presente. Ora sì ti stai chiedendo chi sono oggi, ora mi ritrovi. Mi stringi forte e mi culli un po’, respiro più a fondo e vorrei chiamarti. Sfiorami come se non fossi tua, cercami. Toccami, spogliami piano. Baciami e toglimi quello che non so, la rabbia, la paura, il male di vivere. La codarda sono io... Ci vuole più coraggio ad andarsene o a restare? Mi risveglio, mi libero dal tuo abbraccio. Lentamente, ti sfilo la maglietta. Scorre lungo i fianchi. Offro la tua pelle bianca alla luna, complice indiscreta di questo segreto. Le tue mani fredde scivolano sotto i miei vestiti, nel brivido fugge l'insofferenza. La mente si svuota lentamente, per riempirsi di nuovo di te, chiudo gli occhi e ti sento vicino, tutto il resto scompare. Ci muoviamo nel caldo e nel buio. Il divano si fa stretto e scivoliamo sul pavimento. Non importa chi sono io e chi sei tu, ormai ci siamo ritrovati, libero i miei confini e li confondo con il tuo sapore. Chissà se ci ritroveremo ancora, sempre. Ma ora non importa. Ti sento su di me. L'aria si fa più calda e densa, le tue mani e le tue labbra riempiono il silenzio e la mia anima. Il mio corpo scivola sul tuo, mi avvicino e ritrovo l'odore della tua pelle. Chiamo il tuo nome. Lo ripeto nel buio, lo sussurro e sorrido. Inarco la schiena e mi lascio cadere all'indietro. Mi fido delle tue braccia. Mi terrai, mi terrai vicina? Non lasciarmi, penso. È un salto senza rete. Sarà così sempre. Dovremi allontanarci, precipitare e perderci per ritrovarci ogni volta. Mai fermi, sempre sospesi. Ci vuole coraggio per lasciarsi cadere! Se non sapremo dondolarci in questo fragile equilibrio ci perderemo in un battito di ciglia. Mi arrendo al tuo nome, al mio abbandono. Ormai sei una parte di me, come le mie mani, di più, come le mie vene! Ti ho lasciato entrare dentro di me, in ogni mia parte, nella mente, nell'anima, nel corpo. Ferirti ora sarebbe ferire me stessa. Sarebbe togliere la linfa dal mio corpo. Lo capisco ora, e ne sono spaventata. È questo il mio terrore, il mio male di vivere? Ci era permesso arrivare tanto lontano? Stringo i pugni e ti chiamo, le unghie contro le tue spalle e il palmo della mia mano. Non c'è fuga in tutto questo. Né dannazione né salvezza. Non sono più una cosa sola, tornare ad esserlo ora sarebbe impossibile. Piango e tremo, nuda nel corpo e nell'anima. Mi abbandono a te. Se mi ferirai moriremo insieme. (Questo racconto è stato pubblicato in una raccolta edita da Giraldi editore, Bologna)