scardanelli

Lasciami, non trattenermi


Propongo quella che si ritiene essere l'ultima poesia di Mario Luzi: Lasciami, non trattenerminella tua memoriaera scritto nel testamentoed era un golfodi beatitudine nel nulla                  o un paradisodi luce e vita apertasenza croce di esistenzache sorgeva dalle carteammuffite nello scrigno.E lei ne fu offesa,e nascevano, ne sentì prima rimorsoe poi letizia, impensate latitudininelle profondità del desiderio,ecco, la trascinavauna celestiale oltremisurafuori dalla ministoria, oh grazia.Si scioglievanol’uno dall’altro i duee ogni altro compresente,si perdevano sì,                           però si ritrovavanoperduti nell’infinito della perdita – era quello il sogno umanodella pura assolutezza.                        Mario Luzi Come detto, quasi certamente questa è l’ultima poesia di Mario Luzi. La morte è arrivata qualche giorno dopo. Ed è sorprendente che il primo verso, dal quale il curatore ha preso il titolo del volume, riproduca le parole pronunciate da Gesù a Maria Maddalena, la prima persona alla quale è apparso – secondo il Vangelo di Giovanni – dopo essere resuscitato. Lì, davanti all’ingresso del sepolcro da cui era uscito, alla donna che lo scambia per il giardiniere, Gesù si rivolge chiamandola per nome: “Maria”, e lei così lo riconosce. Lui le dice: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre mio” (cfr.: Gv, 20, 17).  Ecco, Luzi scrive: “non trattenermi”. A chi si rivolge? Forse a sé stesso, a quella parte di sé che vorrebbe ancora legarlo alla terra, alle cose umane, finite. Forse Luzi in quegli ultimi giorni di febbraio si è reso conto che la sua traiettoria si è conclusa e che non ci sono più motivi per continuare a tendere la corda dell’esistenza, quella tensione che definisce "il sogno umano/ della pura assolutezza”. Certo, sono ipotesi queste. Ma tutta la poesia di Luzi sin dall’inizio è protesa verso la testimonianza di fede cristiana, ma anche verso la macerazione di una fede che si rinnova nel dubbio quotidiano. Il tormento di vivere e la necessità di rinascere ogni giorno nella gioia.  (Commento di Ottavio Rossani da www.corriere.it)