S_CAROGNE

... invece era un calesse


Adesso si chiamano CUS (evitino i baresi facili battute). Tra un po’ chissà. In genere nasci e ti danno un nome. Se proprio ti conviene lo cambi. Una volta. Ma questa strana cosa non sembra destinata a vedere la luce. E così ci si affanna a proporre un nome, esattamente come si fa con i bimbi nella pancia, magari ancor prima di conoscere il sesso. L’importante è parlare del contorno della cosa, insomma, non potendo più nessuno sopportare che si parli della cosa in sé. Le posizioni sono chiare. C’è chi dice no e c’è chi dice sì. Insomma si rassegnino tutti. Esistono famiglie (felici o disperate) i cui legami sono stati sanciti da un prete o da un sindaco. Esistono famiglie (felici o disperate) i cui legami sono stati decisi dall’incontro di due vite. E basta. Esistono anche se a molti non piacciono. Non mi pare che la loro esistenza pregiudichi o mortifichi quella delle altre. E non mi pare che tali altre abbiano il diritto di mortificarle. Il nome cambia. Gli opinionisti, i giornalisti, i baristi e le casalinghe non sanno più che dire. E così ripetono le stesse cose. E io non ne posso più. E non solo perché è noioso un argomento del quale si è detto tutto, ma anche perché mi sembra un po’ anacronistico che si stia ancora qui a porsi il problema. Ma come tutti sanno, e non tutti ammettono, l’importante è salvare le apparenze. Forse per questo quando entrate nella Basilica di S. Nicola, sorridenti, desiderosi di far vedere “la sposa” ai vostri pargoli, con l’animo gonfio di dolci intenzioni, vi viene intimato in malo modo da un essere bigotto di coprirvi le spalle, anche se l’abito che indossate è davvero molto carino e casto. E nessuno chiede alla sposa se è arrivata illibata all’altare, o se per caso in quella chiesa ci è già stata per lo stesso motivo, ma poi qualcuno, per importanti motivi, s’intende, è stato così coerente da annullare quell’indissolubile legame. Vogliatevi bene. E forse dopo il primo matrimonio vi basterà un po’ di  Pacs, ma che Dico, un Cus.