barrio latino

Post N° 66


Alla fine dell'estate del 1587 la zona di Triora, nell'entroterra di Imperia, conosciuta come "granaio della Repubblica" per l'abbondanza delle messi, era ridotta in miseria per una siccità che durava da tre anni. Durante una riunione del Parlamento popolare, tra gli animi surriscaldati, qualcuno buttò lì una frase:"La colpa è delle streghe!"Si sapeva che le malefiche donne erano solite, da tempo immemorabile, riunirsi per il Sabba alla Cabotina o alle fonti, dove se ne potevano riconoscere le tracce. Chi più delle streghe poteva aver interesse a distruggere Triora?Il Parlamento ci mise pochi minuti a prendere la decisione: vennero stanziati ben 500 scudi per scovare tutte le rappresentanti della diabolica setta. La retata cominciò. Le donne un po' strane, le solitarie, le amanti del vivere appartato, quelle esperte di erbe ed unguenti, furono tutte giudicate potenziali streghe. Il popolo, dunque, aspettava una bella esecuzione di massa, come si conveniva nel caso di streghe condannate. Ma gli inquisitori, non sapendo che pesci pigliare, in dubbio se fosse o no conveniente preparare la legna per il rogo, rimasero senza fare niente. Il capo dell'Inquisizione genovese in persona arrivò a Triora per sbloccare la situazione; interrogate le accusate, ottenne tredici disperate dichiarazioni di innocenza. L'unica ammissione di colpa fu fatta da una delle quattro ragazzine che, insieme al bambino, erano segregate in una casa e sorvegliate da guardie per impedire che si parlassero. La furba dodicenne abiurò pubblicamente e solennemente, rinnegando la sua passata adorazione per il Demonio, e fu liberata. Tutte le altre restarono dove erano.L'inquisitore tornò a Genova senza concludere niente. Poiché i buoni popolani di Triora erano rimasti assai delusi, essendo stati privati del piacevole spettacolo del rogo delle loro tredici streghe indigene, si pensò (quale squisita sensibilità!) di offrire loro un contentino, bruciando sulla pubblica piazza le quattro streghe di Andagna. Ma a questo punto intervenne il Padre Inquisitore di Genova, seccatissimo per essere stato scavalcato da un funzionario civile, e pretese la consegna delle quattro streghe di Andagna e dell'unica strega di  Castelfranco, detenuta con le altre a Triora. Le cinque donne furono trasferite a Genova nelle carceri dell'Inquisizione, a far compagnia alle tredici di Triora, da mesi in paziente attesa del rogo. Gli incartamenti finirono alla sede del Santo Uffizio, a Roma, dove nessuno si prese la briga di esaminarli. Nel frattempo, cinque detenute morirono di stenti in carcere, aggiungendosi alle nove che non erano sopravvissute alle torture, nell'intera Podesteria di Triora. Solo nell'agosto 1589 il cardinale di Santa Severina annunciò che la questione stava per risolversi e che i processi avrebbero avuto una revisione. La formula usata, cioè "con aver cura di conservare la vita dei sudditi" ci dice che nessuna sentenza fu eseguita. Ma allora dove sono finite le Bàgiue, le streghe di Triora? Nessuno lo sa. I roghi promessi non ci furono, nessuno rivide più le condannate incarcerate a Roma. Però... si potrebbe forse azzardare un'ipotesi suggestiva. In un paesino dell'entroterra di Genova, san Martino di Struppa, nei primi anni del Seicento apparvero alcuni cognomi nei libri parrocchiali: Bazoro, Bazora, Baggiura, Bazzurro, e tutti richiamano la forma dialettale triorese per strega, bàgiua o basora. Si dice che il villaggio abbia avuto un'origine avvolta nel mistero, che le più anziane donne ricordino ancora oggi antiche formule di magia per risanare i malati.Magari non è vero, ma perché non pensare che le streghe di Triora abbiano iniziato una nuova vita a San Martino?