S_CAROGNE

E parlar di surgelati...


Classicamente è la donna a occuparsi dei viveri. Il motivo è probabilmente individuabile nella facilità con cui l’uomo, oltre a raggiungere l’orgasmo, spende soldi in marmellatine e insaccati. Mi ero illusa che, non richiedendo alla mia dolce metà di pensare, fornendogli una dettagliata lista delle spesa, le finanze di famiglia non avrebbero subito tracolli. Ma il bello, si sa, è il libero arbitrio e quindi non posso che registrare un incremento del cinquanta per cento delle spese alimentari (fatti salvi, s’intende, gli aumenti dovuto all’euro) da quando, un anno fa, gli ho concesso di occuparsi dello spesone settimanale. Io sono certa dell’inequivocabilità delle mie richieste, e immodestamente credo che come scrivo la lista della spesa io lo facciano in pochi. Sono in grado di redigere liste in ordine di importanza (dal latte per intenderci ai carciofini trifolati), di scaffale (per evitare che l’uomo, capace misteriosamente di orientarsi meglio di una donna ovunque a parte che negli ipermercati, debba bestemmiare di sabato mattina quando, arrivato alla cassa, scopre di dover tornare alla casella due della farina) o anche cromatico (per evitare pacchiani accostamenti nel carrello). Spesso scrivo accanto al prodotto la mia marca preferita (chi usa pannolini o pesto sa che può essere fondamentale). Certo non sono così metodica dallo scrivere accanto ad ogni articolo la quantità, con il risultato che spesso mi ritrovo con 3 succhi di frutta da dover dividere per sei giorni tra due bambini e con tre confezioni di lucido per ottone (l’unico oggetto in ottone che abbiamo è la maniglia della porta d’ingresso). Ebbene, tutto questo non serve perché la mia dolce metà sostiene che la mia lista sia fortemente incompleta e squilibrata, solo perché non si è ancora rassegnato all’idea di non essere più single (è noto che i carrelli dei single siano l’emblema dell’edonismo), in genere dal martedì il frigo è vuoto (e la mia idea di cena si riduce alla salvifica pizza a domicilio) e perché, a suo dire, prevalgono gli articoli per l’igiene della casa su quelli commestibili. Inoltre, deliberatamente non acquista i surgelati, simbolo per me dell’emancipazione femminile e sinonimo di velocità,  ritenendoli non commestibili. Vilmente cerca di spaventarmi dipingendo terrificanti scenari di momenti non lontani in cui i bambini non mangeranno a scuola e lui non mangerà in mensa. Questo rovinerebbe il mio equilibrio della pausa pranzo, fondato su una mozzarella, un pacco di crackers e, nei giorni speciali, un’insalata (rigorosamente in busta). E così riempie il carrello di ogni ben di Dio,  senza badare a spese, senza pensare che il nostro frigo ha una capacità limitata, che per evitare odiosi sprechi si ingozzerà di bistecche con buona pace del colesterolo. Addirittura mi accusa di evitare premeditatamente di avere cibo in casa per evitare di doverlo cucinare, ma io rifiuto sdegnosamente l’accusa: se non voglio cucinare è perché lui lo fa meglio di me.