S_CAROGNE

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Posso affermare senza timore di smentita che ho i miei problemi. Non mi è stato spiegato come sopravvivere a me stessa perciò la sfiga, ancora una volta, mi ha colta alla sprovvista. Attualmente cerco una armonia nel ventre del bisogno.Il suoro accigliato/a passeggia nei corridoi del laboratorio, accertandosi che le monachelle facciano il loro triste dovere tra i banconi e le cappe. Un fedele ranger, anche essa donna, la sostituisce all’istante in caso di necessità. Che poi. Donna. Pfui. Il solito eufemismo. Si tratta piuttosto di un essere bizzarro con tratti somatici inequivocabilmente maschili che circondano una vagina.Cerco di resistere, nonostante l’ottimistica sensazione di fallimento totale, bruciando la benzina che alimenta il più grande fuoco del mondo: la fame.Sta di fatto che le mie ovaie attraversano un periodo di fenomenale turgidità e che dal punto di vita sociale sono diventata una mina vagante in procinto di saltare in aria.Che si fa  allora? Semplice. Ci si ritira a meditare in un luogo prevalentemente inutilizzato e lo si trasforma in ufficio.Poca importanza ha il fatto che questo luogo sia volgarmente denominato latrina.Funziona così. Essendo nel laboratorio quasi tutto rigorosamente proibito mi chiudo nel cesso per espletare un lungo elenco di necessità fisiologiche che mi sono venute a mancare da 2 settimane a questa parte (no, non sto parlando di merda, stavolta). Mi serro nel centro della mia bolla magica, concentrando una grande varierà di stati d’animo perniciosi, per telefonare ad Erba (ovvero farmi chiamare), per ottenere notizie in tempo reale, per raffazzonare un post per il blog, per leggere (ed eventualmente recensire) un libro, per scrivere un articolo per il giornale, per mangiare, per bere, per fornicare (magari, purtroppo questo mi manca): una pingue libertà mentre al di là della porta i 2 cowboys soffiano sulle pistole. Probabilmente tra poco arriverò anche io a fotografarmi nello specchio del cesso per poi mettere le mie foto su Cupido. Oggi ho chiesto se ci fosse una connessione Internet nel bagno. La collega più anziana mi ha guardata incredula ed è riuscita solo a ripetere la domanda: nel bagno?Sì, nel bagno, hai capito bene. Non ha fatto cenno di muoversi. Pazienza, non c’è possibilità di ricevere un aiuto, come al solito dovrò fare da sola. Ho già costretto Erba ad ordinare un portatile, rosa come le mattonelle del mio amato studio, e pregusto il momento in cui seduta sul bidet mi collegherò per fare 4 chiacchiere in santa pace sul blog, felice di sentire le parole curvarsi sotto la tastiera tra uno strappo di carta igienico ed uno sciacquone. Ho cam: vi va?