S_CAROGNE

Undead


La vostra inviata speciale oggi vi parla dall’inferno, dalla bocca della sua personale voragine a forma di cono rovesciato.Il mio amico depressionario ed io ci siamo conosciuti lì dove giacciono i morti, tra i fiori e le fotografie, in un momento in cui mi sembrava impossibile continuare a vivere nell’ottimismo di linde villette a schiera, altalene dondolose, giardini verde speranza e coniglietti di peluche.La sottoscritta era affetta da un bisogno pagano di pregare e cercava qualcuno con cui recitare il rosario lui invece portava il basto di un passato pesante di colpe e menzogne: abbiamo fatto solenne giuramento di amicizia sopra le ceneri dei morti, unendo la miscela di diverse e sbagliate solitudini.Non si può disfare il passato, cambiarlo: quello che si può fare è raccontarlo, lo diceva anche Levi  e sì che di passati gravosi se ne intendeva.Lui ha un passato da tossico (di quelli veri, sia chiaro, quelli che fottono la playstation del fratello della ragazza per rivendersela la sera stessa) abbinato a tentativi di redenzione in comunità (una allegramente gestita da Scientology) regolarmente finiti in fuga.I suoi genitori lo hanno ripetutamente pianto morto perché quando un bruciatone non torna a casa per mesi c’è poco da sperare, invece, a sorpresa (giusto il tempo di beccare l’epatite) è tornato ed ha smesso. Poi, panta rei, ci siamo conosciuti noi (no, non stiamo insieme, non fate domande idiote, ci sono solo diventata amica). Attualmente è single, ha perso il lavoro e ieri mi ha comunicato che tra qualche tempo sarà costretto a lasciare la catapecchia in cui abita.Ora. Premesso che grazie alle mie vicissitudini (fatevi una padellata di fatti vostri e non chiedetemi chiarimenti in pvt) di solito nelle conversazioni amichevoli io monopolizzo sfighe e dolori diventandone l’interprete principale (non di rado vengo persino candidata all’Oscar), devo dire che con lui non riesco ad occupare per intero il proscenio e mi devo accontentare di fare da spalla. E così, tra i gironi della mia mente, è iniziata a circolare l’idea (che Erba ha prontamente definito ricorrendo agli aggettivi letale e infausta) di ospitarlo a casa mia. Per qualche tempo, si intende. Sì, lo so, c’è la storia dell’epatite che non aggrada, però l’idea di lasciarlo solo, ove possibile, mi garba ancora meno. O no?