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Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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La fiaba che verrà
Post n°246 pubblicato il 20 Marzo 2008 da delilah79
Stamattina, mentre preparavo il caffé, nel torpore delle prime luci del giorno, ti ho sentito. Non so bene se ti sei rigirato sul fianco come per dire “ dai, lasciami dormire ancora un po’… ” oppure se mi hai tirato una sorta di calcio del buon dì; fatto sta che hai dato segno vibrante d’esistenza. Amo questi momenti solo nostri. Sarà che ormai ci sei ed è bene che me ne faccia una ragione (!), o sarà che sto diventando una comune e patetica futura madre, non lo so. Io, te e la tazzina fumante siamo usciti sul balcone. Alle 6.30 la città è ancora in dormiveglia. Poche le macchine; qualche camioncino della frutta in direzione del mercato. Silenzio, per lo più. Ultimi preziosi attimi di quiete prima che il quotidiano brulicare umano ricominci. E così, mentre l’aria fresca risveglia la pelle, comincio ad immaginarti. Come sarai? Avrai i capelli castano chiaro di tuo padre o scuro, come i miei? Avrai dita piccole e affusolate o erediterai l’indice storto che io ho preso da tuo nonno? I tuoi occhi dovrebbero essere grandi, in famiglia li abbiamo tutti così, ma saranno anche curiosi? E quale carattere sceglierai come lanterna del tuo passo? Sarai voce stonata nel coro dei comodi, come siamo da sempre io e tuo padre? Vorrai complicarti anche tu l’esistenza incantato dal fascino di ciò che non conosci, scortato dalla (retro) marcia in più della sensibilità? Ecco, un altro calcio. Cosa mi vuoi dire? Che lingua batte il tuo cuore? E la luce del giorno avanza. Non ci sperare, caro mio; prima che tu possa arrivare all’età dei “perché”, ti avrò già interrogato io, per filo e per segno! Mi dovrai spiegare, tra le prime cose, quale percorso hai fatto per arrivare fin qui. Io, il mio, l’ho bello che dimenticato! Sei frutto dei respiri affannati di una notte o c’è altro dietro? Da quale raggio di luna sei scivolato via ridendo? E cosa imparo da te, mentre mi fai madre? Se deciderai di rispondermi, ricambierò la tua gentilezza con la mia onestà. Non ti riempirò, ad esempio, di favole piene di belle balle e nobili ideali, perché potresti anche crederci (come è stato per me). Poi, però, sarà difficile che tu riesca a ritrovarli in questo mondo sbandato e la delusione potrebbe essere grande. D’altro canto, tuttavia, non sarebbe giusto che le aspettative, troppo spesso tradite, di chi ti ha preceduto, ti precludessero la possibilità di credere e, qualora invano, di soffrirne. Il tuo strato di pelle servirà anche a questo, ad attutire i colpi e segnare di cicatrici il viaggio dell’esperienza. No, non temere, sarà anche e non di rado, valido testimone del piacere di una carezza. E allora, sai che faremo? Le fiabe, che siano del buongiorno o della buonanotte; che siano della fermata al semaforo o della spesa al DìXDì, le inventeremo noi, camminando, artefici del percorso e viandanti insieme. E’ ora. Il caffé è finito e la città è scesa dal letto. Guarda, sono arrivate le rondini. Ventiduesima settimana.
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Erba
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